Matematica – Semi di Scienza http://www.semidiscienza.it Wed, 11 Sep 2024 15:58:49 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.8.10 http://www.semidiscienza.it/wp-content/uploads/2019/01/cropped-Semi-di-scienza-1-32x32.png Matematica – Semi di Scienza http://www.semidiscienza.it 32 32 La matematica della felicità http://www.semidiscienza.it/2024/03/29/la-matematica-della-felicita/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=la-matematica-della-felicita http://www.semidiscienza.it/2024/03/29/la-matematica-della-felicita/#respond Fri, 29 Mar 2024 15:59:54 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=2757 Insieme a Marco Reho vi proponiamo una nuova presentazione del libro di Rocco Dedda La matematica della felicità edito da Piemme (2023), sul nostro canale YouTube, lunedì 8 aprile ore 18.30.

L’autore:

Rocco Dedda è laureato in Matematica presso l’Università “Alma Mater Studiorum” di Bologna. È docente di Matematica e Fisica presso la scuola secondaria di secondo grado e divulgatore scientifico.

]]>
http://www.semidiscienza.it/2024/03/29/la-matematica-della-felicita/feed/ 0
Un weekend scientifico http://www.semidiscienza.it/2024/03/27/un-weekend-scientifico/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=un-weekend-scientifico http://www.semidiscienza.it/2024/03/27/un-weekend-scientifico/#respond Wed, 27 Mar 2024 10:56:59 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=2745 Sabato 23 e domenica 24 marzo siamo stati in Emilia-Romagna, a Lugo (RA) e a Reggio nell’Emilia.

Due giorni dedicati alla divulgazione scientifica, come piace a noi.

Comunicare alle studentesse e agli studenti di ogni ordine e grado è una nostra missione, mentre divulgare al grande pubblico rappresenta una grande sfida. Da 6 anni, come associazione di promozione sociale, proviamo a portare avanti iniziative per lasciare semi di conoscenza, con l’obiettivo di rispondere a domande fondamentali. Promuoviamo inoltre una maggiore consapevolezza sulle grandi criticità globali, in primis il cambiamento climatico.

Ci divertiamo e ci siamo divertiti tantissimo con la scuola secondaria di primo grado “Silvestro Gherardi” di Lugo (RA) e presso l’Asineria di Reggio nell’Emilia durante il festival delle scienze naturali.


La scienza è metodo e comunità, lo abbiamo dimostrato!
Chi di scienza è amatore, a lungo andar avrà onore.

Yuri Galletti – Presidente Semi di Scienza

]]>
http://www.semidiscienza.it/2024/03/27/un-weekend-scientifico/feed/ 0
Insegnare biologia nella scuola secondaria di primo grado http://www.semidiscienza.it/2023/12/09/insegnare-biologia-nella-scuola-secondaria-di-primo-grado/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=insegnare-biologia-nella-scuola-secondaria-di-primo-grado http://www.semidiscienza.it/2023/12/09/insegnare-biologia-nella-scuola-secondaria-di-primo-grado/#respond Sat, 09 Dec 2023 08:34:48 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2616 Di Lucia Stelli

La mia lunga esperienza di insegnante di matematica e scienze nella scuola secondaria di primo grado e il mio ruolo di curatrice della rubrica “Fare scuola” nella rivista Naturalmente Scienza1, costituiscono le premesse per  ripercorrere con un certo distacco e in modo critico il mio percorso professionale. Ciò che però più mi motiva a esporre iproblemi e le scelte didattiche che negli anni ho affrontatoè  la possibilità che il mio raccontopossa essere di qualche utilità a chi comincia a insegnare adesso. È questa per me anche un’occasione per esaltare il contributo formativo dell’educazione scientifica, purtroppo troppo spesso confinata in spazi orari esigui.Qui mi limiterò a parlare di biologia, sia perché ho una predilezione per il mondo dei viventi, sia perché mai come adesso la specie umana ha bisogno di conoscersi e rapportarsi ai problemi che le si prospettano.

I problemi di fondo

Nel ripensare ai tanti problemi che investono l’insegnamento delle scienze nella scuola secondaria di primo grado, mi soffermerò solo sulle decisioni che hanno contribuito a determinare i miei cambiamenti di rotta, quelle che mi hanno fatto pensare di aver fatto le scelte giuste.

Parto dall’inizio, dal numero di oredella cattedra di Matematica e Scienze , di norma 6 per classe, poche per l’enormequantità di temi da trattare.Con che cosae come riempirle?È  stato subito chiaro che avrei dovuto fare i  conti con le mie carenze culturali. Ero infatti consapevole che la mia laurea in Biologia mi avrebbe supportato solo in parte eche anche solo pensando ai viventi, con i quali peraltro avevo un po’ di familiarità,la vastità dei temi da affrontare era scoraggiante.

La ricerca di percorsi di formazione si imponeva, mase mi sentivo in difficoltà con la biologia, figuriamoci con la matematica! E così quest’ultimafiniva quasi sempre per avere il sopravvento.Inoltre i vari corsi disattendevano spesso le aspettative che vi riponevo,avrei avuto bisogno di orientamenti ‘semplici’ invece di esempi “alti”, proposte “normali” invece che “speciali”, mapoiché così non era,il tirocinio l’ho fatto prevalentemente sui miei sbagli. Il primo, è stato quello di affidarsi totalmente al libro di scienze.

I manuali scolastici

Qui si apre un capitolo spinoso perché i testi di scienzedovrebbero avere come interlocutori privilegiati i ragazzi ma sono invece scritti per gli insegnanti.D’altra parte le case editrici puntano sulle adozioni e sono solo interessate a capire che cosa motiva le scelte dei docenti. Ecco che, nell’intento di accontentare tutti, i testi finiscono per avere un taglio enciclopedico, relegando in secondo piano l’aspetto linguistico e quello sperimentale. Il linguaggio utilizzato è quello dell’adulto e ovviamente comunica all’adulto, il discente viene inevitabilmente bypassato; non potendo, da bambino, parlare come un adulto nella maggior parte dei casi impara a mente. E poi descriverei problemi non è la stessa cosa che esplorarli e analizzarliinsieme agli alunni.Le risposte vanno cercate e non è detto che siano subito quelle giuste, vanno argomentate, discusse, condivise. Oggi che abbiamo un mare magnum di informazioni a portata di clic, a maggior ragione, insegnare il pensiero critico è una priorità.

La nascita degli Istituti Comprensivi ha per me rappresentato un punto di svolta fondamentale perchémi ha motivato a diventare una figura di riferimento delle materie scientifiche e in questo ruolo ho potutoporre attenzione all’aspetto sequenziale dei concetti e a quello trasversale, uscendo in questo modo dall’isolamento della cattedra orario.Mi sono resa conto che non è possibile ad esempio far distinguere, comparare, classificare se non si costruiscono i processi di osservazione e descrizione. La scommessa è stata quindi armonizzare, riprendere, anticipare e/o approfondirealcuni saperi essenziali quali saper manipolare, osservare, confrontare, mettere in ordine e classificare, riconoscere l’appartenenza a un insieme.Ricercare e instaurare alleanze con altri docenti è stato anche un modo per dedicare più spazio alle scienze allargandone i confini.

L’aula come palestra didattica

Una volta realizzato che non potevo affidarmi esclusivamente al libro di testo,mi sono interrogata su quali esperienze proporre. Non potevo che stare con i piedi per terra e partire dalle piccole cose. C’erano comunque le Indicazioni Nazionali a rassicurarmi2: “La valorizzazione del pensiero spontaneo dei ragazzi consentirà di costruire nel tempo le prime formalizzazioni in modo convincente per ciascun alunno. La gradualità e non dogmaticità dell’insegnamento favorirà negli alunni la fiducia nelle loro possibilità di capire sempre quello che si studia, con i propri mezzi e al proprio livello”.

Forte di questi suggerimentiho cominciatoper prima cosa a curare i “preparativi del viaggio”interessandomi a ciò  che i miei alunni avevano fatto alla scuola primaria, non limitandomi a una semplice ricognizione degli argomenti trattati.  Richiamare alla mente esperienze pregresse comporta infatti la ricostruzione di un puzzle a più mani, attività impegnativa, ma anche produttiva perché non si è soli e si possono mettere a fuoco oltre al problema affrontato anche difficoltà, dubbi, errori. Ho verificato che una delle attività comunemente svolta alla scuola primaria è quella della germinazione del seme effettuata con varie modalità,ricorrendo acotone idrofilo umido, mezze bottigliette di plastica riempite con segatura, vasetti con terriccio, vassoireperiti al negozio di agraria, approcci diversi che inducono a confrontare le diverse esperienze.Solitamente i ricordi vengono riportatidagli alunni in modo “disordinato” e diventa necessario riorganizzarli chiedendo ad esempio di riprodurre un esperimento svolto o di ricostruire ciclo vitale di una pianta dalla semina alla raccolta di nuovi semi. Saranno gli alunni stessi, indotti dalle richieste di chiarimento dei compagni,  a organizzare in modo logico e comprensibile la loro esposizione fornendo all’insegnante informazioni utili per capire cosa hanno imparato e come ragionano.

Un’altra abitudine didattica maturata ha riguardato la comprensione del significato ditermini scientifici. Tale attenzione deriva dalla convinzione che raccontare la storia delle parole aiuta a comprendere non solo il loro significato, ma anche le idee che le accompagnano,cosa che favorisceanche la  costruzione di connessioni. Sono stati così indagati i significati di cellula, fotosintesi clorofilliana, microbiologia, protozoo solo per citare alcuni termini. Non solo. Nelle scienze sono comuni parole composte e conoscere il significato di prefissi e prefissoidi, come di suffissi e suffissoidi permette di giocare a montare e smontare le parole come fossero costruzioni lego. Per darel’idea basta pensare a quelle che si possono formare con bio, eco, geo, micro.

Fuori dall’aula

Fare dell’aula una palestra didattica non significa però restarvi sempre confinati, moltissime sono le occasioni per uscirne. Indubbiamente la cosa più facile ètrasferirsi in un’aula attrezzata a laboratorio scientifico, ma nell’ indagine sui viventi sarà proprio dai territori esterni che proverranno le esperienze più significative, quelle che permetteranno di mettere dare senso e spazio a ciò che è stato trattato in classe.

Alcune di queste esperienze si sono rivelate particolarmente incisive per promuovereprocessi quali osservare, descrivere, classificare, stabilire relazioni, fare congetture.L’indagine sulla diversità dei viventi offre così tante occasioni che c’è solo l’imbarazzo della scelta e non c’è da meravigliarsi che le piante rappresentino il primo terreno da esplorare, non c’è bisogno di andarle a scovare, basta fare un passo fuori dalla scuola per incontrarealberi solitamente ignorati. A parte ilriconoscimento di pini e cipressinon mi è mai infatti capitato che qualcuno indicasse con il nome comune il leccio, la farnia, il tiglio, il platano che stavano proprio lì in prossimità dell’ingresso di scuola. Una buona occasione per dedicareloro un po’ di attenzione  scoprendo così  inaspettati caratteri comuni.  Chiamarli per nome diventa a questo punto un’esigenza, sancisce l’appartenenza a un insieme  con determinate proprietà e fa capire il senso del riconoscimento. Si dà il nome a qualcosa che si distingue, ma quale nome?  Si fa strada un primo concetto di specie (è alla specie e non all’individuo che si dà il nome, quello di genere nasce invece dalla ricerca di un indizio di parentela). Si scoprono così i nomi generici e quelli specifici a costituire una gerarchia.

Si comprende così che le querce sono molto diverse tra loro, che non tutte hanno foglia lobata, ma tutte hanno le ghiande.

L’esplorazione del fuori scuola porterà ad allargare il campo di osservazionee a promuovere unavisione sistemica.Si può far didattica laboratoriale ovunque, ma constatare che la vita si manifesta con adattamenti ambientali è qualcosa che lascia il segno. Allontanarsi dalla scuola diventerà pertanto un bisogno  naturale e potrà succedere, come è avvenuto nella mia esperienza, di arrivare fino al mare.

Ricordo la scopertadell’ ambiente dunalecome la più arricchente dal punto di vista formativo, sia per me che per i miei alunni,viste le scarse aspettative che avevamo:“Che ci sarà mai di interessante su una distesa di sabbia?”D’altra partenell’immaginario collettivo la sabbia evoca il deserto. Altro che deserto! La ricchezza di vita è stupefacente tanto più se vista inottica sistemica. Quante persone  sono ad esempio in grado di mettere in relazione le cosiddette “palle di mare”(nome scientifico egagropile) con il disfacimento della Posidonia oceanica? Scoprireio stessa che erano residui fogliari fibrosi di una pianta marina, e non alghe come comunemente si crede, mi ha spronatoa mettere a frutto la meraviglia di tale scoperta.Sicuramente lo stessostupore l’avrebbero provato i miei alunni e da questo alla voglia di vedere, al saper vedere e al problematizzare, il passo sarebbe stato breve.

Il discorso didattico, nel mio caso è iniziato proprio dalle ‘palle di mare’  per indagare non solo la loro genesi, ma soprattutto la loro composizione e utilità (tutto serve nell’economia della natura!)

La raccolta di vari reperti ci ha permesso di capire che le fibre vegetali disgregate dal moto ondoso si  riaggregano a formare strutture arrotondate.

Non è stato poi difficile comprendere la loro importanza nella formazione delle dune. È bastato osservare la loro presenza in uno spaccato dunale. Cosa ci stavano a fare lì dentro, lontano dalla battigia?

Una volta  verificato in classe il potere imbibente delle egagropile (incredibile quanta acqua riescono ad assorbire!) si è fatta strada l’ipotesi che l’acqua piovana intrappolata al loro interno costituisse una riserva di acqua dolce per le piante che possono mettervi radici creando così l’impalcatura dunale.

Certo non tutte servono a fare duna e gli accumuli spiaggiati (banquettes)di posidonia che si ritrovano su molti litorali spalmati sulla battigia vengono malvisti dai bagnanti che li considerano un rifiuto e come tale un elemento di disturbo. Si può invece scoprireche costituiscono un materiale che può essere raccolto ed utilizzato per vari scopi, trasformandolo da rifiuto a preziosa risorsa ambientale ed economica3.Purtroppo durante le nostra uscite in riva al mare abbiamo anche potuto constatare che in spiaggia si accumulano altri tipi di rifiuti del tutto innaturali riscontrandoquanto la plastica abbia invaso e alterato questo ambiente. Si apre a questo punto un altro campo di indagine per capire da dove provenga tutta questa  plastica e come va gestita. Portarsi in classe i problemi emersi durante le uscite è un bel modo per superare l’idea che le scienze siano confinate nei libri e che i concetti e le abilità costruiti a scuola siano forme inerti di istruzione. È un occasione peraffrontare i problemi in modo critico e imparare ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni.

Le risorse museali

Alle risorse naturali, ben si affiancano quelle dei musei non distanti da scuola. Nella mia esperienza Orto Botanico e Museo di Storia Naturale hanno rappresentato luoghi significativi che hanno ben supportano il lavoro di classe.

Certo è necessario avere le idee chiare e non delegare a chi solitamente in tali luoghi guida i laboratori per le scuole; prima di tutto serve conoscere le risorse museali per capire come poterle utilizzare in modo laboratoriale. Il vasto campionario di esemplari lì rintracciabili permetterà di

rafforzare il concetto di biodiversità e rivelerà  caratteri adattativi non ancora esplorati. Le piante delle serre e dell’idrofitorio dell’ Orto Botanico saranno utilissime per tali scopi. Rilevare ad esempio l’esistenza di foglie carnose, lucide come se fossero ricoperte di cera, trasformate in spine, pelose sulla pagina inferiore, permetterà di espandere il concetto di variabilità e condurrà a fare congetture sempre più argomentate. Due opportunità offerte anche dal Museo di Storia Naturale.

Tra le tante esperienze possibiline segnalo unasui pesci di acqua dolce che si è rivelata particolarmente proficua, e non c’è da stupirsi visto che gli  animali vivi ela grande varietà di forme e colori (sorprendente per pesci d’acqua dolce)esercitano di per ségrande attrattivafacilitando il confronto e la scoperta della relazione forma-funzione4.

Le diverse forme e le diverse posizioni di bocca e pinne hanno permesso infatti di inferire aspetti rilevanti della vita animale, quali il modo di spostarsi in acqua, l’alimentazione, il rapporto preda-predatore. È un percorso di affinamento dell’osservazione lento e graduale, quello che porta a comprendere che occhi posti nei pressi della superficie dell’acqua e bocca rivolta verso l’alto rappresentano un adattamento all’alimentazione di insetti e piccoli pesci, e a capire come anche le pinne situate in prossimità della coda siano adatte a spiccare salti per catturare prede.

Esplorazioni in lungo e in largo

Prima di concludere la mia riflessione voglio rafforzare tre aspetti che sono alla base dell’insegnamento scientifico (e non solo),ricorrendo all’immagine mentale dell’esplorare “in lungo e in largo”. Ho già parlato di esplorazione e di curricolo verticale, ma mi fa piacere associarli adesso anche a una visione trasversale che chiama in causa anche altre discipline.

L’esplorazione non è altro che l’approccio ai problemi, un’azione di ricerca che si sviluppa in varie direzioni, di cui due mi appaiono privilegiate per fare cultura: la continuità nel tempo (lungo, in questo caso dà l’idea di una durata che si protrae per tutto l’arco del I ciclo d’istruzione) e l’attraversamento di vari ambiti disciplinari (largo,suggerisce un ampliamento di vedute e il superamento di barriere culturali) .

Mentre l’indagine per problemi si sta diffondendo nell’insegnamento, non mi pare di poter dire altrettanto delle “estensioni” in lungo e in largo.

Per osservare non basta attivare tutti i canali percettivi (i nostri strumenti naturali),servono anche le parole adatte per descrivere le proprietà percepite e la conoscenza degli ordinatori logici del testo descrittivo, servono in pratica competenze linguistiche.

A questo punto diventa utile e necessario coinvolgere l’insegnante di lettere per  costruire un percorso specifico,  sperimentarlo incompresenza, in pratica procedere “in lungo e in largo” anche per passare il messaggio che le materie scolastiche hanno bisogno di interagire e dialogare tra loro:anche la geografia, la storia, la tecnologia, l’arte contribuiscono ad ampliare la visuale con le connessioni che permettono di fare.

Conoscere ad esempio la storia della scoperta dei microrganismi, o gli esperimenti che hanno permesso di superare teorie errate come ad esempio quella della generazione spontanea o che hanno portato a conquiste come la vaccinazione, fa comprendere quanto possa essere lungo, difficile, rigoroso, il cammino della scienza e mette in guardia da idee estemporanee e posizioni negazioniste.

Fondamentali sono le connessioni con la matematica, più facili da individuare e gestire in quanto rientrano a pieno titolo nell’insegnamento delle Scienze. Utilissimo il campo sterminato dei dati statistici per analizzare e prevedere fenomeni, per dare significato ai grafici. Utilissimo per imparare a leggere e interpretare diversi tipi di grafici, leggere e interpretare fenomeni come ad esempio quello dei cambiamenti climatici che ci colloca al centro di un cambiamento epocale unico, articolato in molteplici aspetti5. Ecco che i numeri e le loro rappresentazioni diventano il riferimento irrinunciabile per spiegare le tante “crisi” che avvertiamo intorno a noi e ci permettono di individuarne le interconnessioni. Si farà strada la convinzione che solo su basi scientifiche saremo in grado di assumere comportamenti non autodistruttivi.

Conclusioni

Nel fare scienze nel primo ciclo d’Istruzione quello che più conta non sono tanto le conoscenze, ma gli atteggiamenti e i processi di pensiero: porsi interrogativi e imparare a smontare la complessità individuando componenti, processi, relazioni, isolando le questioni senza però perdere di vista il loro legame con altri elementi del sistema e campi del sapere. Si tratta poi di ragionare attorno a organizzatori del pensiero scientifico quali: diversità, cambiamento, interazione, adattamento, macroscopico, microscopico….e  per questo ogni essere vivente è uno scrigno ricolmo di opportunità didattiche.

Sono consapevole di averne colte solo alcune, ma l’idea di fondo era sottolineare come un’attività possa diventare esemplaredal punto di vista metodologico e come taletrasferibile in altri contesti, su altri “oggetti”, non solo viventi.Certo è che si deve fare i conti con i diversi punti di vista di genitori e anche di colleghi che non condividono la scelta di dedicare molto tempo a ragionare su un solo ambiente o su alcuni alberi o pesci. Fortunatamente i ragazzi comprendono che andare oltre la superficialità dà un grande potere e se all’inizio fanno una gran fatica, alla fine riconoscono di poter affrontare il nuovo senza timore perché possiedono gli strumenti cognitivi per farlo. Tanto basta per ripagare anche la fatica dell’insegnante.

1. https://www.naturalmentescienza.it/NATrivista/NATURALMENTE%20tutto.mp4

2.https://www.miur.gov.it/documents/20182/51310/DM+254_2012.pdf

3. https://www.isprambiente.gov.it/it/attivita/formeducambiente/educazione-ambientale/progetti-ed-iniziative-1/posidonia-spiaggiata-una-risorsa-ambientale

4.https://www.msn.unipi.it/wp-content/uploads/2015/09/Presentazione-Simone-Farina-PESCI-PARTE-2.pdf

Articolo di: Lucia Stelli, socia di Semi di Scienza ed ex insegnante di matematica e di scienze

]]>
http://www.semidiscienza.it/2023/12/09/insegnare-biologia-nella-scuola-secondaria-di-primo-grado/feed/ 0
Pi-Day… in cucina! http://www.semidiscienza.it/2023/03/14/pi-greco-day/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=pi-greco-day http://www.semidiscienza.it/2023/03/14/pi-greco-day/#respond Tue, 14 Mar 2023 09:43:16 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2317


Avreste mai immaginato quanta matematica ci può essere dietro una pizza?

Dall’incontro tra un matematico amante della pizza (Marco Reho) e un fisico amante della cucina (Tommaso Pecchioli) un omaggio al Pi greco nel suo giorno… il 3.14!

Per approfondimenti su questa costante matematica leggi questo articolo.

Buona visione e buon appetito!

]]>
http://www.semidiscienza.it/2023/03/14/pi-greco-day/feed/ 0
Pi-Day http://www.semidiscienza.it/2022/03/14/pi-day/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=pi-day http://www.semidiscienza.it/2022/03/14/pi-day/#respond Mon, 14 Mar 2022 14:36:53 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=1590

Anche quest’anno, il 14 di marzo, o 3/14/2022 come direbbero gli americani, è il π – day. Ma cos’è questo numero, e perché i matematici ci tengono tanto? Sarà la solita cosa da nerd che appassiona solo pochi e non serve a niente? Vediamo di conoscere meglio questo numero, poi a ognuno il proprio giudizio.

Con la lettera greca π (pi greca o pi greco) si indica un numero irrazionale e trascendente, cioè, detto con parole comprensibili, un numero decimale, illimitato e non periodico che non può essere scritto sotto forma di frazione. Il fatto di essere trascendente significa poi che π non è soluzione di nessuna equazione polinomiale a coefficienti razionali. Insomma è un numero con la virgola che fa un po’ quello che gli pare.

In diversi hanno provato a trovare una formula che permettesse di calcolarlo e qualcuno ci è anche riuscito.

Ne sono un esempio:

  • la serie di Gregory-Leibniz  : π/4 = 1/1 + 1/3 + 1/5 + 1/7 + 1/9 …
  • il prodotto di Wallis   : π/2 = 2/1 * 2/3 * 4/3 * 4/5 * 6/5 * 6/7* …

Ben più noti i tentativi di ottenerne una relazione nella geometria, dove π rappresenta per esempio il rapporto tra la lunghezza di una circonferenza e quella del suo diametro, oppure il rapporto tra l’area del cerchio e il quadrato del suo raggio:

π = C ∕d

π = Ar²

Questo significa che se adagiamo su una circonferenza il suo diametro ci sta poco più di 3 volte, per l’esattezza π volte; se poi vediamo quante volte l’area del quadrato costruito su un raggio è contenuto nell’area del cerchio che genera, anche qui otterremo π volte.
Dalle due formule scritte in precedenza possiamo inoltre ottenere, proprio grazie a π, anche la relazione tra la circonferenza e l’area del cerchio:

C = A*2 / r

A= c / 2 * r

Pi greco compare anche nella misura degli angoli: π radianti è infatti la misura di un angolo di 180°. Questo è conseguenza diretta della definizione di radiante: un angolo al centro di una circonferenza ha l’ampiezza di 1 radiante se stacca sulla circonferenza stessa un arco di lunghezza pari al raggio. Siccome il diametro è contenuto nella circonferenza π volte, il raggio sta π volte nella semicirconferenza (che è l’arco corrispondente a un angolo al centro di 180°).

La relazione di Eulero, una delle più affascinanti equazioni della matematica, vede coinvolte 5 costanti matematiche, tra cui, neanche a dirlo, π :

e+ 1 = 0

Dove:

  • e è la costante di Giovanni Nepero (da bravi italiani traduciamo tutto, nomi compresi; in realtà il matematico scozzese che ha introdotto e agli inizi del ‘600 si chiamava John Napier);
  • i è chiamata unità immaginaria: è quel numero il cui quadrato vale -1 e ci permette di calcolare le radici con indice pari dei numeri negativi ampliando l’insieme dei numeri reali. Per esempio: ²√ -4 = ²√4* ( -1) = ²√4 * ²√ -1 = ± 2i

Per secoli i matematici provarono a far quadrare i conti e a quadrare il cerchio. Dei due tentativi, il secondo non andò mai a buon fine. Nel 1882, dopo secoli di tentativi, ipotesi e congetture, fu finalmente dimostrato che non è possibile ottenere con riga e compasso un quadrato che abbia la stessa area di un cerchio assegnato. Il motivo di questo fallimento è sempre riconducibile a π: il quadrato cercato dovrebbe avere lato l = r ²√π , ma essendo π un numero trascendente, questa operazione non si può eseguire con riga e compasso.

Vediamo infine un metodo statistico per il calcolo di π, cioè il problema dell’ago di Buffon. Non il portierone italiano ma George-Luis Leclerc conte di Buffon che nel XVIII secolo propose il seguente problema:

Si supponga di lasciar cadere un ago corto su un foglio a righe. Qual è la probabilità che l’ago venga a trovarsi in una posizione tale da incrociare una delle righe?

Per calcolare tale probabilità p si deve sicuramente tener conto della distanza d tra le righe del foglio e della lunghezza l dell’ago (si andrà a supporre che l≤d in modo che un ago non possa intersecare contemporaneamente due righe):

p = 2* l / π * d

Utilizzando la definizione classica, possiamo definire la probabilità di un evento E come il numero dei casi favorevoli al verificarsi di E diviso per il numero dei casi possibili. Nel nostro caso il numero dei casi possibili è il totale dei lanci effettuati T, mentre i casi favorevoli sono i soli aghi che hanno intersecato una riga l. Possiamo quindi andare a ricavare in modo sperimentale una buona approssimazione di π:

π = 2* l * T / d * l

Ciò che abbiamo elencato ci permette di avere un’idea di quanto sia speciale questo numero che da secoli appassiona matematici e non solo con la sua presenza costante in molti ambiti scientifici.

Questo breve scritto nasce senza alcuna pretesa né illusione di raccontare in modo esaustivo le caratteristiche di pi greco, ma con la sola volontà di incuriosire i lettori e giustificare, almeno in parte, l’annuale tributo.

Autore: Marco Reho – vicepresidente

]]>
http://www.semidiscienza.it/2022/03/14/pi-day/feed/ 0
L’ENIGMA di Turing http://www.semidiscienza.it/2021/01/11/lenigma-di-turing/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=lenigma-di-turing http://www.semidiscienza.it/2021/01/11/lenigma-di-turing/#respond Mon, 11 Jan 2021 15:55:28 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=1233 di Marco Reho

La crittologia è quel ramo della matematica che si inserisce nel contesto della trasmissione delle informazioni con l’obiettivo di creare nuovi sistemi di protezione (crittografia) e di forzare quelli esistenti (crittanalisi).

Oggi tutta la protezione delle informazioni passa attraverso il pc e la rete internet ed è proprio grazie alla crittografia che le nostre transazioni bancarie o i nostri acquisti online risultano sicuri.

Durante la Seconda guerra mondiale, invece, la segretezza delle comunicazioni belliche era affidata a degli apparecchi dal funzionamento meccanico. Queste macchine venivano chiamate cifrari a rotore per la presenza di cilindri rotanti al loro interno e venivano utilizzate sia per cifrare il messaggio che per decifrarlo. Ovviamente la presenza fisica della macchina era, come direbbero i matematici, “condizione necessaria ma non sufficiente“ per poter decifrare il messaggio: senza conoscere il corretto settaggio della macchina, infatti, era praticamente impossibile decifrare un messaggio intercettato.

La macchina a rotori più famosa è stata sicuramente la tedesca ENIGMA, che fu ideata nella sua prima versione agli inizi degli anni ‘20 e la cui popolarità è dovuta al fatto che la sua forzatura da parte degli Alleati pare abbia influito notevolmente sull’esito della guerra stessa.

A decifrare ENIGMA fu Alan Turing, un matematico britannico che ha anche permesso a me di scrivere questo articolo e a Semi di Scienza di pubblicarlo, essendo l’inventore della prima forma di intelligenza artificiale che ha poi portato alla scoperta del computer: la macchina di Turing.

La macchina ENIGMA

Ma non è di intelligenza artificiale che voglio parlare in questo articolo. Torniamo quindi a ENIGMA.

A guardarla bene somiglia molto a una vecchia macchina da scrivere. Il nucleo fondamentale è composto da 3 rotori che venivano scelti tra 5 disponibili e andavano inseriti con una sequenza precisa all’interno della macchina. Ogni rotore poteva ruotare su se stesso 26 volte e la posizione di partenza era prefissata.

Un’altra semplice (paradossalmente!), ma infinitamente importante, complicazione della macchina ENIGMA era costituita dai collegamenti: 20 delle 26 lettere dell’alfabeto inglese erano infatti collegate a coppie e, manco a dirlo, tutti i collegamenti venivano sistematicamente cambiati a ogni settaggio.

Ogni volta che una lettera veniva digitata sulla tastiera iniziava il suo percorso all’interno della macchina: in particolare veniva cambiata dai collegamenti, da ogni rotore, e poi ancora una volta dai collegamenti, dopodiché i rotori compivano una rotazione in modo alternato e non tutti contemporaneamente per modificare la lettera successiva in modo diverso. Con questo meccanismo lettere uguali potevano venire cifrate in lettere diverse e questo complicava decisamente il lavoro di un crittanalista.

I collegamenti tra le lettere
Il percorso di ogni lettera

Facciamo ora due conti. Quante sono le combinazioni totali della macchina ENIGMA?

· Iniziamo dai rotori: ne dobbiamo inserire 3 tra i 5 in dotazione. Per la prima posizione abbiamo quindi 5 possibili scelte, per la seconda 4 e per la terza 3: in totale 5x4x3=60 possibilità;

· Ciascun rotore inserito doveva essere fatto ruotare fino a raggiungere la posizione desiderata. Le possibili rotazioni erano quante le lettere dell’alfabeto inglese, quindi 26 per ogni rotore: in totale 26x26x26=17.576 possibilità;

· Ora veniamo ai collegamenti – che coinvolgevano solo 20 delle 26 lettere totali, collegate in 10 coppie. Non contava l’ordine delle connessioni (cioè A->F era la stessa cosa di F->A) e non importava nemmeno l’ordine con cui le coppie erano inserite nella macchina: in totale 150.738.274.937.250 combinazioni (vi risparmio la formula…).

Il numero totale delle combinazioni di ENIGMA? Basta moltiplicare i numeri ottenuti precedentemente:

60 x 17.576 x 150.738.274.937.250 =

158.962.555.217.826.360.000

Dimenticavo: il settaggio di ENIGMA veniva modificato ogni giorno secondo un preciso schema e ciò rendeva impossibile decifrare in tempi utili un messaggio intercettato.

Alan Turing riuscì a decifrare ENIGMA grazie all’utilizzo di una macchina enorme e molto rumorosa chiamata per l’appunto bomb machine che aveva il compito di provare più combinazioni contemporaneamente. Il matematico britannico, oltre a progettare la bomb machine la velocizzò inserendo dei collegamenti elettrici e sfruttò il punto debole di ENIGMA: ogni lettera non veniva mai cifrata in se stessa.

Questo permise alla bomb machine di scartare moltissime combinazioni, a Turing di decifrare il codice sovietico e agli Alleati di avere un notevole vantaggio nel corso della Seconda guerra mondiale. Di questo, però, nei libri di storia non c’è quasi mai traccia… purtroppo.

Alan Turing è stato un grande matematico che nella sua breve e travagliata vita ha dato all’umanità dei contributi importantissimi di cui noi tutti oggi beneficiamo ma che solo pochi saprebbero attribuire a lui.

Alan Turing (1912-1954)

“Il ragionamento matematico può essere considerato piuttosto schematicamente come l’esercizio di una combinazione di due capacità, che possiamo chiamare intuizione e ingegnosità.“

—  Alan Turing

]]>
http://www.semidiscienza.it/2021/01/11/lenigma-di-turing/feed/ 0
SuperEnalotto…chi ha vinto? http://www.semidiscienza.it/2019/09/14/superenalottochi-ha-vinto/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=superenalottochi-ha-vinto http://www.semidiscienza.it/2019/09/14/superenalottochi-ha-vinto/#respond Sat, 14 Sep 2019 21:59:09 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=642 Martedì 13/08/2019 per un fortunato lodigiano è stato un giorno indimenticabile, uno di quei giorni che ti cambiano letteralmente la vita: 209.160.441€ vinti in un solo colpo e con un semplice biglietto da 2€!

Il SuperEnalotto è davvero una lotteria fantastica! Giocare costa poco, basta 1€ e si vince spesso, molto spesso. È sufficiente indovinare 2 numeri tra i 6 estratti per vincere un premio e la probabilità che questo accada è di 1 su 22
Pensate a una partita di calcio: se tutti i giocatori in campo decidessero di partecipare alla lotteria, uno di essi (mediamente) vincerebbe il premio minimo…mica male! Al diminuire poi della probabilità aumenta il premio in denaro fino ad arrivare al Jackpot milionario che ci si aggiudica indovinando tutti i 6 numeri estratti. E questo avviene con probabilità di 1 su 622.630.614.
Ma questo numero è grande? Ma grande quanto? Considerate un comune smartphone alto circa 14cm e supponete di averne 622.630.614 tutti uguali, tra i quali c’è il vostro. Disponeteli sulla linea dell’equatore consecutivamente l’uno all’altro: farete più di due volte il giro della terra. Adesso immaginate di far girare il nostro pianeta come se fosse un mappamondo e ad un certo punto di fermarlo e scegliere uno degli smartphone. Ecco, fare 6 al SuperEnalotto ha la stessa probabilità di aver ritrovato così il vostro smartphone. 
Insomma, vincere al SuperEnalotto non è un evento impossibile, ma è molto, molto e molto probabile che a vincere non sarete voi.

Ma veniamo al dunque, ora la matematica ci viene in soccorso. Quanto valgono i premi? I premi in palio dipendono da quanti giocatori ci sono, anzi, dall’incasso delle giocate, cioè da quanto i giocatori spendono ad ogni estrazione. Infatti solo il 60% dell’incasso costituisce il montepremi e viene ripartito tra i vari premi nel seguente modo:

  • il 40% a chi indovina 2 numeri 
  • il 12,8% a chi indovina 3 numeri
  • il 4,2% a chi indovina 4 o 5 numeri
  • il 13% a chi indovina 5 numeri e il numero jolly
  • il 17,4% a chi indovina 6 numeri
  • il restante 8,4% viene riservato ai premi istantanei

È evidente come la grande maggioranza dei premi siano destinati a vincite basse che hanno però una maggiore probabilità di verificarsi. Questo accorgimento, tipico del gioco d’azzardo, aumenta l’affezione del pubblico giocante e fortifica le loro speranze di successo.

Se più giocatori indovinano la stessa quantità di numeri, il premio viene suddiviso in parti uguali (se lo ricorderanno bene i 70 giocatori che il 30/10/2010 si divisero i 177.729.043,16€ del jackpot in parti di 2.538.986,33€). 

Il 40% dell’incasso finisce invece nelle tasche dell’Agenzia delle Entrate (28,27%), delle ricevitorie (8%) e della Sisal (3,73%), come mostrato nel seguente grafico.

Questa quindi la ripartizione complessiva di tutto l’incasso delle giocate:

Curiosando sul sito superenalotto.it, tra “utilissime” statistiche dei numeri più frequenti, di quelli meno frequenti e dei cosiddetti ritardatari, si possono trovare molte estrazioni passate e ho deciso di fare qualche conto. Il jackpot milionario, cioè il premio assegnato a chi indovina tutti i 6 numeri, non veniva vinto dall’estrazione del 17/04/2018 con oltre 130 milioni di euro. Nell’estrazione successiva (due giorni dopo) il jackpot era di 23.832.123€ ed è cresciuto fino ai 209.160.441€ poi vinti il 13/08/2019. In questo intervallo temporale (dal 19/4/2018 al 13/8/2019) il jackpot è cresciuto di 185.328.318€, che, come detto in precedenza, corrisponde al 17,4% del montepremi. 
Questo significa che in circa 16 mesi sono stati giocati al SuperEnalotto 1.775.175.459,78€ … quasi 2 miliardi di euro in soli 16 mesi!

Tenendo conto della percentuale spettante all’Agenzie delle Entrate è quindi facile calcolare che ben 501.842.102,48€ sono finiti nelle casse dello Stato. A questa somma si deve aggiungere una trattenuta fiscale dell’8% per tutte le vincite fino a 500€, e del 12% sulla quota eccedente i 500€ (che solo per l’ultima vincita milionaria corrisponde a 25.099.192,92€!)…insomma in totale circa il triplo della cifra vinta dall’ultimo fortunato giocatore. 

Chi ha vinto quindi al SuperEnalotto?

Prof. Marco Reho 

]]>
http://www.semidiscienza.it/2019/09/14/superenalottochi-ha-vinto/feed/ 0