Energia – Semi di Scienza http://www.semidiscienza.it Sat, 15 Jun 2024 09:20:53 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.8.10 http://www.semidiscienza.it/wp-content/uploads/2019/01/cropped-Semi-di-scienza-1-32x32.png Energia – Semi di Scienza http://www.semidiscienza.it 32 32 Intervista con Luciano Celi http://www.semidiscienza.it/2024/06/14/intervista-con-luciano-celi/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=intervista-con-luciano-celi http://www.semidiscienza.it/2024/06/14/intervista-con-luciano-celi/#respond Fri, 14 Jun 2024 10:00:00 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=2841 In occasione della Giornata Mondiale del Vento, il nostro socio ed esperto di energia risponde a qualche domanda su questa preziosa fonte rinnovabile.

Cosa è la giornata mondiale del vento?

Come molte ricorrenze è un modo per sensibilizzare a livello internazionale l’importanza di questa preziosa fonte di energia rinnovabile, organizzata in Italia dall’ANEV (Associazione Nazionale Energia del Vento). L’obiettivo è quello di diffondere gli aspetti fondamentali dell’energia eolica, attraverso azioni coordinate da WindEurope, dal Global Wind Energy Council e dalle associazioni nazionali. Anche quest’anno la manifestazione ha ricevuto  l’adesione del Presidente della Repubblica e i Patrocini del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero per i beni e le attività culturali, oltre che del Comune di Roma.

Cosa è l’energia eolica?

Si tratta dell’energia prodotta dal movimento di masse d’aria. Possiamo pensare l’aria come un fluido a bassa densità e il fatto che queste masse, a seguito di differenti pressioni e temperature dell’aria stessa in zone contigue, si muovano generando il vento è di importanza fondamentale per la dinamica della meteorologia e del clima. Il vento ha solitamente una direzione e una intensità che possono essere sfruttate attraverso quelle che, con un linguaggio non proprio tecnico, sono conosciute come “pale eoliche” ma che in realtà si chiamano aerogeneratori. Il vento che “spazza” le pale, le fa ruotare e questa rotazione genera energia (elettrica) – per la legge dell’induzione elettromagnetica.

Perché è importante l’energia eolica e qual è il ruolo dell’eolico nella transizione energetica? 

L’energia eolica è una componente importantissima nel percorso che ci dovrebbe portare alla completa decarbonizzazione e al bando dei combustibili fossili che ancora mandando letteralmente avanti il mondo. L’uso di questi ultimi, come sappiamo, non è più possibile se non vogliamo compromettere definitivamente il clima e rendere la Terra un luogo ostile alla vita umana. I due pilastri sui quali quindi possiamo pensare di costruire il percorso di transizione verso le energie rinnovabili sono il fotovoltaico e l’eolico. Sappiamo che il tallone d’Achille delle energie rinnovabili è l’intermittenza: basta una nuvola, il brutto tempo o semplicemente il calare del sole e il fotovoltaico smette di produrre; basta che il vento cessi e gli aerogeneratori si fermano. Ma la buona notizia è che queste due risorse (sole e vento) sono quasi complementari – soprattutto a livello stagionale, anche se non alle nostre latitudini. Questo vuol dire che soprattutto d’inverno, quando il sole sorge tardi, tramonta presto e spesso è coperto dalle nuvole, in certe zone il vento soffia quasi costante e compensa la mancanza di vento. Queste due risorse sono dappertutto anche se non “distribuite” in modo omogeneo – l’Italia, lo sappiamo, è il “paese del sole”, ma ha poco vento, mentre in molti paesi dell’Europa del nord vale esattamente il contrario. Questo ci suggerisce – anzi: ci insegna! – per altro che da soli (come singoli individui, ma anche come singoli paesi), in questa transizione non si va da nessuna parte: occorrono politiche energetiche europee volte a favorire gli scambi dei surplus energetici da rinnovabili tra i vari paesi perché insieme ce la potremo fare, ma da soli, è molto molto più difficile.

Quali sono le sfide dell’eolico?

Come detto sopra l’eolico è un tassello fondamentale della transizione, ma… c’è ancora molto da fare anche qui – soprattutto a livello di “accettazione sociale”. C’è una sorta di vero e proprio astio nei confronti di queste tecnologie rinnovabili: deturpano il paesaggio (invece i capannoni industriali no? e le industrie petrolchimiche no?), i materiali con cui sono fatte non sono riciclabili (e questo non è ormai più vero e ancora: invece un centro commerciale abbandonato è “riciclabile”?) e via così, con un florilegio di pregiudizi e di “sentito dire” che purtroppo denuncia la percezione che una larga fetta dell’opinione pubblica ha su quello che dovrebbe essere deputato al salvataggio della vita sulla Terra per le generazioni a venire. Quindi la prima sfida – nella quale anche il fotovoltaico si trova coinvolta – è questa: l’accettazione sociale a cui dovrebbe accompagnarsi un impianto legislativo e normativo fatto bene che ne regolamenti la diffusione, l’installazione, ecc. Da un punto di vista invece strettamente tecnologico, la vera sfida è la costruzione di impianti eolici off-shore (vale a dire: in mare): il Mediterraneo si presta solo in certe zone a questo tipo di impianti e inoltre, per avere un minore impatto costruttivo, dovrebbero essere galleggianti. La cosa, come possiamo anche solo immaginare da non esperti, è una vera sfida perché le condizioni del mare possono cambiare molto e anche molto repentinamente, ma questa, insieme ad altre tecnologie, potrebbe senz’altro darci una mano per imboccare una via energetica più virtuosa dell’attuale.

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A scuola di energia http://www.semidiscienza.it/2024/03/03/a-scuola-di-energia/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=a-scuola-di-energia http://www.semidiscienza.it/2024/03/03/a-scuola-di-energia/#respond Sun, 03 Mar 2024 18:54:42 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=2666 Durante lo scorso anno scolastico (2022-2023) le divulgatrici e i divulgatori della nostra associazione hanno svolto un percorso didattico sull’energia nelle scuole primarie di oltre 30 istituti comprensivi toscani, nelle province di Pisa, Firenze, Pistoia e Prato.

Gli obiettivi del progetto sono stati:

· far conoscere le diverse risorse energetiche

· rendere gli alunni consapevoli sul risparmio energetico

· diffondere soluzioni per uno stile di vita più sostenibile

L’incontro, della durata di due ore per ogni classe, è stato l’occasione per trattare il tema delle risorse energetiche partendo dalla differenza tra le fonti rinnovabili e quelle non rinnovabili. Un focus specifico è stato dedicato, in termini generali, agli obiettivi 1 (lotta alla povertà), 3 (salute e benessere), 4 (istruzione di qualità), 6 (acqua pulita), 7 (energie rinnovabili) e 13 (lotta al cambiamento climatico) dell’Agenda 2030. Il percorso prevedeva inoltre un’attività che metteva in risalto le parole chiave del mondo energetico e i dati più importanti relativi a questo settore. In conclusione è stata discussa la possibilità di adottare alcuni comportamenti virtuosi in ottica di risparmio energetico e abbattimento degli sprechi.

Ecco qui le proposte di comportamenti virtuosi presentate ai Dirigenti scolastici e alle famiglie degli studenti che abbiamo incontrato:

1) Regolare la temperatura del termostato e controllare la temperatura degli ambienti. Abbassando la temperatura di un solo grado si ottiene un risparmio del 5-8%. Il consiglio è quello di impostare la temperatura domestica attorno ai 20 gradi (+ o – 2 °C, quindi range ideale 18-22°C, dati OMS).

2) Effettuare sempre la manutenzione degli impianti.

3) Evitare di coprire termosifoni con oggetti, ostacoli o mobili.

4) Non lasciare le finestre aperte a lungo.

3) Spegnere sempre la luce quando si esce dalla stanza.

4) Acquistare lampadine a risparmio energetico.

5) Acquistare elettrodomestici di classe energetica superiore.

6) Spegnere sempre il monitor del computer quando non si utilizza e spegnero lo stand by degli apparecchi elettronici (TV compresa). Lasciare un dispositivo elettronico in stand by comporta circa il 7% in più di consumo elettrico nell’arco di un anno.

7) Non lasciare il frigorifero troppo tempo aperto.

8) Utilizzare infissi a doppi vetri.

9) Installare, se possibile, impianti di generazione di energia rinnovabile.

10) Utilizzare le ciabatte multipresa con interruttore. Spegnere la ciabatta quando non serve.

11) Ridurre i consumi di acqua e evitare di sprecarla. Non far scorrere l’acqua quando vengono lavati i denti o vengono insaponate le mani. Lasciando aperto il rubinetto puoi consumare fino a 15-25 litri mentre sarebbero sufficienti non più di 2-3 litri.

12) Fare la doccia è preferibile al bagno perché si consuma meno acqua. Inoltre si consiglia di chiudere l’acqua durante lo shampoo.

13) Evitare gli sprechi di cibo, fare attenzione ad acquistare solo la quantità di alimenti che realmente serve facendo attenzione alla data di scadenza.

14) Comprare, preferibilmente, prodotti locali e controllare sempre l’etichetta.

15) Comprare, quando si può, prodotti alla spina cercando quei negozi che promuovono il cibo sfuso nella tua città.

16) Spostarsi a piedi o muoversi in bicicletta o in monopattino, utilizzando l’automobile solo quando necessario.

17) Organizzare una campagna informativa nella tua scuola o nel tuo quartiere, chiamando persone esperte per parlare di ambiente e sostenibilità.

Il presente percorso didattico verrà realizzato nuovamente durante il corrente anno scolastico (2023-2024), in circa 50 classi toscane.

Il presente progetto è supportato e finanziato da Toscana Energia.

Autore: Yuri Galletti

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Cambiamo Energia, Risparmia, riduci, Condividi con le Comunità Energetiche Rinnovabili http://www.semidiscienza.it/2024/01/15/cambiamo-energia-risparmia-riduci-condividi-con-le-comunita-energetiche-rinnovabili/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=cambiamo-energia-risparmia-riduci-condividi-con-le-comunita-energetiche-rinnovabili http://www.semidiscienza.it/2024/01/15/cambiamo-energia-risparmia-riduci-condividi-con-le-comunita-energetiche-rinnovabili/#respond Mon, 15 Jan 2024 21:06:09 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2650 Venerdì 19 gennaio ore 20:30, Sala Consiliare del Comune di Zinasco (PV) – P.za Vittoria, 11

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Scenari per un’Italia “tutta rinnovabile” http://www.semidiscienza.it/2023/09/10/scenari-per-unitalia-tutta-rinnovabile/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=scenari-per-unitalia-tutta-rinnovabile http://www.semidiscienza.it/2023/09/10/scenari-per-unitalia-tutta-rinnovabile/#respond Sun, 10 Sep 2023 14:02:12 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=2494

È possibile immaginare per il nostro Paese una transizione completa verso le fonti di energia rinnovabili? I motivi, sempre più urgenti per una transizione energetica – che significa a tutti gli effetti una transizione ecologica – sono ormai noti a tutti: ma è concretamente fattibile?

Se lo sono chiesti un gruppo di ingegneri e tecnici di ASPO (sezione italiana dell’Association for the Study of Peak Oil) e ricercatori/tecnologi dell’Istituto per i Processi Chimico-Fisici del Consiglio Nazionale delle Ricerche e ne è venuto fuori uno studio – liberamente scaricabile a questo link – che analizza diversi possibili scenari. Lo scopo principale di questa analisi è valutare la generale fattibilità di un sistema energetico italiano completamente basato su fonti energetiche rinnovabili. In particolare, si sono volute quantificare le dimensioni necessarie per l’apporto di fotovoltaico ed eolico, e le problematiche legate alla intermittenza di queste fonti, sia su scala circadiana che annuale. Si è confrontato quindi un ipotetico profilo di produzione, basato sui dati reali di produttività degli impianti esistenti per ciascuna delle 8760 ore che compongono un anno, con il profilo di consumo derivato, con alcune assunzioni, da quello reale del 2019. Il confronto è basato su un modello e su assunzioni differenti in relazione alle possibili strategie per affrontare il problema.

Una delle precisazioni a cui gli autori tengono è che lo studio non è da considerarsi un piano energetico o il progetto di un sistema energetico reale, ma solamente uno strumento per fornire indicazioni quantitative sulle dimensioni attese e sui problemi che questo sistema dovrà affrontare. La prima assunzione fatta riguarda la completa elettrificazione dei consumi, utilizzando le tecnologie più efficienti oggi disponibili. In questo modo è possibile ottenere la stessa energia finale (calore, movimento, servizi) utilizzando annualmente 700 TWh (miliardi di kWh) di energia elettrica anziché i 1.800 TWh di energia primaria (quella contenuta soprattutto in combustibili fossili) che utilizziamo oggi.

Una delle prime evidenze che risultano dall’analisi è che non è realisticamente possibile realizzare sistemi di accumulo, soprattutto stagionale, in grado di coprire questi consumi in modo continuativo. Non solo: uno dei principali “insegnamenti” di questa analisi è che sarà necessario ridurre i consumi in modo importante, attraverso misure di sobrietà, efficienza e risparmio. Infatti, l’unica simulazione in cui è stata verificata una copertura totale dei consumi prevede un fabbisogno annuo di 350 TWh, cioè, cioè la metà del fabbisogno attuale. Il solo incremento dell’efficienza energetica non basta, occorre dimezzare la domanda finale di energia.

Per coprire questi fabbisogni servirà una massiccia installazione di impianti fotovoltaici ed eolici, come dettagliato nel report. L’intermittenza giorno-notte, soprattutto del fotovoltaico, può essere coperta disponendo di sistemi di accumulo per circa 4 kWh ad abitante. Per quanto si possano utilizzare gli attuali sistemi idroelettrici a doppio bacino, la maggior parte dell’accumulo deve essere realizzata con batterie. Questo richiede, con la tecnologia attuale (batterie agli ioni di litio), circa 650 grammi di litio ad italiano che, distribuiti sulla durata attesa delle batterie, è molte volte superiore all’attuale produzione mondiale per abitante della Terra.

Occorrerà quindi prevedere un aumento della produzione, e un efficiente riciclo delle batterie a fine vita. Il problema potrà essere in buona parte risolto dall’avvento delle batterie a ioni di sodio, attualmente in fase avanzata di studio e sperimentazione. Anche con un efficiente sistema di accumulo giorno-notte, le variazioni stagionali comportano un esubero di produzione estivo e un ammanco invernale. Periodi estivi con assenza di vento provocano ammanchi notturni anche nei mesi estivi. È quindi necessario un sistema di accumulo stagionale. L’accumulo idroelettrico non è assolutamente adatto, e comunque è più efficacemente utilizzato per l’accumulo nel breve periodo. Lo studio ipotizza quindi, a questo scopo, l’utilizzo di gas metano di sintesi, accumulato negli attuali stoccaggi per il gas naturale e utilizzato per produrre energia elettrica nelle attuali centrali turbogas. Il metano verrebbe prodotto dall’esubero estivo di energia (processo Sabatier) a partire da idrogeno “verde” e anidride carbonica catturata dai camini delle centrali. Il processo è differente da quello attualmente suggerito (stoccaggio diretto dell’idrogeno), ma le rese finali, includendo tutte le perdite, e le capacità di accumulo sono confrontabili. Anche utilizzando tutti i depositi geologici disponibili sul nostro territorio, nella situazione in cui si mantenga il fabbisogno di energia finale attuale si verificherebbero ammanchi di energia per il 20% del tempo totale, concentrati in particolare nelle ore notturne dei mesi invernali. Come indicato sopra, sono pertanto necessarie misure importanti di riduzione dei consumi energetici.

In conclusione, se un sistema basato su rinnovabili è fattibile, per garantire la copertura dei fabbisogni in ognuna delle 8760 ore che compongono un anno serve uno sforzo notevole su molti fronti, ma la posta in gioco è il nostro futuro.

Autore: Luciano Celi, Presidente di ASPO Italia

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Le sonde geotermiche: opportunità energetica per il contrasto ai cambiamenti climatici e cautele per il rispetto degli acquiferi profondi e delle risorse idriche a uso potabile http://www.semidiscienza.it/2023/03/11/le-sonde-geotermiche-opportunita-energetica-per-il-contrasto-ai-cambiamenti-climatici-e-cautele-per-il-rispetto-degli-acquiferi-profondi-e-delle-risorse-idriche-ad-uso-potabile/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=le-sonde-geotermiche-opportunita-energetica-per-il-contrasto-ai-cambiamenti-climatici-e-cautele-per-il-rispetto-degli-acquiferi-profondi-e-delle-risorse-idriche-ad-uso-potabile http://www.semidiscienza.it/2023/03/11/le-sonde-geotermiche-opportunita-energetica-per-il-contrasto-ai-cambiamenti-climatici-e-cautele-per-il-rispetto-degli-acquiferi-profondi-e-delle-risorse-idriche-ad-uso-potabile/#respond Sat, 11 Mar 2023 20:35:03 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2314 Di Matteo Bo

Gli impianti geotermici sono dei sistemi per il riscaldamento/raffrescamento degli ambienti interni che sfruttano il principio dello scambio di calore con il sottosuolo. Sono comunemente conosciuti con il nome delle loro componenti principali ovvero le sonde geotermiche. Queste ultime sono sostanzialmente fori nel terreno che, raggiungendo specifiche profondità, permettono di assorbire o cedere calore tra l’ambiente interno di un edificio e il terreno sottostante. 

Sono presenti due principali tipologie di impianti. I primi sono quelli a “sistema chiuso” ovvero che sfruttano un liquido (spesso il glicole) all’interno di tubazioni cieche per scambiare termicamente il calore con il terreno senza lo scambio di fluidi. I secondi sono quelli a “sistema aperto”, di fatto dei sistemi di pozzi per la captazione e reimmissione dell’acqua presente nel sottosuolo: in estate verrà pompata in superficie acqua sotterranea per raffreddare e verrà in seguito reimmessa più calda nel sottosuolo, viceversa in inverno verrà sfruttata la risorsa idrica per scaldare cedendola in seguito a valle del sistema.

Per entrambe queste tipologie, il dimensionamento degli impianti richiede di valutare la stratigrafia del sottosuolo e il fabbisogno dell’edificio in relazione alla classe energetica, alle dimensioni dei locali e all’uso degli stessi. Può quindi essere necessario un numero variabile di sonde con diametri centimetrici/decimetrici e profondità che possono raggiungere i 150 m, al fine di ottenere un riscaldamento o raffreddamento idoneo dei locali.

Non c’è dubbio che il sistema permetta di gestire l’energia termica necessaria al comfort dei locali senza produrre emissioni dirette in atmosfera né consumare energia proveniente da fonti fossili (sia essa elettrica o direttamente per combustione a caldaia da metano, gpl o peggio gasolio). Ma, al netto dell’esecuzione ad opera d’arte dei lavori, si rende opportuno operare quanto meno una riflessione su un aspetto secondario (ma non troppo) di questi sistemi.

Come detto, in entrambe le tipologie (aperta/chiusa) la perforazione potrebbe raggiungere profondità tali da superare il letto dell’acquifero superficiale entrando quindi nell’acquifero profondo. Per i lettori meno esperti, l’acquifero è quel sistema costituito sia dalla matrice solida presente nel sottosuolo (sistemi rocciosi compatti, ghiaie, sabbie, limi, argille che costituiscono la parte più superficiale della crosta terreste) sia dall’acqua contenuta nelle porosità presenti in questi materiali (porosità, fratture, cavità, ecc.). Erroneamente chiamata anche falda acquifera, l’acqua presente negli acquiferi è frutto dell’infiltrazione dai corpi idrici superficiali (mari, fiumi, laghi, ecc.) e dalle precipitazioni (pioggia, neve e altri fenomeni meteorologici) e raggiunge lentamente profondità anche di centinaia di metri e che circola nel sottosuolo sia verticalmente sia orizzontalmente (ne sono un esempio fenomeni quali il carsismo e l’intrusione delle acque saline). Esistono due famiglie di acquiferi: quelli superficiali che sono a maggior contatto con la superficie e quindi con l’inquinamento antropico e quelli profondi che sono tutelati per legge poiché, avendo una maggiore qualità delle acque, sono destinati in modo pressoché esclusivo a scopi potabili. A titolo esemplificativo il passaggio tra questi due acquiferi può avvenire tra i 15 e i 60 m di profondità come indicativamente nel caso del Nord Ovest della Pianura Padana, un dato che si può verificare nei Geoportali delle arpa e delle Regioni attraverso le cartografie della base dell’acquifero superficiale e delle aree di ricarica tra i due acquiferi (zone che richiedono un’ulteriore tutela ambientale perché favoriscono già naturalmente la ricarica degli acquiferi profondi).

Per questo motivo esiste un quadro normativo piuttosto delineato sia a livello nazionale/internazionale (Direttiva Quadro sulle Acque 2000/60/CE, Testo Unico dell’Ambiente D.Lgs. 152/06, e nello specifico il D. Lgs. 30/2009 di “Attuazione della direttiva 2006/118/CE, relativa alla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento”) sia regionale (con specifici atti normativi e leggi delega per le attività di controllo della risorsa alle provincie, comuni e alle arpa territorialmente competenti) a tutela della risorsa idrica sotterranea. Citando rapidamente il caso del Piemonte, oltre alle leggi sopra elencate, nella L.R. 22/1996  “Ricerca, uso e tutela delle acque sotterranee”, così come modificata dalla L.R. 6/2003, all’art. 2 c. 6 viene definito che “Per la tutela e la protezione della qualità delle acque sotterranee è vietata la costruzione di opere che consentano la comunicazione tra le falde profonde e la falda freatica” e all’art. 4 c. 1 che “Le acque sotterranee da falde profonde sono riservate ad uso potabile, ad eccezione di quelle individuate dal Piano di tutela delle acque di cui all’articolo 44 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole), in quanto, in base alla vigente normativa, non destinabili a tale uso per le loro caratteristiche chimiche naturali”.

Lo sviluppo delle sonde geotermiche ha determinato la necessità di includere tali tecnologie in questo quadro normativo specialmente con la diffusione accelerata anche dal Superbonus 110% e specialmente in territori quali la Pianura Padana in cui gli acquiferi superficiali sono in gran parte compromessi dall’inquinamento. Se le sonde a sistema aperto sono state assimilate quasi ovunque ai pozzi costituendo di fatto un prelievo e uno scarico di acque sotterranee (con relativi iter autorizzativi e concessioni), le Regioni si sono mosse in modo più sparso in relazione alle sonde geotermiche chiuse (con atti normativi, regolamenti e/o linee guida). Va chiarito infatti che, al netto delle problematiche di inquinamento che potrebbero generarsi in caso di rottura/fessurazione e conseguente fuoriuscita del glicole, anche gli impianti chiusi possono mettere in comunicazione l’acquifero superficiale con quello profondo, favorendo la filtrazione di inquinanti verso gli strati più profondi. Gli atti emanati, quali il Regolamento di Regione Lombardia o le Linee Guida di Regione Piemonte contengono i requisiti minimi per la realizzazione delle opere, comprendendo anche la necessità di un appropriato studio della geologia sotterranea del sito. Alla presentazione delle istanze, di natura ambientale e/o edilizia (ad. es. via, scia, cila) anche ai comuni in cui si intende realizzare un’opera di efficientamento energetico comprendente le sonde geotermiche, bisogna tener conto di queste normative specifiche.

In conclusione, gli effetti ormai evidenti della crisi climatica – tra cui si evidenzia che l’anno appena conclusosi è stato il più caldo mai registrato in Italia e che la grande siccità di questi ultimi quattordici mesi è ancora purtroppo perdurante in molte aree quale il Nord Ovest del Paese – sottolinea in modo ormai pressoché unanime la necessità di una gestione responsabile delle risorse idriche superficiali (ghiacciai, nevai, corpi idrici) e sotterranee sia in termini di quantità sia di qualità. La complessità delle dinamiche naturali in gioco e delle tecnologie adottate dall’umanità richiedono quindi di valutare con grande attenzione ogni ricaduta diretta e indiretta delle proprie scelte personali, anche quando si tratta della scelta di sistemi “sostenibili” per spostarsi, alimentarsi e scaldarsi/raffrescarsi. 

Fonti:

https://sondegeotermiche.it/wp-content/uploads/2019/10/Regolamento-Regionale-15-febbraio-2010-n.-7.pdf

http://www.regione.piemonte.it/governo/bollettino/abbonati/2016/16/attach/dda1600000066_930.pdf 

https://www.regione.piemonte.it/web/temi/ambiente-territorio/ambiente/acqua/normativa-relativa-alle-acque-sotterranee

https://www.geologipiemonte.it/comunicazioni/regione-piemonte/articolo/linee-guida-regionali-per-l-installazione-e-la-gestione-delle-so

https://www.isprambiente.gov.it/it/news/valutazione-preliminare-dello-stato-del-clima-dell2019anno-2022

https://it.euronews.com/green/2023/01/16/il-2022-e-stato-lanno-piu-caldo-mai-registrato-in-molti-paesi-europei

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I consumi di un’auto elettrica: facciamo due conti http://www.semidiscienza.it/2022/02/21/i-consumi-di-unauto-elettrica-facciamo-due-conti/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=i-consumi-di-unauto-elettrica-facciamo-due-conti http://www.semidiscienza.it/2022/02/21/i-consumi-di-unauto-elettrica-facciamo-due-conti/#respond Mon, 21 Feb 2022 09:14:22 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=1561 Abbiamo acquistato una Twingo elettrica e cominciamo a fare un po’ di conti sui costi di esercizio sul limitare dei 12mila km e dei 6 mesi di uso.

La casa madre dichiara un consumo medio di 5,1-5,2 l/100 km (si veda, questo link), quindi, se la stessa auto fosse stata a benzina, prendendo il valore più basso avremmo consumato, per fare 12mila km, 612 litri di benzina. L’abbiamo acquistata a fine luglio, ma poi ci sono state le ferie di mezzo e diciamo che abbiamo cominciato a usarla da agosto e, per fare conto pari, dal primo del mese. I prezzi “ufficiali” del carburante, che hanno subito un’impennata negli ultimi periodi, si trovano sul sito del MISE (a questo link). Facendo una semplice media aritmetica da agosto 2021 a gennaio 2022, otteniamo 1,715 €/litro che, moltiplicati per i 612 litri che avremmo dovuto mettere nel serbatoio fa un totale di circa 1.050 € (il conto esatto è: 1.049,58 €).

Vediamo invece quanto abbiamo speso andando a elettricità. Fino alla fine del 2021 (31 dicembre) abbiamo avuto un contratto con il SEN (Servizio Elettrico Nazionale) che – al netto dell’avere un impianto fotovoltaico sul tetto di casa nostra, per cui molte ricariche estive sono state letteralmente a costo zero – ci vendeva l’energia elettrica in fascia bioraria a 0,11 €/kWh (notturna) / 0,13 €/kWh (diurna). La capacità della batteria della Twingo è di 22 kWh. Quindi per fare “il pieno” se facciamo anche solo una media dei due valori (0,11 + 0,13 = 0,24 / 2 = 0,12 €/kWh) otteniamo che la spesa viva – al netto di oneri e altro – è di 2,46 €. Ma quanti km fa la Twingo con un “pieno”? In piena estate, appena acquistata, con temperature propizie al buon rendimento della batteria, la stima (verificata anche su strada) è stata quella dichiarata dalla casa: 260 km in ciclo urbano, ma in condizioni davvero ideali. La stima fatta dalla centralina stessa dell’auto, caricata al 100% in alcune fredde giornate invernali è stata invece di 160 km (quasi la metà). Ancora una volta mettiamoci nella condizione più “restrittiva” e facciamo una media tra questi due valori (260 + 160 = 420 / 2 = 210, che arrotondiamo a 200) dicendo appunto che “al massimo” facciamo 200 km con ogni ricarica, a prescindere dalla stagionalità e sempre in ciclo sostanzialmente urbano. Per fare 12mila km significa che abbiamo fatto 60 ricariche complete da “200 km” l’una e quindi, stimando i prezzi poco concorrenziali del SEN (da gennaio 2022 siamo passati alla società cooperativa ènostra che ci consentirà di abbassare ulteriormente il costo delle ricariche), 60 x 2,46 € = 147,6 € totali per fare 12mila km. Mettiamo anche 150 €, il che vuol dire esattamente un settimo di quel che avremmo speso con un’auto tradizionale. Questo ovviamente senza contare le manutenzioni ordinarie: la prima prevista per l’elettrico è a 30mila km, ma non avremo da sostituire nessun filtro, nessun olio ecc.

Insomma, c’è di che essere soddisfatti.

Autore: Luciano Celi – membro del direttivo

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La complessità della negoziazione climatica: la COP26 http://www.semidiscienza.it/2021/12/07/la-complessita-della-negoziazione-climatica-la-cop26/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=la-complessita-della-negoziazione-climatica-la-cop26 http://www.semidiscienza.it/2021/12/07/la-complessita-della-negoziazione-climatica-la-cop26/#respond Tue, 07 Dec 2021 15:02:33 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=1514 La ventiseiesima Conferenza delle Parti dell’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change), in una sigla COP26, si è tenuta a Glasgow (Scozia) dal 31 ottobre al 12 novembre 2021. È stata presieduta dal governo britannico in partnership con l’Italia, dove a settembre si è svolta, a Milano, la conferenza preparatoria Pre-COP26.

Circa un anno fa il presidente della COP26 Alok Sharma dichiarava: “I passi che stiamo prendendo per ricostruire le nostre economie avranno un profondo impatto sulla sostenibilità, la resilienza e il benessere delle nostre future società e la COP26 può essere un’occasione in cui il mondo si unisce in nome di una ripresa pulita e resiliente”.

Ora, a un mese circa dalla fine della conferenza e a mente fredda, avendo ascoltato centinaia di dichiarazioni e letto decine di articoli sull’argomento, cosa possiamo realmente dire?

LE PREMESSE

Innanzitutto, un evento di negoziazione di questa portata dovrebbe essere considerato come estremamente complesso, in quanto i 197 paesi coinvolti devono necessariamente trovare un accordo o più accordi, ma ognuno di questi presenta le sue criticità, ha le sue priorità politiche, definisce specifiche leggi nazionali spesso molto differenti tra i vari paesi. Inoltre pesano i grandi divari economici tra paesi ricchi e paesi poveri e le disuguaglianze sociali, ancora più accentuate in seguito alla pandemia globale da Covid-19. L’aspetto principale che hanno in comune questi paesi è che si basano tutti fondamentalmente sull’economia degli idrocarburi, da cui deriva la crisi climatica che deve essere risolta a livello globale. Quindi i negoziati sul clima rappresentano oggi uno dei processi multilaterali più complicati della storia dell’umanità.

Una seconda premessa, più di carattere scientifico, riguarda il fatto che il modello economico che ha permesso negli ultimi due secoli lo sviluppo della nostra specie ha sicuramente portato enormi e concreti benefici, ma allo stesso tempo ci ha guidati verso una crisi planetaria dovuta al cambiamento climatico, alle modificazioni irreversibili degli ecosistemi, alla perdita di biodiversità, all’eccessiva urbanizzazione e quindi all’alterazione dei delicati equilibri della biosfera. Occorre ribadire il fatto che gli effetti dell’aumento della concentrazione dei gas serra climalteranti in atmosfera e il conseguente aumento della temperatura media globale sono molteplici e colpiscono gli ecosistemi, la componente vivente e quella fisica fino a impattare sul nostro sistema socio-economico perché tutte le componenti delle biosfera sono interconnesse e si influenzano. Anche se riuscissimo ad azzerare le emissioni antropiche di gas serra entro il 2050 gli effetti e le conseguenze del cambiamento climatico, già in atto, persisteranno ancora per moltissimi anni.

LE ASPETTATIVE

Ogni anno i paesi si ritrovano a discutere di clima e di quali strategie mettere in atto per affrontare la questione climatica. I report scientifici dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), principale organismo internazionale per la valutazione del cambiamento climatico istituito nel 1988, vengono inviati ai decisori politici che quindi hanno appreso, dall’ultimo documento, che “limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto a 2°C potrebbe andare di pari passo con il raggiungimento di una società più sostenibile ed equa”, ma che allo stesso tempo “limitare il riscaldamento globale a 1,5°C richiede cambiamenti rapidi, lungimiranti e senza precedenti in tutti gli aspetti della società”.

COP26 era vista da molti come un’ultima spiaggia, da altri osservatori come un’opportunità unica di cambio di passo, mentre da altri ancora, più critici, come un’inutile appuntamento di blablabla.

I RISULTATI

Diamo qualche dato. La conferenza è stata la più partecipata di sempre, con circa 40.000 delegati, tra cui quasi 22.000 delegati delle Parti, quasi 12.000 rappresentanti di ONG (organizzazioni non governative), poco più di 1000 rappresentanti dell’ONU (Nazioni Unite) e ha visto le presenza di molti giornalisti (oltre 3000). È stata anche la più seguita di sempre e questo dimostra come ci sia una crescente consapevolezza sul tema anche da parte dei media generalisti e dell’opinione pubblica oltre che da parte delle istituzioni.

In sintesi, COP26 aveva quattro obiettivi principali: (1) mitigazione, (2) adattamento, (3) finanza e (4) collaborazione. Il 13 novembre 2021 il patto per il clima di Glasgow (Glasgow Climate Pact) è stato firmato dai 197 paesi partecipanti.

Sono state 50 le decisioni ufficiali prese durante le due settimane di negoziati che hanno permesso di raggiungere alcuni risultati importanti. In primis sono stati approvati i decreti attuativi, tra cui tabelle e formati, che serviranno a formalizzare gli accordi di Parigi del 2015 (COP21) e che saranno applicabili a tutti i paesi entro il 2024. Inoltre sono state approvate le regole sul mercato globale della CO2 (articolo 6 dell’Accordo di Parigi), con un testo approvato all’unanimità da esperti e associazioni ambientaliste.

Un altro importante punto è rappresentato dall’aumento dell’ambizione negli impegni di riduzione delle emissioni climalteranti. È stata ribadita la necessità di contenere l’aumento della temperatura globale entro gli 1,5°C rispetto ai valori pre-industriali, così come suggerito dalla comunità scientifica.

Occorre inoltre evidenziare un fatto importante sulla questione dei combustibili fossili, il cui termine non compariva nemmeno nell’Accordo di Parigi e sembrava essere diventato un vero e proprio tabù. Invece, durante COP26, più di 60 paesi, fra cui molti in via di sviluppo, hanno sottoscritto un documento in cui si impegnano a non costruire nuove centrali a carbone.

130 Stati e numerose istituzioni finanziarie si impegneranno inoltre “per arrestare e invertire la perdita di foreste e il degrado del suolo entro il 2030”. Per raggiungere tale scopo sono stati stanziati 12 miliardi di dollari dai singoli paesi e 7 da società private, tuttavia tale impegno non è vincolante per i governi e quindi non ci sarebbero conseguenze in caso di violazioni.

Molto importante dal punto di vista politico e strategico l’accordo tra Cina e Stati Uniti al fine di collaborare per risolvere insieme la questione climatica.

Non è purtroppo stato raggiunto un impegno definitivo per il fondo da 100 miliardi di dollari all’anno per sostenere i paesi più vulnerabili. Questo accordo doveva già essere raggiunto nel 2020. Tuttavia la negoziazione è proseguita anche durante COP26 grazie all’impegno messo in campo da parte di istituzioni finanziarie e paesi partecipanti al fine di aumentare i propri contributi e raggiungere il traguardo dei 100 miliardi il prima possibile.

Per quanto riguarda la tematica, spesso sottovalutata, dell’adattamento al cambiamento climatico si è raggiunta un’intesa sul programma di lavoro relativo al “Global Goal on Adaptation”, finalizzato a definire gli indicatori per monitorare le azioni di adattamento dei Paesi.

È stata infine la COP in cui si è riconosciuto finalmente il fondamentale e determinante lavoro della comunità scientifica, anch’essa chiamata a compiere sforzi senza precedenti in termini di cooperazione e produttività, considerando inoltre che spesso non riceve finanziamenti adeguati a sostenere le proprie ricerche.

In definitiva, si può affermare con certezza che qualche passo in avanti è stato fatto, ma sicuramente ancora insufficiente per evitare quel repentino cambio di stato del sistema biosfera che potrebbe tramutare la Terra in un ambiente molto inospitale, sicuramente inadatto a sostenere i nostri bisogni. Occorre quindi ancora definire molte strategie d’intervento e continuare sulla strada dell’azione, continuando a lavorare nella direzione delle neutralità climatica, rafforzando la cooperazione tra stati e investendo sullo sviluppo sostenibile. Ciò si raggiunge potenziando la ricerca scientifica, l’istruzione e la comunicazione. Questi ambiti sono determinanti per poter affrontare con consapevolezza le grandi criticità globali e la complessità che ne deriva. Infine, è dal mondo delle istituzioni che ci aspettiamo sempre qualcosa in più, sia a livello internazionale quando si tratta di andare a negoziare sia a livello nazionale e locale quando si tratta di individuare azioni concrete volte a promuovere la necessaria transizione ecologica fondamentale per dare un futuro alla nostra specie.

Autori: Gruppo sostenibilità Semi di Scienza (Yuri Galletti, Luciano Celi, Tosca Ballerini, Camilla De Luca, Cinzia Tromba, Matteo Bo)

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Nucleare sostenibile? http://www.semidiscienza.it/2021/11/17/nucleare-sostenibile/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=nucleare-sostenibile http://www.semidiscienza.it/2021/11/17/nucleare-sostenibile/#respond Wed, 17 Nov 2021 18:06:52 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=1490

Risuonano con crescente insistenza le sirene del nucleare. Persino Ursula von der Leyen è giunta ad ammettere che energia atomica – e metano – possono essere inclusi nella “tassonomia UE”, la lista che identifica il ventaglio di opzioni considerate “verdi” nell’ambito della transizione energetica. «Accanto alle rinnovabili» ha sostenuto infatti la presidente della Commissione UE «abbiamo bisogno di una fonte stabile, il nucleare, e durante la transizione, del gas naturale».

Energia nucleare e metano come fonti di energie “verdi” e sostenibili, quindi? Qualche dubbio c’è.

Cominciamo dal nucleare. Innanzitutto, occorre chiarire di che cosa si parla. Delle vecchie centrali – parenti di quelle di Chernobyl e di Fukushima – ora in funzione, oppure delle “nuove” tecnologie tanto osannate negli ultimi mesi, come i reattori di IV generazione, o persino la fusione nucleare?

Nucleare di IV generazione. Questa “nuova frontiera” della fissione nucleare è stata pensata per migliorare la Terza generazione avanzata (III+) in termini di sostenibilità, economicità, sicurezza e affidabilità, riduzione della produzione di scorie radioattive, resistenza alla proliferazione nucleare e protezione fisica. Ma si tratta ancora di un progetto che, a vent’anni dal suo lancio, non si è ancora concretizzato, e che secondo i suoi stessi sostenitori avrà bisogno ancora di diversi anni per raggiungere l’obiettivo.

Fusione nucleare. Celebrata come la soluzione definitiva per la produzione eterna di energia pulita, ancora oggi assomiglia più a un grande sogno che a una concreta possibilità. Decenni di sperimentazioni e investimenti miliardari spesi nel tentativo di riprodurre sulla Terra la stessa reazione che nutre il Sole da miliardi di anni, infatti, non sono ancora riusciti a far approdare a un prototipo funzionante, in grado di generare più energia di quella richiesta per il suo funzionamento.

Quindi per questo “nuovo” nucleare si deve aspettare, ma sappiamo bene che non c’è tempo da sprecare. Senza parlare del fatto che la mera costruzione di nuove centrali implicherebbe una notevole emissione di CO2. E sorvolando sui costi astronomici.

Restano le “vecchie” centrali, quelle che producono quantità ingenti di scorie per le quali non si è ancora trovato un luogo di stoccaggio definitivo, non solo in Italia, ma neanche negli Stati Uniti o in Francia (che sta pensando di sotterrarle in Siberia). Sono da considerarsi sostenibili?

Quindi, di che cosa si sta parlando?

Di sicuro c’è che bisogna fare in fretta: la transizione deve iniziare subito con il massimo degli investimenti indirizzati a tecnologie davvero verdi. Un solo esempio: la ricerca sui sistemi di accumulo necessari per garantire continuità alle forniture di energia eolica o solare.

La prossima volta si parlerà di sostenibilità del metano. Per ora, per chi volesse approfondire l’argomento “nucleare”, ecco qualche link:

PER SAPERNE DI PIU’

https://www.repubblica.it/politica/2021/09/05/news/nucleare_impianti_sicurezza_dodaro_enea-316530099/

https://www.corrierenazionale.net/il-nucleare-senza-emissioni-di-co2-una-grande-bufala/?fbclid=IwAR3YptwRhGjnDYgOjQ8d1OTwSXsrlIlmqUZcS5kXQjAh_Ti6uozQHIXnszs

https://www.assonucleare.it/evoluzione-della-tecnologia-nucleare

https://thebulletin.org/2017/04/fusion-reactors-not-what-theyre-cracked-up-to-be/

https://thebulletin.org/2018/02/iter-is-a-showcase-for-the-drawbacks-of-fusion-energy/

Autrice: Cinzia Tromba – membro del direttivo e responsabile gruppo Cambiamo

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La sensazione di essere in trappola http://www.semidiscienza.it/2021/11/04/la-sensazione-di-essere-in-trappola/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=la-sensazione-di-essere-in-trappola http://www.semidiscienza.it/2021/11/04/la-sensazione-di-essere-in-trappola/#respond Thu, 04 Nov 2021 10:36:13 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=1481 Chi mi conosce mi sa ottimista. Ho avuto una vita per certi aspetti complicata e “disperante” in certi frangenti del passato, in occasione di cose che mi sono accadute, ma per le quali non è il caso di annoiare il lettore che arriverà a leggere queste righe. Non ho la vita che avrei voluto o che ancora vorrei, per “addrizzare il tiro” quel minimo necessario a uscire di scena dignitosamente, ma, se mi guardo intorno un po’ attentamente, mi viene da chiedermi: chi ha la vita che vorrebbe? Non mi pare siano molti – e non parlo della vita che facciamo vedere agli altri, ma di quella che per noi stessi avevamo immaginato, forse sognato.

Da diversi anni mi occupo tra lo “scientifico” e il “divulgativo” di energia e, più in generale, di risorse. Ho letto abbastanza, ma, come sempre, moltissimo resta da studiare e leggere e la sensazione, qui come altrove, è quella che una vita non basti a essere minimamente competenti. Diciamo che almeno mi sono fatto le basi. Occuparmi di questi argomenti ha avuto il preciso significato di popolare la mia piccola attività editoriale di libri che di questi argomenti parlino, con un approccio il più possibile scientifico-divulgativo (si cerca di trattare questi argomenti semplificando certi concetti, ma restando aderenti al rigore scientifico con cui devono essere trattati), ma soprattutto sempre con un occhio a quella che è la natura umana.

Già, la natura umana. Proprio quella che ci ha condotto fino qui, sul baratro del collasso ecosistemico globale. Ieri mattina in una mail raccontavo a un amico della mia partecipazione (come piccolissimo editore) al Pisa Book Festival. Ci sarebbe stato da mettere una webcam dietro il mio banchetto/stand che, pur presentandosi bene e molto colorato, in certi casi, quando la gente si avvicinava per leggere i titoli, prima sbarrava un po’ gli occhi come se avesse visto uno scarafaggio sulle copertine e poi, cercando di dissimulare, girava i tacchi verso approdi più tranquilli – magari letterari e magari di evasione. Comprensibile. Già siamo presi dai mille problemi del quotidiano, mica possiamo pensare di metterci a leggere cose impegnative che parlano di energia e risorse e del nostro modo, più o meno “volontario”, di stare su questo pianeta, anche se questo ci riguarda molto molto da vicino! Eppure sento che ha senso (cercare di) informare le persone su questi temi, che arrivano alle luci della ribalta mediatica solo quando la bolletta del gas o della luce rincara. O la benzina alla pompa ha cominciato una ascesa apparentemente inarrestabile, della quale però il mondo che ho intorno sembra continuare a non accorgersi.

Già, la natura umana. Come scrivevo tempo addietro, l’aspetto più lungimirante di quella pietra miliare che ho avuto l’onore di ripubblicare con Lu::Ce edizioni – I limiti alla crescita “ex” I limiti dello sviluppo – è costituto dal primo grafico. In un volume densissimo di grafici e proiezioni il primo, guarda caso, non riguarda nessun dato scientifico, ma ha a che fare proprio con la natura umana e credo non abbia bisogno di commenti. È come se gli autori, consapevoli di quello che stavano scrivendo, dicessero anche: “Attenzione! Possiamo fare tutte le proiezioni e gli scenari che vogliamo, ma di una cosa “ingovernabile” dobbiamo senz’altro tenere conto: la natura umana, che è fatta così – pensieri che nello spazio arrivano al quartiere, quando va bene, e nel tempo, alla prossima settimana…”. Il grafico è questo qui di seguito e credo non abbia bisogno di spiegazioni:

Sui motivi per cui la natura umana si sia storicamente configurata in questo modo, fior di psicologi cognitivisti, evoluzionisti, ecc. hanno tentato delle spiegazioni. Molte delle quali, sufficientemente semplici e convincenti, rimandano a un concetto che sta alla base della questione: il nostro cervello è “cablato” in modo da percepire pericoli immediati e vicini non lontani nello spazio e nel tempo, perché da pericoli immediati e vicini l’uomo si doveva difendere quando era nella savana o nel bush. Tutto il resto poteva aspettare. Questo “cablaggio” – e uso questo termine perché la questione sembra avere a che fare molto più con “l’hardware” del nostro cervello che con il “software” dei nostri pensieri – proprio perché tale, non si smantella nell’arco di un paio di generazioni e questo potrebbe essere in sostanza all’origine della nostra rovina futura. Si tratta di una incapacità strutturale, che dobbiamo fronteggiare e alla quale dobbiamo cercare di sopperire se vogliamo avere qualche chance di restare su questo pianeta in modo decente.

Un articolo che, in tempi recenti, mi ha dato molto da pensare sull’imminenza delle cose che accadono e che più o meno consciamente tendiamo a “rimandare” nel nostro cervello, è questo, sul blog di «Le Monde» che lo stesso autore – che si autodefinisce “Mr. Oil Man” – tiene su quella testata. Un articolo un po’ tecnico, ma sufficientemente comprensibile a chi mastichi un po’ di francese. Gli scenari che Matthieu Auzanneau delinea sono abbastanza inquietanti e non è che le cose vadano meglio a casa nostra, dove il PNRR (Piano Nazionale di ripresa e resilienza), grazie all’avvento del Ministero della transizione ecologica, capeggiato dal cigolante Cingolani, rischia di trasformarsi nel “piatto ricco” (piatto ricco / mi ci ficco – recitava un vecchio adagio dei giocatori di poker, e qui l’azzardo è ben più che una giocata al tavolo verde, visto che si tratta del futuro di tutti noi) delle multinazionali – anzi DELLA multinazionale – “Oil & Gas” nostrana, ENI (accompagnata dalla “sorella” Snam).

Già, la natura delle multinazionali. Se la natura umana è quella che abbiamo brevemente delineato – e per conoscerla, volendo tirare fuori un vecchio classico della filosofia, basta guardare dentro se stessi – sulla natura delle multinazionali si fa presto a delinearne la natura (e lo posso, in questo caso, fare anche con cognizione di causa, visto che ci sono stato dentro per un paio d’anni): sono strutture fatte per fare soldi. Per fare soldi il più possibile, con tutti i mezzi possibili (anche al limite e oltre la legalità, come racconta il libro di Marco Grasso e Stefano Vergine, Tutte le colpe dei petrolieri), tutto il resto può aspettare e comunque è accessorio e di facciata. Ma anche questo non lo sappiamo? Certo che lo sappiamo. Nessuno di noi è tanto ingenuo da pensare che siano lì per fare beneficienza. E quindi cosa possiamo aspettarci da loro? Che nel piatto ricco dei soldi stanziati per cercare di darci (dare a tutti noi) la remota possibilità di un futuro migliore – soprattutto per chi dopo di noi verrà – ci si buttino a rotta di collo e in tutti i modi possibili, al punto che, come racconta questa infografica qui sotto, tratta da questa pubblicazione scaricabile gratuitamente che invito tutti a leggere (sono poche pagine), le attività di lobbying del colosso energetico italiano ha prodotto qualcosa come 102 incontri tra il Ministero della transizione ecologica di cui sopra e i funzionari di ENI/Snam nei mesi che vanno dal 20 luglio 2020 al giugno 2021.

Da tutto questo la sensazione di essere in trappola. Una trappola che sta per scattare nel presente, ma soprattutto che non si tenta di disinnescare per il futuro.

Autore: Luciano Celi – membro del direttivo

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L’idrogeno come fonte di energia http://www.semidiscienza.it/2021/06/29/lidrogeno-come-fonte-di-energia/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=lidrogeno-come-fonte-di-energia http://www.semidiscienza.it/2021/06/29/lidrogeno-come-fonte-di-energia/#respond Tue, 29 Jun 2021 12:18:52 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=1432 “Leggero, immagazzinabile, ad alta densità energetica, privo di emissioni dirette di inquinanti o gas a effetto serra. Tuttavia, pur essendo l’elemento chimico più abbondante dell’universo, impiegarlo ai fini della transizione energetica non è semplice. E la prima difficoltà si incontra nella sua produzione.” Come suggerisce il magazine online Rinnovabili.it, l’idrogeno sembrerebbe un buon alleato per la transizione energetica. Al momento vi sono tre modalità di estrazione del prodotto che distinguono le tipologie di idrogeno: grigio, blu, verde.

La prima prevede l’estrazione dell’idrogeno da idrocarburi come il metano; è la modalità meno costosa ma la più inquinante perché è un processo che libera CO2. Questo primo caso descrive l’idrogeno grigio.

La seconda prevede allo stesso modo l’estrazione dell’idrogeno da combustibili fossili, come il metano, ma con l’utilizzo di tecnologie di stoccaggio della CO2 nel suolo. È quindi descritta come una tipologia a basso impatto. Si tratta del famigerato idrogeno blu.

Infine, l’idrogeno verde. Come si intende dal nome, la modalità di estrazione è la più ecocompatibile: l’H2 viene estratto dall’acqua tramite un processo di elettrolisi utilizzando energie rinnovabili e non comporta il rilascio di CO2.

E ora veniamo al dibattito: l’idrogeno blu viene definito da alcuni come strumento di transizione per passare in futuro all’idrogeno verde, che è ancora in fase sperimentale e poco competitivo sul mercato. Per altri, fra cui la Commissione Europea, sembra invece chiara la necessità di orientarsi immediatamente all’utilizzo di fonti rinnovabili ed evitare di rimandare ulteriormente l’obiettivo emissioni-zero al futuro.

Qual è il vostro punto di vista?

Per ulteriori informazioni, sull’intervento della Commissione: https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/06/28/recovery-plan-la-ue-boccia-il-governo-sullidrogeno-prodotto-dal-gas-non-e-green-stop-ai-fondi-in-cui-speravano-eni-e-arcelormittal/6243213/

Autrice: Cinzia Tromba – responsabile gruppo Cambiamo

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