Inquinamento luminoso
La scarsa visione notturna degli esseri umani e la primitiva paura del buio si riflettono nella necessità di utilizzare la luce artificiale per illuminare il proprio ambiente. L’illuminazione per esterni senza dubbio contribuisce al miglioramento delle opportunità pratiche per gli sviluppi sociali ed economici.
Nell’ultimo mezzo secolo l’illuminazione delle città è aumentata esponenzialmente. Si pensa che in tutto il mondo siano presenti più di 100 milioni di punti luce, con un consumo annuo pari a circa 200TWh. Nei piccoli centri, l’illuminazione costituisce circa il 25% del bilancio, cioè il 50% della bolletta elettrica.
Al di là delle risorse finanziarie ed energetiche che assorbe, l’illuminazione artificiale degli spazi urbani inquina le nostre notti e così le stelle scompaiono. A parte questo, la comunità scientifica sta studiando gli impatti diretti e indiretti dell’illuminazione artificiale sulla biodiversità. L’adattamento biologico di tutte le specie animali alle condizioni di luce naturale si è evoluto nel corso di miliardi di anni. Diversi studi sperimentali hanno dimostrato che la luce artificiale disturba gli ecosistemi e potrebbe giocare un ruolo significativo nel declino di specie i cui ruoli, già indeboliti dalla presenza umana, non sono ancora del tutto conosciuti. Per fare un esempio, i cuccioli di tartaruga marina emergono dal nido di notte e usano segnali visivi per dirigersi verso l’orizzonte più luminoso e più basso; l’inquinamento luminoso notturno potrebbe alterare i segnali percepiti, disorientandoli. Ma anche gli invertebrati, che costituiscono la maggior parte della biodiversità sulla terra e sono vitali per gli ecosistemi, sono disturbati dalla luce artificiale. Luci UV, verde e blu, che hanno lunghezze d’onda corte e le alte frequenze, sono più visibili dalla maggior parte degli insetti e sono molto attraenti per loro. Anche per questo motivo, inizialmente, i lampioni LED non vennero considerati una buona alternativa ai lampioni tradizionali; emettevano soprattutto in luce blu.
Parallelamente, alcuni studi hanno recentemente dimostrato che la luce diffusa può avere effetti diretti o indiretti sulla salute umana e sull’umore; l’esposizione alla luce artificiale durante la notte inibisce la produzione di melatonina, problema associato all’incidenza di alcuni tumori al seno. In ogni caso, anche bassi livelli di illuminamento nella regione blu dello spettro della luce possono interrompere la secrezione di melatonina con effetti catastrofici sui cicli sonno-veglia. Inoltre, l’illuminazione artificiale può anche provocare abbagliamento notturno, che influisce sulla sicurezza della guida e dei pedoni.
Tuttavia, definire e misurare l’inquinamento luminoso non è ancora così facile. Come identificare l’equilibrio tra illuminazione utile e inquinamento luminoso? E come quantificare oggettivamente l’illuminazione per vedere se questo equilibrio viene raggiunto? Alcuni scienziati hanno sviluppato la cosiddetta metrica della scatola da scarpe che potrebbe rendere più facile quantificare, e quindi regolare, l’inquinamento luminoso. Il soprannome di “scatola da scarpe” si riferisce all’area rettangolare descritta dai piani verticale e orizzontale che circondano un sito. I ricercatori propongono che architetti e progettisti considerino la quantità di luce che lascia la scatola da scarpe lungo ogni piano come un modo per caratterizzare l’impatto luminoso di un sito. Esistono comunque già alcuni strumenti per la misura dell’illuminazione, come lo Sky Quality Meter, utilizzato per monitorare appunto l’inquinamento luminoso in Europa, e in tutto il mondo tramite il progetto di citizen science Globe at night.
Probabilmente quando pensiamo all’inquinamento luminoso ci vengono in mente le illuminazioni stradali delle grandi città. Tuttavia, un esperimento effettuato a Tucson, in Arizona, ha rilevato che solo il 20% della luce visibile da satellite deriva da lampioni, mentre ben l’80% è dovuto a sorgenti private, vetrine di negozi e impianti sportivi. Inoltre una parte è dovuta alla diffusione atmosferica, impossibile da eliminare.
Cosa possiamo fare quindi?
A parte l’ovvio spegnere le luci quando non ci servono, sarebbe utile adottare un’illuminazione LED e lampioni che illuminino in maniera precisa una certa zona, in maniera da non diffondere più luce del necessario e avere un’illuminazione funzionale. In questa direzione vanno anche le soluzioni di telecontrollo e illuminazione adattiva, che permettono una gestione intelligente degli impianti e un risparmio di oltre il 30% rispetto a soluzioni già LED. Magari pensiamo che l’illuminazione adattiva sia disponibile solo per le grandi città, ma in realtà alcune società come Philips e Ikea forniscono lampadine che si collegano al wireless di casa, controllabile tramite assistenti come Siri e Alexa. Ma esistono anche apparecchiature che si adattano automaticamente alla luce ambientale, minimizzando i consumi, come fanno alcune lampade Samsung. Quindi, anche nel nostro piccolo, possiamo fare qualcosa per questo problema, troppo spesso sottovalutato.
Bibliografia:
- Sustainable Lighting and Light Pollution: A Critical Issue for the Present Generation, a Challenge to the Future, Georges Zissis
- Switch On the Night: Policies for Smarter Lighting, Luz Claudio.
Autrice: Maila Agostini, socia attiva di Semi di Scienza, operatrice dell’Osservatorio Polifunzionale del Chianti.
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