Plastica – Semi di Scienza http://www.semidiscienza.it Sat, 17 Aug 2024 19:23:26 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.8.10 http://www.semidiscienza.it/wp-content/uploads/2019/01/cropped-Semi-di-scienza-1-32x32.png Plastica – Semi di Scienza http://www.semidiscienza.it 32 32 Lotta ai rifiuti di plastica sulle spiagge toscane: intervista con Tosca Ballerini http://www.semidiscienza.it/2024/08/02/intervista-con-tosca-ballerini/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=intervista-con-tosca-ballerini http://www.semidiscienza.it/2024/08/02/intervista-con-tosca-ballerini/#respond Fri, 02 Aug 2024 18:31:49 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=2872 In questa intervista abbiamo il piacere di parlare con Tosca Ballerini, scienziata e giornalista, nonché coordinatrice del progetto “Profili Antropici – La plastica come misura del nostro tempo”

Profili Antropici è un progetto di citizen science per quantificare i rifiuti antropici su tre spiagge della Toscana. Questo progetto, realizzato da Semi di Scienza in collaborazione con Sons of the Ocean, ha utilizzato il protocollo della Strategia Marina Europea per lo studio del marine litter, coinvolgendo 55 cittadini e analizzando i rifiuti in modo scientifico. I risultati sulle quantità e tipologie di macro rifiuti più abbondanti sulle spiagge toscane mostrano molte somiglianze con le spiagge a livello europeo.

Che cosa è il progetto Profili antropici?

Il progetto Profili Antropici nasce nel periodo della pandemia da Covid-19. È un’iniziativa di citizen science finalizzata alla quantificazione dei rifiuti antropici presenti su tre spiagge della Toscana. Per questo progetto abbiamo utilizzato il protocollo di raccolta e categorizzazione della Strategia Marina europea.

Il progetto è stato realizzato da Semi Di Scienza in collaborazione con un’altra associazione chiamata Sons of the Ocean e finanziato dall’8×1000 della Chiesa Valdese. Anche le amministrazioni dei comuni coinvolti ci hanno supportato durante il progetto, concedendoci il loro patrocinio. Io sono stata la coordinatrice del progetto, e hanno collaborato con me Yuri Galletti di Semi di Scienza e Daniela Tacconi di Sons of the Ocean. Insieme abbiamo scelto le zone di campionamento e abbiamo formato 55 cittadini che hanno partecipato al progetto. Durante le attività di raccolta e classificazione dei rifiuti, uno di noi era sempre presente per supervisionare e supportare i partecipanti.

Tra novembre 2022 e luglio 2023 abbiamo raccolto e classificato 11.237 rifiuti su tre spiagge toscane (Bocca di Serchio a Marina di Vecchiano, Cala del Leone a Livorno, Lillatro a Rosignano Marittimo). In ciascuna spiaggia abbiamo individuato un sito di campionamento e abbiamo svolto tre monitoraggi seguendo il protocollo della Strategia marina europea.

Abbiamo analizzato i rifiuti maggiormente presenti sulle spiagge e confrontato i nostri dati con quelli a livello europeo, inclusi quelli forniti dall’Agenzia europea dell’ambiente. Il nostro rapporto ha confermato le tendenze riscontrate a livello europeo, evidenziando tra i rifiuti più comuni mozziconi di sigaretta, bottiglie di plastica per bevande, tappi e coperchi in plastica, bastoncini di plastica per cotton fioc e pacchetti di patatine / incarti per dolciumi. In totale, nove oggetti su dieci erano di plastica, e quattro oggetti su dieci oggetti in plastica monouso secondo la direttiva europea sulle plastiche monouso. In tutti i siti e durante tutti i monitoraggi abbiamo osservato una quantità di rifiuti molto più grande della soglia di 20 rifiuti / 100 m di spiaggia indicata dalla Strategia marina per il buono stato ambientale (Good Environmental Status, GES). 

Questo tipo di dati è fondamentale per fare advocacy a livello comunale, cioè promuovere l’adozione di atti amministrativi per regolare in maniera efficace i rifiuti che più comunemente finiscono abbandonati in natura e nelle zone urbane. 

I risultati di Profili Antropici sono stati presentati al Decimo Simposio Internazionale “Il Monitoraggio Costiero Mediterraneo: problematiche e tecniche di misura” tenutosi a Livorno dal 11 al 13 giugno 2024. Lo studio completo sarà pubblicato negli atti del congresso. Per saperne di più visita questo articolo.

Classificazione dei rifiuti durante il primo monitoraggio a Bocca di Serchio, Marina di Vecchiano (Pisa). Da sinistra: Yuri Galletti, Tosca Ballerini, Daniela Tacconi.

Durante il progetto avete collaborato con i comuni. Puoi dirci qualcosa?

Uno degli obiettivi del progetto Profili Antropici era anche collaborare con le amministrazioni comunali dei tre comuni interessati, per capire cosa possono fare loro a livello locale. Le amministrazioni comunali sono infatti vicine ai cittadini e possono essere degli attori nel cambiamento necessario per ridurre o far scomparire il monouso di oggetti in plastica da quelle applicazioni dove esistono valide alternative come il riuso. 

Vuoi approfondire l’argomento della plastica monouso?

Molta attenzione va prestata alle cosiddette “regrettable substitutions”, che vietano un prodotto monouso in plastica tradizionale, ma ne consentono o addirittura promuovono l’utilizzo se fatto in altri materiali monouso, senza prendere in considerazione gli impatti ambientali di tali materiali alternativi né la loro possibile tossicità. Penso ad esempio al passaggio dall’acqua venduta in bottiglie di plastica monouso all’acqua venduta in cartoni di plastica monouso. Non ha senso da un punto di vista ambientale. Oppure il grande problema delle plastiche con caratteristiche di biodegradabilità e compostabilità, conosciute con il nome commerciale di “bioplastiche”. Ci sono delle applicazioni in cui usare un materiale plastico con caratteristiche di biodegradabilità e compostabilità ha dei vantaggi ambientali ed economici, come ad esempio i sacchetti per il conferimento dell’umido per quello che riguarda i rifiuti domestici. In altri casi invece, il passaggio da una plastica convenzionale a una “bioplastica” sposta semplicemente un problema da un materiale ad un altro, senza ridurre gli impatti ambientali come il littering. È questo il caso di tutti i prodotti monouso vietati dalla Direttiva europea sulle plastiche monouso (piatti, stoviglie, bastoncini per cotton fioc) che però sono ancora ammessi in Italia a causa di un recepimento difforme della direttiva stessa.

A livello internazionale gli interventi attuali non sono sufficienti per contenere l’inquinamento da plastica. È urgente ridurre la produzione di plastica primaria attraverso azioni a monte. La promozione del riuso è una delle azioni più importanti che possiamo fare. In questo senso, i comuni possono contribuire sviluppando strategie integrate che includono appalti pubblici, esemplarità e animazione territoriale.

Nel progetto Profili Antropici abbiamo dunque  identificato le misure ambientali già messe in atto dai tre comuni della costa toscana e abbiamo indicato altre possibili misure per ridurre l’inquinamento da plastica nei comuni coinvolti.

Hai trovato delle difficoltà?

No, devo dire che è stato molto piacevole lavorare sia con Yuri e Daniela, che con le amministrazioni comunali perché fin dall’inizio sono state interessate al progetto. Spero che potremo continuare con il progetto Profili Antropici nel futuro.

Quali sono i punti di forza del progetto Profili Antropici?

Uno dei principali punti di forza del progetto Profili Antropici è stato coinvolgere fin dall’inizio vari tipi di stakeholder, inclusi i cittadini. Molti cittadini già partecipavano alle pulizie delle spiagge, quindi erano già sensibili all’argomento dell’inquinamento da plastica, ma spesso dopo le operazioni di pulizia buttavano via i rifiuti raccolti. Noi, invece, ci siamo concentrati sulla catalogazione dei rifiuti, creando l’opportunità di discutere su come evitare che questi oggetti diventino rifiuti in primo luogo. 

Quindi abbiamo aumentato la consapevolezza dei partecipanti.

Un altro punto di forza è l’uso del metodo scientifico, seguendo il protocollo indicato dagli esperti della Strategia Marina Europea.

Non amo colpevolizzare il consumatore per l’abbandono dei rifiuti, poiché questa strategia è stata portata avanti dalle multinazionali per incolpare il cittadino e evitare l’applicazione da parte dei legislatori del principio della responsabilità estesa del produttore (EPR). Secondo questo principio, il produttore è responsabile degli imballaggi che mette in commercio anche dopo che sono diventati rifiuti. Questo principio è incluso nella legislazione europea, ma è ancora applicato in maniera troppo debole perché il contributo ambientale pagato attualmente dai produttori  non copre tutti  costi legati agli impatti dei rifiuti prodotti. 

Il progetto è terminato? Ci sarà una “seconda edizione”?

Attualmente, il progetto è concluso, ma abbiamo la volontà di proseguire. Stiamo cercando nuovi finanziatori e partner per espandere il nostro progetto, coinvolgendo altre amministrazioni e gruppi di associazioni. 

Ci piacerebbe formare altre associazioni che al momento si concentrano sulle pulizie delle spiagge senza raccogliere dati e che vogliono fare un passo in avanti, partecipando a questa categorizzazione rigorosa che consente di produrre dati scientifici.

Abbiamo anche sottomesso un nuovo progetto di citizen science sulla plastica ai Valdesi, questa volta rivolto alle scuole. Speriamo che venga approvato, poiché sarebbe complementare al lavoro svolto con le amministrazioni comunali.

Come ti ha arricchito personalmente il progetto?

Mi sono divertita molto a lavorare su questo progetto, e credo sia fondamentale che il lavoro che si fa piaccia. 

Sono orgogliosa perché nonostante fosse un piccolo progetto, siamo riusciti a fare una pubblicazione scientifica. Penso che i risultati che abbiamo ottenuto siano molto importanti per due motivi, primo perché abbiamo prodotto dei dati scientifici inediti per queste tre spiagge della Toscana e secondo per il rapporto di fiducia e collaborazione instaurato con le tre amministrazioni che cercheremo di portare avanti.

Questo progetto, secondo me, è un ottimo esempio di come si possa fare scienza al di fuori del mondo accademico.

Abbiamo parlato del progetto. Vuoi dirci qualcosa sulla tua vita personale e lavorativa?

Mi sono laureata in Scienze Naturali all’Università degli Studi di Firenze e ho fatto un dottorato di ricerca in Scienze Polari all’Università degli Studi di Siena. Ho poi lavorato in ambito accademico negli Stati Uniti e in Francia. 

Nel 2014 ho conseguito anche un diploma in giornalismo scritto e multimediale. 

Sono arrivata ad occuparmi dell’inquinamento da plastica un po’ per caso, grazie ad Expédition MED, un’associazione francese che organizza laboratori di citizen science a bordo di una barca a vela per studiare l’inquinamento da microplastiche in mare. 

Per quattro anni, ho lavorato come coordinatrice scientifica per questa associazione. Parallelamente a queste attività di citizen science, ho iniziato a interessarmi all’inquinamento da plastica anche dal punto di vista giornalistico, focalizzandomi su cosa possiamo fare per ridurre l’inquinamento da plastica. 

Per il magazine Materia Rinnovabile ho scritto sugli impatti delle plastiche in mare, sulla direttiva europea sulle plastiche monouso e su come questa è stata applicata in Italia. Ho cominciato a scrivere sui sistemi di deposito cauzionale per i contenitori di bevande, diventando quest’ultimo un mio elemento di specializzazione. 

Come giornalista, ho seguito anche il Regolamento europeo imballaggi e  rifiuti da imballaggio, e sto seguendo le negoziazioni internazionali per un trattato globale sulla plastica.

Tra le altre cose, attualmente, collaboro con la campagna nazionale italiana “A Buon Rendere – Molto più di un vuoto“, sostenuta, tra gli altri, anche da Semi di Scienza. Questa campagna promuove l’introduzione di un sistema di deposito cauzionale per i contenitori di bevande, applicando il principio del “chi inquina paga” sia all’industria che al consumatore. Se un consumatore non gestisce correttamente l’oggetto a fine vita, perde la cauzione. Ritengo che sia fondamentale avere leggi ambientali efficaci, e che sia responsabilità della nostra generazione farle attuare.

Durante lo svolgimento del progetto “Pelagos Plastic Free“, finanziato dal Santuario Pelagos dei Cetacei e condotto da Expédition MEd e Legambiente Italia, ho conosciuto Yuri Galletti, presidente dell’associazione Semi di Scienza, ed è lì che è stato messo a dimora il primo seme di Profili Antropici.

Approfondisci il progetto e leggi il confronto tra l’inquinamento sulle coste della Toscana e l’inquinamento a livello europeo.

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Profili Antropici – confronto con i Comuni http://www.semidiscienza.it/2024/05/01/profili-antropici-confronto-con-i-comuni/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=profili-antropici-confronto-con-i-comuni http://www.semidiscienza.it/2024/05/01/profili-antropici-confronto-con-i-comuni/#respond Wed, 01 May 2024 17:17:46 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=2782 Recentemente si è concluso il progetto di Citizen Science “Profili Antropici– La plastica come misura del nostro tempo”, finanziato dall’8 per Mille Chiesa Valdese, di cui Semi di Scienza è capofila e Sons of The Ocean di Livorno partner. Abbiamo quantificato i rifiuti abbandonati su tre spiagge caratterizzate da diverse condizioni ambientali. I risultati preliminari sono stati condivisi con le tre amministrazioni comunali direttamente coinvolte nel progetto (Livorno, Vecchiano e Rosignano Marittimo).

Sabato 4 maggio 2024 continueremo a parlarne insieme all’esperto Paolo Azzurro (ANCI Emilia Romagna) per individuare alcune misure di regolamentazione che possono essere adottate dagli amministratori locali, al fine di prevenire la dispersione della plastica.

L’incontro si terrà presso la sala della biblioteca dei Bottini dell’Olio a Livorno, il giorno 4 maggio dalle ore 10:00 alle ore 11:15. Sarà aperto a tutta la cittadinanza, non solo agli addetti ai lavori.

Sarà un momento di condivisione e racconto di un’esperienza di Citizen Science e di possibili azioni politiche concrete in un clima partecipativo e collaborativo.

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“Profili Antropici”: risultati del progetto http://www.semidiscienza.it/2023/12/31/si-e-concluso-il-progetto-di-citizen-science-profili-antropici/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=si-e-concluso-il-progetto-di-citizen-science-profili-antropici http://www.semidiscienza.it/2023/12/31/si-e-concluso-il-progetto-di-citizen-science-profili-antropici/#respond Sun, 31 Dec 2023 16:23:31 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2635

Si è concluso il progetto di Citizen Science “Profili Antropici”, finanziato dall’8 per Mille Chiesa Valdese, grazie al quale abbiamo quantificato i rifiuti abbandonati su tre spiagge caratterizzate da diverse condizioni ambientali e di utilizzo da parte dei cittadini lungo la costa toscana e individuato possibili misure di regolamentazione che possono essere adottate dagli amministratori locali.

Le tre spiagge monitorate sono state Bocca di Serchio (Marina di Vecchiano, PI), Cala del Leone (LI), Lillatro (Rosignano, LI).

La maggior parte dei rifiuti trovati sono oggetti o frammenti di oggetti in plastica, e a ogni campionamento e in ogni spiaggia è stata superata la soglia precauzionale della Strategia marina europea per il buono stato ecologico: 20 rifiuti /100m.

L’inquinamento tossico da rifiuti di plastica mina la salute umana, contribuisce alla perdita di servizi ecosistemici e culturali e genera cambiamenti ambientali dannosi su larga scala e a lungo termine, mettendo a rischio la sostenibilità degli ecosistemi marini e costieri. Per essere affrontato, richiede l’adozione di misure normative a livello internazionale, nazionale e locale. L’identificazione degli oggetti maggiormente presenti nel marine litter è essenziale per definire le priorità delle politiche ambientali al fine di prevenire la dispersione della plastica e promuovere un’economia circolare.

Abbiamo condiviso i dati raccolti nell’ambito del progetto Profili Antropici con le tre amministrazioni comunali (Marina di Vecchiano, Livorno, Rosignano) e sottomesso un abstract per la X edizione del Simposio Internazionale “Il Monitoraggio Costiero Mediterraneo: problematiche e tecniche di misura” organizzato dall’Istituto di BioEconomia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IBE) in collaborazione con la Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale (SISEF), che si terrà a Livorno dall’11 al 13 Giugno 2024 presso il Museo di Storia Naturale del Mediterraneo.

Di seguito i risultati del progetto in forma sintetica:

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DDL SALVAMARE: TRAGUARDI E OBIETTIVI MANCATI DELLA LEGGE CONTRO I RIFIUTI IN MARE* http://www.semidiscienza.it/2022/05/26/ddl-salvamare-traguardi-e-obiettivi-mancati-della-legge-contro-i-rifiuti-in-mare/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=ddl-salvamare-traguardi-e-obiettivi-mancati-della-legge-contro-i-rifiuti-in-mare http://www.semidiscienza.it/2022/05/26/ddl-salvamare-traguardi-e-obiettivi-mancati-della-legge-contro-i-rifiuti-in-mare/#respond Thu, 26 May 2022 17:31:47 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=1678

di Tosca Ballerini

L’11 maggio il Senato ha approvato in via definitiva il cosiddetto “Ddl Salvamare” che prevede una gestione semplificata dei rifiuti accidentalmente pescati senza aggravio di costi e responsabilità per i pescatori e riconosce il ruolo delle associazioni ambientaliste nello svolgimento di campagne di pulizia del mare e delle acque interne.
Il Ddl però non pone un freno alla cattiva gestione delle foglie spiaggiate di Posidonia oceanica, aprendo al pericolo dello smaltimento come rifiuto di questa importante biomassa che è invece fondamentale per la protezione della biodiversità costiera e la protezione delle coste dall’erosione.

Un successo per il WWF

Il cosiddetto “Ddl Salvamare” sulla gestione dei rifiuti accidentalmente pescati è stato approvato in via definitiva dal Senato l’11 maggio dopo un lungo iter parlamentare iniziato nel 2019. Nell’Art. 2 prevede una gestione semplificata dei rifiuti accidentalmente pescati che sono stati riconosciuti come rifiuti urbani e possono essere conferiti a titolo gratuito presso gli impianti portuali, senza un aggravio di costi e responsabilità per i pescatori.
Questo riconoscimento è un successo per WWF Italia, che a tal fine dal 2019 ha portato avanti, in sinergia con le associazioni di categoria dei pescatori, un’intensa attività di interlocuzione con le forze parlamentari e con il Governo. Precedentemente, infatti, l’interpretazione del Ministero dell’Ambiente era che i rifiuti accidentalmente pescati fossero equiparati ai rifiuti delle navi, per i quali invece sono previste modalità di conferimento e rendicontazione specifiche, nonché il pagamento di una imposta. WWF ha dunque lavorato sul recepimento della Direttiva Europea 2019/883 sul conferimento dei rifiuti delle navi, avvenuto con il D. Lgs. 197/2021 (dove i rifiuti delle navi sono separati dai rifiuti accidentalmente pescati), e ora espressamente richiamato anche nel testo del Ddl Salvamare.
Domenico Aiello, avvocato Responsabile tutela giuridica della Natura WWF Italia, dice a Materia Rinnovabile che la Legge Salvamare era “necessaria per risolvere il problema interpretativo, ma poteva essere scritta meglio. Adesso deve essere applicata e il soggetto che dovrà applicarla avrà un problema interpretativo perché il testo del’Art. 2 non è chiaro”. Al comma 1 dell’Art. 2 infatti, i rifiuti accidentalmente pescati sono ancora equiparati come rifiuti delle navi, è solo al comma 5 e 6 che sono definite modalità di conferimento e che vengono equiparati ai rifiuti urbani. L’avvocato spiega inoltre che, se non fosse stato per l’interpretazione non corretta della Direttiva Europea 2019/883, non sarebbe stato necessario scrivere una nuova legge, perché la formulazione del Codice dell’ambiente era già di per sé idonea a equiparare i rifiuti accidentalmente pescati ai rifiuti urbani. Durante le audizioni in Parlamento il WWF aveva infatti fatto proposta emendativa dell’art. 183 del Testo Unico Ambientale dove sono definiti i rifiuti urbani. Sarebbe bastato aggiungere dopo “rifiuti di qualunque natura o provenienza […] sulle spiagge marittime” le parole “e i rifiuti accidentalmente pescati” e si sarebbero evitate incertezze interpretative.
Tuttavia, ricorda l’avvocato, il Ddl Salvamare è importante perché istituzionalizza le campagne di pulizia di rifiuti e riconoscere il ruolo delle associazioni ambientaliste (Art. 3 del Ddl), oltre a prevedere le raccolte di rifiuti lungo i fiumi (Art. 6). I rifiuti raccolti durante le campagne di pulizia e sui fiumi potranno essere conferiti con le stesse modalità dei rifiuti accidentalmente pescati.

Ora servirebbero sgravi fiscali per i pescatori

È d’accordo che non sarebbe stata necessaria una nuova legge per consentire ai pescatori di riportare a terra i rifiuti incidentalmente raccolti in mare Gianfranco Amendola, ex magistrato ed esperto in normativa ambientale. “La principale cosa che non è esatta [attorno alla discussione sul Ddl Salvamare] è che si diceva che i pescatori erano costretti a ributtare a mare i rifiuti pescati incidentalmente perché rischiavano una sanzione per trasporto non autorizzato di rifiuti speciali. Ma questo non è vero quando si riferiva a rifiuti accidentalmente pescati”, spiega l’ex magistrato, che in passato aveva proposto di risolvere il problema di tali rifiuti tramite delle ordinanze specifiche da parte dei comuni.
Secondo Amendola il problema adesso è di vedere quanto tempo ci vorrà prima che la legge diventi operativa e dice a Materia Rinnovabile che “ci vorrebbero soldi per i comuni e sgravi fiscali per i pescatori da dare subito, in funzione di quanti rifiuti portano a terra.
Sauro Pari, presidente di Fondazione Cetacea e da anni impegnato in progetti di Fishing for litter con i pescatori tramite progetti europei come Clean Sea Life e Marles, accoglie con favore l’approvazione del Ddl Salvamare e dice a Materia Rinnovabile che si potrebbe pensare di prevedere un minimo di rimborso spese per i pescatori, che i giorni in cui non vanno a pesca potrebbero andare a pescare rifiuti”.

E le microfibre?

Secondo WWF Italia è “incomprensibile” la soppressione dell’art.12 introdotto durante il precedente esame al Senato, poi eliminato nel passaggio alla Camera, prima di passare nuovamente al Senato per l’approvazione definitiva del DDL. L’articolo recava disposizioni in materia di prodotti che rilasciano microfibre volte in particolare a prescrivere obblighi di etichettatura per i prodotti tessili o di abbigliamento che rilasciano microfibre al lavaggio.
“Pensiamo che sarebbe stato molto utile dal punto di vista dell’informazione al cittadino, che avrebbe potuto scegliere di lavare i capi sintetici che rilasciano microfibre a mano invece che in lavatrice” dice Aiello. “Non dobbiamo tutelare il mare solo dalle macroplastiche, perché anche le microfibre sono un problema molto serio”. Secondo uno studio sulla rivista scientifica Marine Pollution Bullettin, per un carico di lavaggio medio di 6 kg potrebbero essere rilasciate nelle acque di scarico oltre 700mila microfibre a lavaggio, rappresentando una fonte importante di inquinamento da microplastiche per gli ambienti acquatici.

Per salvare il mare: dal Plastic Free al Plastic No More

“Il nome della legge è molto bello. Ma in realtà è solo un nome. Chi è che non vuole salvare il mare? Veniamo dal mare, respiriamo il mare. È una cosa bellissima. Hanno trovato un nome semplice, banale ed efficace” dice a Materia Rinnovabile Silvio Greco, biologo marino e dirigente di ricerca alla Stazione Zoologica A. Dohrn, che per 24 anni ha condotto ricerche scientifiche sulle specie ittiche a bordo di pescherecci. “Noi abbiamo sempre raccolto rifiuti di plastica. Il problema è che si raccolgono bottiglie, sedie, teloni, rifiuti di grandi dimensioni, tutti oggetti che rientrano in quelle che chiamiamo macroplastiche. Il problema è che non possiamo rimuovere in alcun modo le microplastiche e le nanoplastiche, che ormai si trovano nel corpo degli organismi viventi. Le persone dovrebbero sapere questo” dice il ricercatore, ricordando che vari tipi di polimeri plastici e di additivi a essi associati sono stati ritrovati non solo nelle feci, ma anche nella placenta, nel sangue, e nei polmoni della nostra specie.
“Il modo per risolvere il problema dei rifiuti plastici è semplice: smettere di produrre nuovi oggetti in plastica. Dobbiamo passare dal Plastic Free al Plastic No More” dice il ricercatore. “Dobbiamo evitare assolutamente che la plastica arrivi a mare. Per evitare che arrivi al mare dobbiamo abbandonare il monouso. Se non riduciamo la produzione di plastica e non aumentiamo il riutilizzo non arriveremo mai a risolvere il problema dell’inquinamento da plastica”. Secondo Greco l’Italia dovrebbe anche “fare chiarezza” sul recepimento della Direttiva europea sulle plastiche monouso SUP, nel quale ha introdotto esenzioni per alcuni prodotti monouso prodotti con bioplastiche con caratteristiche di biodegradabilità e compostabilità. Un recente studio scientifico condotto dal Consiglio Nazionale delle Ricerche assieme ad altri partner conferma studi precedenti che avevano mostrato che anche le bioplastiche si degradano lentamente nell’ambiente naturale, con tempi molto più lunghi di quelli che si verificano in condizioni di compostaggio industriale.

La posidonia oceanica: un tesoro ecologico, non un rifiuto

L’Art. 5 del Ddl Salvamare include norme in materia di gestione delle biomasse vegetali spiaggiate. WWF Italia nota che permangono delle importanti lacune sulla gestione delle biomasse vegetali, perché non viene posto freno alla cattiva gestione delle cosiddette banquette, cioè gli accumuli sulle spiagge di foglie morte di posidonia oceanica.
La posidonia oceanica è una pianta marina endemica del Mediterraneo, che svolge un ruolo ecologico chiave per la produzione di ossigenosequestro del carbonio, creazione di habitat riproduttivi per le specie ittiche. Lo spiaggiamento delle foglie di posidonia oceanica è un fenomeno naturale e le banquette sono strutture naturali che contribuiscono alla costruzione dell’habitat dunale e proteggono le coste dall’erosione. Sono tutelate ai sensi del Protocollo relativo alle Aree Specialmente Protette e alla Biodiversità del Mediterraneo, sottoscritto dall’Italia nell’ambito della Convezione di Barcellona per la protezione del Mediterraneo dai rischi dell’inquinamento. “Gli emendamenti sulla gestione delle biomasse vegetali sono stati introdotti in fasi successive della discussione del Ddl rispetto al nostro coinvolgimento iniziale nel 2019 per la definizione di rifiuti urbani, e come WWF Italia non siamo stati coinvolti”, precisa l’avvocato Aiello.
“La gestione delle foglie spiaggiate di posidonia oceanica è già disciplinata da linee guida di ISPRA e in generale si deve stare attenti a non considerarle come dei rifiuti, perché invece sono importantissime per prevenire l’erosione costiera”Secondo il legale il testo dell’art. 5 non è chiaro e questo è “preoccupante” perché la sua interpretazione consente di aprire in maniera molto forte allo smaltimento delle banquette, in quanto l’articolo dice che se ne ha la facoltà. Per ragioni di tempo può essere più conveniente per le amministrazioni comunali rimuovere le foglie spiaggiate invece che gestirle secondo le Linee Guida per la Spiaggia Ecologica redatte da ISPRA, spiega Aiello.
Il WWF auspica che questi punti siano oggetto di successivi interventi del legislatore, con l’obiettivo di dare concreta attuazione ai nuovi principi costituzionali di tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.

*articolo apparso precedentemente su https://www.renewablematter.eu/

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Accordo sulla plastica: ora serve ridurre i livelli insostenibili di produzione e consumo* http://www.semidiscienza.it/2022/03/09/accordo-sulla-plastica-ora-serve-ridurre-i-livelli-insostenibili-di-produzione-e-consumo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=accordo-sulla-plastica-ora-serve-ridurre-i-livelli-insostenibili-di-produzione-e-consumo http://www.semidiscienza.it/2022/03/09/accordo-sulla-plastica-ora-serve-ridurre-i-livelli-insostenibili-di-produzione-e-consumo/#respond Wed, 09 Mar 2022 08:35:02 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=1585 Il 2 marzo la quinta Assemblea dell’Ambiente delle Nazioni Unite (UNEA5) ha raggiunto un accordo storico e concordato un mandato per negoziare un trattato legalmente vincolante che affronti l’intero ciclo di vita della plastica, dall’estrazione di petrolio e gas, alla produzione e smaltimento post-consumo. Un Comitato Internazionale di Negoziazione (INC) sarà incaricato di redigere e ratificare il trattato entro il 2024.

Ambiente, clima e salute: gli obiettivi del patto sulla plastica

Secondo l’accordo raggiunto dalle parti, il trattato coprirà l’inquinamento da plastica in ogni ambiente, terrestre e marino, e sarà accompagnato da un sostegno finanziario e tecnico, compreso un organismo scientifico che lo consiglierà. Il Comitato Internazionale di Negoziazione potrà aggiungere nuovi argomenti rilevanti che non sono stati discussi o che hanno ricevuto poca attenzione nei negoziati attuali, come gli impatti sul clima, le sostanze tossiche e la salute. Il mandato riconosce, per la prima volta in una risoluzione ambientale, i raccoglitori di rifiuti come importanti fonti di conoscenza e competenza il cui coinvolgimento sarà vitale per risolvere la crisi da rifiuti di plastica. Questo rappresenta un progresso innovativo per una transizione equa che avrà un impatto sulla vita di milioni di persone.
L’aspetto più significativo del mandato è quello di raccomandare misure per promuovere la produzione e il consumo sostenibili delle materie plastiche, compresi, tra l’altro, la progettazione dei prodotti e la gestione ecologica dei rifiuti, anche attraverso approcci di efficienza delle risorse e di economia circolare. A oggi la produzione di plastica è destinata a quasi quadruplicare entro il 2050 e a occupare il 10-13% del bilancio globale del carbonio, mettendo in pericolo la possibilità di contenere il riscaldamento terrestre entro 1,5°C.

In cerca di soluzioni vere per ridurre la produzione di plastica

Nei mesi e nei giorni precedenti l’UNEA5, la società civile ha mostrato un sostegno schiacciante per un trattato globale e vincolante sulla plastica, che è stato chiesto da oltre 1000 gruppi della società civile, 450 scienziati che lavorano sull’inquinamento da plastica, e più di un milione di individui in tutto il mondo. Così come nel caso di altre sfide ambientali globali quali la perdita di biodiversità e il cambiamento climatico, la causa di fondo del problema dell’inquinamento da plastica è radicata negli attuali livelli insostenibili di produzione e consumo. Un trattato che metta delle restrizioni sulla produzione, l’uso o il design della plastica avrà un impatto sulle compagnie petrolchimiche che producono plastica vergine, e sui giganti dei beni di consumo che vendono migliaia di prodotti in imballaggi monouso. Durante le fasi di negoziazione del trattato sarà necessario continuare con la pressione della società civile per evitare che l’industria tenti di inserire false soluzioni e annacquare il trattato.


Il trattato dovrà promuovere la ricerca e lo sviluppo di soluzioni innovative di riuso, ricarica, tradizionali e senza plastica, assicurando una base di prove sufficiente per evitare sostituzioni deplorevoli tra oggetti in plastica monouso e oggetti monouso fatti di altri materiali. Materiali alternativi ai polimeri plastici tradizionali possono infatti avere anch’essi impatti negativi sulla biodiversità e contribuire al riscaldamento terrestre tramite le emissioni durante il loro ciclo di vita. Le decisioni su come ridurre l’inquinamento da plastica dovranno essere basate su solide prove scientifiche.


L’inquinamento che deriva dalla sovrapproduzione di plastica è irreversibile. A causa dei suoi effetti tossici mette in pericolo la salute umana, contribuisce alla perdita di biodiversità, e aggrava il cambiamento climatico. Un trattato globale sulla plastica che aderisca al mandato dell’UNEA5 si unirebbe al protocollo di Montreal e all’Accordo di Parigi come una delle leggi ambientali internazionali più significative nella storia del mondo. Il lavoro è appena iniziato.

Autrice: Tosca Ballerini – membro del consiglio direttivo di Semi di Scienza

*articolo apparso precedentemente su Materia Rinnovabile

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Esplorare il mondo della plastica ai tempi delle scuole medie http://www.semidiscienza.it/2021/06/28/esplorare-il-mondo-della-plastica-ai-tempi-delle-scuole-medie/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=esplorare-il-mondo-della-plastica-ai-tempi-delle-scuole-medie http://www.semidiscienza.it/2021/06/28/esplorare-il-mondo-della-plastica-ai-tempi-delle-scuole-medie/#respond Mon, 28 Jun 2021 12:27:55 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=1428 In questo anno di seconda media, con l’aiuto delle nostre professoresse di italiano, storia e geografia (Prof.ssa Aiello) e di matematica e science (Prof.ssa Siniscalchi), abbiamo fatto diversi laboratori riguardanti le tematiche ambientali.

In particolare ci siamo occupati della plastica sotto tutti i punti di vista, dalla sua importanza nelle nostre vite ai suoi impatti nell’ambiente naturale.
Per lavorare al meglio ci siamo divisi in cinque gruppi da tre o quattro persone e ci siamo assegnati diverse tematiche: 1) l’impatto ambientale della plastica; 2) l’impatto della plastica sui mari e sugli oceani; 3) l’evoluzione della plastica e le bioplastiche; 4) le soluzioni pratiche a scuola e nella società; 5) la storia e l’utilità della plastica.
Abbiamo scoperto che la plastica è un materiale ubiquitario, che si trova ormai ovunque e che, se abbandonata, può provocare dei danni all’ambiente e alle specie animali. Non riciclare correttamente può portare infatti a danni irreversibili come l’inquinamento del mare da microplastiche che vengono poi ingerite dagli animali marini con gravi conseguenze sulla loro salute.

Abbiamo inoltre intervistato il rappresentante di un’azienda toscana, la Revet, che si occupa del riciclo della plastica per capire qual è il percorso di questo materiale una volta conferito nell’apposito contenitore del multimateriale.

Un momento molto importante è stato quando abbiamo potuto presentare il nostro lavoro agli studenti di prima media. Abbiamo infatti creato dei cartelloni con il contenuto delle nostre ricerche. Sono venuti molto colorati e spiegarli alla prima è stata un’esperienza nuova e divertente. Le abbiamo mostrate in giardino, distanziati per seguire le norme anti-Covid.  

Negli ultimi anni ci stiamo rendendo conto dei rischi che stiamo correndo e stiamo cercando di trovare vie più sostenibili per far funzionare la nostra società, rendendo le persone più consapevoli e informate sui danni causati dagli impatti antropici. Ognuno di noi può dare un contributo, anche piccolo. Anzitutto dobbiamo fare attenzione a fare la raccolta differenziata e cercare di riciclare il più possibile. Un’altra azione efficace potrebbe essere quella del riuso degli oggetti, plastica compresa laddove sia possibile.

Noi pensiamo che questo laboratorio sull’ecologia sia stato molto importante e istruttivo, ci ha insegnato che bisogna rispettare e salvaguardare la natura e tutte le sue specie, che l’ambiente è molto importante, che non bisogna inquinarlo, e che bisogna cercare di proteggerlo perché è il luogo in cui viviamo, in cui dobbiamo crescere e in cui un domani dovranno crescere i nostri figli.

Autori: le ragazze e i ragazzi della classe 2°A (a.s. 2020-2021) della scuola secondaria di primo grado di Riglione dell’I.C. Gamerra di Pisa.

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Mascherine (e guanti): una nuova ripartenza o la solita vecchia storia? http://www.semidiscienza.it/2020/05/11/mascherine-e-guanti-una-nuova-ripartenza-o-la-solita-vecchia-storia/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=mascherine-e-guanti-una-nuova-ripartenza-o-la-solita-vecchia-storia http://www.semidiscienza.it/2020/05/11/mascherine-e-guanti-una-nuova-ripartenza-o-la-solita-vecchia-storia/#respond Mon, 11 May 2020 16:23:36 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=950

All’inizio del mese di aprile è uscito sul «manifesto» un bell’articolo di Angel Luis Lara [1], tradotto da Pierluigi Sullo dallo spagnolo e comparso originariamente sul quotidiano indipendente online «El Diario» pochi giorni prima, alla fine di marzo.

È un articolo che dice cose ragionevoli, condivisibili, di cui anche i più “distratti” hanno una qualche cognizione. Al suo interno si traccia brevemente la storia, anche scientifica, che ha portato “in tempi non sospetti” (2016 e anche diversi anni prima) a identificare rischi e pericoli di uno spillover, cioè di un salto di specie da animali a esseri umani. E ovviamente tanta parte della colpa è quella che, come specie, sappiamo di avere: lo sfruttamento intensivo delle risorse, la sempre più spinta erosione degli ecosistemi insieme a un’altra serie di concause, hanno creato le condizioni ideali perché tutto ciò che è avvenuto, finora, avvenisse. È un “mantra” che molti di noi hanno ascoltato, ma l’articolo pone poi l’accento, alla fine, su quella che dovrebbe essere vista (anche) come una reale occasione per cambiare:

“Un giornalista si è avventurato qualche giorno fa ad offrire una risposta sull’origine del Covid-19: “Il coronavirus è una vendetta della natura”. Al fondo non gli manca una ragione. Nel 1981 Margaret Thatcher depose una frase per i posteri che rivelava il senso del progetto cui lei partecipava: “L’economia è il metodo, l’obiettivo è cambiare l’anima”. La prima ministra non ingannava nessuno. Da tempo la ragione neoliberista ha convertito ai nostri occhi il capitalismo in uno stato di natura. L’azione di un essere microscopico, tuttavia, non solo sta riuscendo di arrivare anche alla nostra anima, ma ha spalancato una finestra grazie alla quale respiriamo l’evidenza di quel che non volevamo vedere. Ad ogni corpo che tocca e fa ammalare, il virus reclama che tracciamo la linea di continuità tra la sua origine e la qualità di un modo di vita incompatibile con la vita stessa. In questo senso, per paradossale che sembri, affrontiamo un patogeno dolorosamente virtuoso. La sua mobilità aerea sta mettendo allo scoperto tutte le violenze strutturali e le catastrofi quotidiane là dove si producono, ossia ovunque. Nell’immaginario collettivo comincia a diffondersi una razionalità di ordine bellico: siamo in guerra contro un coronavirus. Eppure sarebbe forse più esatto pensare che è una formazione sociale catastrofica quella che è in guerra contro di noi già da molto tempo. Nel corso della pandemia, le autorità politiche e scientifiche dicono che sono le persone gli agenti più decisivi per arginare il contagio. Il nostro confinamento è inteso in questi giorni come il più vitale esercizio di cittadinanza. Tuttavia, abbiamo bisogno di essere capaci di portarlo più lontano. Se la clausura ha congelato la normalità delle nostre inerzie e dei nostri automatismi, approfittiamo del tempo sospeso per interrogarci su inerzie e automatismi. Non c’è normalità alla quale ritornare quando quello che abbiamo reso normale ieri ci ha condotto a quel che oggi abbiamo.

Ecco, quest’ultima frase è quella su cui dovremmo riflettere a livello collettivo. Come ha affermato Churchill: «L’era della procrastinazione, delle mezze misure, degli espedienti lenitivi e sconcertanti, dei ritardi sta per concludersi. Al suo posto stiamo entrando in un periodo di conseguenze». Anzi, aggiungerei, ci siamo già entrati – ma Churchill scriveva quello che scriveva per altre ragioni e nel 1936, quindi è scusato.

E invece? Invece i segnali sono tutti contrari: nessuno, tra quelli che contano, sembra aver riflettuto abbastanza nei due mesi di lockdown, sul modo in cui viviamo e anzi: si invoca da più parti una ripartenza “più forte di prima”. In un paese come il nostro dove ci sono 62 auto ogni 100 abitanti (avete letto bene: e gli abitanti sono da zero agli ultracentenari e il dato è relativamente vecchio perché è del 2017[2]) e siamo i primi in Europa (verrebbe da dire: per stupidità), sui telegiornali nazionali si intervistano… i venditori di auto che non hanno battuto chiodo nel primo trimestre di quest’anno (5mila auto vendute in tutto, a fronte delle 175mila nello stesso periodo dello scorso anno).

Poi ci sono le mascherine e i guanti: un’industria fiorente in questo periodo, verrebbe da dire, ma che vuole essere industria a tutti i costi. Facciamo un calcolo terra terra. Mettiamo che, dei 60 milioni di italiani, quotidianamente solo la metà abbia la necessità di utilizzare una sola mascherina e un solo paio di guanti al giorno. Vi sembra ragionevole? Diciamo che lo è anche se non lo è. Mettiamo che questa giusta precauzione debba essere esercitata, per legge, per i prossimi 6 mesi. Sei mesi sono la metà di un anno, ovvero 183 giorni per 30 milioni di italiani fanno 5 miliardi e 490 milioni di mascherine e altri 5 miliardi e 490 milioni di paia di guanti. Ho fatto il “conto della serva”, ma stiamo parlando di quantità difficili da immaginare. E anche di un discreto numero di euro – per l’esattezza 2 miliardi e 745 milioni se mascherina + guanti costassero 0,5 euro. Ma se constassero anche solo 0,3 euro stiamo comunque parlando di un miliardo e 647 milioni di euro. Una bella torta da spartire, soprattutto se l’orizzonte sono 6 mesi.

Le persone poi, per un effetto psicologico comprensibile – anche se non è comprensibile né condivisibile il comportamento che ne segue – una volta fatta la spesa o usati i “dispositivi di protezione individuale”, temendo che siano infetti, cosa fa? Li butta a terra! Non ci credete? Queste sono alcune foto scattate a Pisa, in città. Che credo non sia però l’unica città in cui questo avviene.

Quattro giorni fa – un po’ tardi forse… ­– un giornale online di Rovigo, «Rovigo Oggi», pone la questione, mostra una foto scattata fuori da un supermercato e offre delle indicazioni “locali” (per la zona, fornite dall’azienda che si occupa dello smaltimento dei rifiuti urbani)[3].

Solo oggi, 11 maggio, il Ministero della Salute mette online un vademecum di come “trattare” quello che, una volta usato (i dispositivi di protezione individuali), diventa rifiuto: semplicemente buttare nell’indifferenziato[4].

Nella nota inoltre, per fortuna e meno male, si parla anche delle “mascherine di comunità”, vale a dire quelle mascherine prodotte (anche) artigianalmente e lavabili, ammesse, a patto che siano multistrato, con la funzione «di ridurre la circolazione del virus nella vita quotidiana» pur non essendo «soggette a particolari certificazioni. Non devono essere considerate né dei dispositivi medici, né dispositivi di protezione individuale, ma una misura igienica utile a ridurre la diffusione del virus SARS-COV-2». Ma grazie alle quali, forse, potremmo sperare di inquinare un po’ meno il mondo e di trasformare nel solito meccanismo del business as usual anche questa vicenda.

Luciano Celi

[1] Covid-19, non torniamo alla normalità. La normalità è il problema, «Il manifesto», 4 aprile 2020.

[2] https://www.ansa.it/canale_motori/notizie/analisi_commenti/2017/05/08/italia-prima-in-europa-nel-rapporto-tra-auto-e-abitanti_516357f7-6d1d-401a-b6c9-3fd4d2c2b0fc.html

[3] https://www.rovigooggi.it/n/98931/2020-05-07/mascherine-e-guanti-usati-non-vanno-buttati-a-terra

[4] http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioNotizieNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=4722

Clicca qua per scaricare la guida “Come indossare, utilizzare, togliere e smaltire le mascherine nell’uso quotidiano” a cura dell’ISS.

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Plastica in mare, soluzioni a terra http://www.semidiscienza.it/2019/09/14/plastica-in-mare-soluzioni-a-terra/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=plastica-in-mare-soluzioni-a-terra http://www.semidiscienza.it/2019/09/14/plastica-in-mare-soluzioni-a-terra/#respond Sat, 14 Sep 2019 12:59:58 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=631

Il 13 Settembre 2019, al Kykeon events lab a Pisa la nostra socia Tosca Ballerini, giornalista freelance, coordinatrice scientifica di Expedition MED, e esperta di plastisfera, ci ha raccontato lo stato attuale della plastica nei mari.

Tosca ha quantificato il problema e ha parlato dei possibili impatti sull’ecosistema marino e delle conseguenze sulla salute degli animali, umani inclusi. Tosca ha anche parlato delle tanto discusse bioplastiche, e ha descritto in modo dettagliato la direttiva europea che presto dovrebbe trasformarsi in legge nei paesi europei.

Perché, come ha sottolineato Tosca, va bene l’impegno del singolo individuo, ma prima occorre la volontà e l’impegno della governance nazionale e internazionale.

Vedi una parte dell’intervento di Tosca cliccando qua!!!

A presto con altri eventi!

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Un progetto di Citizen Science per lo studio della plastisfera del Mediterraneo http://www.semidiscienza.it/2019/08/06/un-progetto-di-citizen-science-per-lo-studio-della-plastisfera-del-mediterraneo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=un-progetto-di-citizen-science-per-lo-studio-della-plastisfera-del-mediterraneo http://www.semidiscienza.it/2019/08/06/un-progetto-di-citizen-science-per-lo-studio-della-plastisfera-del-mediterraneo/#respond Tue, 06 Aug 2019 09:10:08 +0000 http://www.semidiscienza.it/?p=611 Il Mare Mediterraneo rappresenta l’1% della superficie dell’oceano globale e lo 0,3% del volume. È un mare ricco in biodiversità: l’11% delle specie marine conosciute vive qui, tra cui balenottere comuni, capodogli, tursiopi, stenelle, globicefali e altre 15 specie di mammiferi marini, ovvero il 25% di tutte le specie di cetacei del mondo.

Però il Mediterraneo è anche molto impattato dalle attività umane: il 25% del traffico marittimo e il 30% del traffico petroliero mondiale passa da qui. Sulle sue rive si affacciano 23 paesi e il 30% dei turisti lo scelgono come destinazione di vacanza.

Secondo un rapporto del WWF pubblicato a giugno, ogni anno entrano nel Mediterraneo 0,57 milioni di tonnellate di plastica, una quantità equivalente a rilasciare in mare 33800 bottiglie di plastica ogni minuto.  Senza un’azione di contrasto da parte degli stati, la quantità di rifiuti plastici generati ogni anno quadruplicherà da qui al 2050.

Ricerche scientifiche hanno dimostrato che alla superficie del Mediterraneo c’è una delle più alte concentrazioni di microplastiche del globo: circa il 7% degli oltre 5 miliardi di frammenti plastici che galleggiano sugli oceani del globo si trovano qui, ovvero circa 4 volte di più che nel vortice del Pacifico Nord (conosciuto impropriamente come “isola di plastica del Pacifico”). Sui fondali del Mediterraneo ci sono centinaia di macro rifiuti per chilometro quadrato, per un totale di circa 500 milioni di oggetti, di cui il 50 – 70% sono in plastica.

Nel 2009 l’associazione francese Expédition MED (www.expeditionmed.eu) ha iniziato un laboratorio di Citizen Science per studiare l’inquinamento da microplastiche. Durante le campagne estive ogni settimana da 5 a 6 volontari partecipano ad una campagna di ricerca scientifica per raccogliere campioni di frammenti di rifiuti plastici che galleggiano alla superficie.

Per i prelievi utilizziamo una rete manta e conserviamo i campioni a bordo per vari tipi di studio: 1) conteggio dell’abbondanza totale dei frammenti plastici alla superficie del mare; 2) analisi chimica per determinare il tipo di polimero; 3) studio del DNA dei microorganismi che colonizzano la plastica, la cosiddetta plastisfera.
I nostri partener scientifici principali sono ricercatori dell’Istituto per la Ricerca Marina dei Paesi Bassi, l’Università di Mons in Belgio, l’Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) in Italia.

Quest’anno navighiamo su Free Soul, una barca a vela in acciaio di 17 metri e abbiamo un drone sottomarino che abbiamo vinto tramite la Science Exploration Education (S.E.E.) Initiative.

Per saperne di più sull’inquinamento da plastica nel Mediterraneo, la plastisfera e la vita su una barca a vela nell’ambito di un laboratorio di Citizen Science, potete seguire il blog della nostra campagna Sailing in the plastic sea (https://openexplorer.nationalgeographic.com/expedition/sailingintheplasticsea).

Tosca Ballerini, Ricercatrice e giornalista indipendente, specializzata in scienze, ambiente e analisi dati.

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