Trattato globale sulla plastica: meglio un accordo debole o nessun accordo?

di Tosca Ballerini, articolo già pubblicato su Materia Rinnovabile: https://www.renewablematter.eu/trattato-globale-sulla-plastica-meglio-un-accordo-debole-o-nessun-accordo

Inizia oggi, 25 novembre 2024, a Busan, Corea del Sud, il quinto e ultimo ciclo di negoziati (INC-5) per un trattato globale sulla plastica che dovrebbe concludersi il 1° dicembre. Sono passati due anni e mezzo dallo storico accordo del 2 marzo 2022 con il quale la quinta Assemblea dell’ambiente delle Nazioni Unite (UNEA-5.2) ha richiesto al direttore esecutivo del Programma per l’ambiente (UNEP) delle Nazioni Unite di convocare un Comitato intergovernativo di negoziazione (INC) per sviluppare uno strumento giuridicamente vincolante che affronti l’intero ciclo di vita della plastica entro il 2024. Ma i punti di disaccordo tra i paesi continuano a essere più numerosi dei punti di convergenza e i rimanenti sette giorni di negoziati sembrano essere insufficienti per concludere un accordo efficace.

La posta in gioco è sapere se prevarranno gli obiettivi ambientali e la tutela della salute umana, tramite un accordo che affronti la proliferazione della plastica in tutte le fasi dalla produzione allo smaltimento come vorrebbe la High Ambition Coalition To End Plastic Pollution, oppure gli interessi economici delle industrie petrolchimiche e dei paesi produttori di plastica (autodefinitesi i Like-minded Countries) che si oppongono a un trattato che includa obiettivi ambiziosi che limiterebbero o ridurrebbero la produzione primaria di plastica e vorrebbero ridurre lo scopo dell’accordo alla gestione dei rifiuti. Nel mezzo tra i due gruppi si trovano gli Stati Uniti, che nel giugno 2024 avevano annunciato il loro sostegno alla riduzione della produzione di plastica, ma hanno fatto marcia indietro dopo le recenti elezioni americane.

Like-minded Countries, guidati da Arabia Saudita, Iran e Russia, hanno messo in atto tattiche per fare deragliare le negoziazioni in tutti i precedenti cicli di negoziati (INC-1 a Punta del Este; INC-2 a Parigi; INC-3 a Nairobi; INC-4 a Ottawa) e di fatto si è arrivati a INC-5 con un testo di negoziazione ufficiale (la cosiddetta Bozza Zero Rivista) che non può essere usato per le negoziazioni perché eccessivamente lungo e incomprensibile e con un documento informale proposto dal presidente dell’INC, l’ambasciatore Luis Vayas Valdivieso dell’Ecuador, in cui non è presente nessuna opzione relativamente a obblighi di riduzione della produzione di plastica primaria. 

I 67 paesi della High Ambition Coalition hanno riaffermato in una dichiarazione ministeriale congiunta in vista di INC-5 la loro volontà di concludere un accordo entro la fine del 2024, e così hanno fatto i leader delle principali economie del mondo con la dichiarazione del G20 di Rio de Janeiro. Ma tra gli osservatori c’è il dubbio che concludere un accordo che non sia ambizioso potrebbe essere controproduttivo.

Il pericolo di un approccio start & strengthen

Con l’avvicinarsi dei negoziati finali sul trattato sulla plastica, c’è una spinta per fissare obiettivi globali”, ha detto Hélionor de Anzizu, senior attorney al Center for International Environmental Law (CIEL). “Tuttavia, senza obblighi nazionali vincolanti, il trattato rischia di diventare un accordo stile Parigi. Basarsi esclusivamente su obiettivi generali può portare ad azioni frammentate, sfide commerciali e attriti tra i mercati ed è probabile che ritardi un impatto significativo.”

Nell’ultimo periodo, infatti, si è parlato di adottare un approccio start & strengthen (iniziare e poi rafforzare), che però secondo CIEL rischia di essere problematico in quanto spesso fissa degli obiettivi globali ma rinvia le azioni necessarie per raggiungerli al futuro, senza alcuna garanzia che queste azioni di rafforzamento avvengano poi effettivamente. Come esempio del fallimento di questo approccio, CIEL cita la Convenzione quadro sui cambiamenti climatici e l’Accordo di Parigi. Gli stati lasciati ad agire per conto proprio hanno creato un divario sostanziale tra lo scopo dell’accordo (limitare il riscaldamento terrestre entro i 2°C, e idealmente entro gli 1,5°C) e l’azione nazionale (i contributi determinati a livello nazionale NDCs che si sono rivelati insufficienti) che ha fatto sì che secondo le previsioni le temperature globali aumenteranno di 2,5°C/3,7°C entro il 2100.

“Una volta concordato il testo di un trattato, le decisioni della Conferenza delle Parti (COP) non hanno il potere di creare obblighi oltre il testo del trattato”, avverte CIEL. Infatti “le decisioni COP che possono creare nuovi obblighi sono gli emendamenti al testo del trattato o un nuovo protocollo, entrambi i quali necessitano la ratifica delle parti per entrare in vigore e spesso richiedono anni, se non decenni”.

Meglio una “coalizione dei volenterosi” al di fuori del processo negoziale dell’UNEP?

“Molti paesi sono determinati a ottenere un trattato veramente ambizioso, il che significa che deve includere un limite alla produzione di plastica”, spiega a Materia Rinnovabile Neil Tangri, direttore scientifico e politico della Global Alliance for Incinerator Alternatives GAIA. “Se i paesi spoiler frustrassero questo sforzo all’INC-5, ciò potrebbe causare un collasso dei negoziati. Un’altra possibilità è quella di abbandonare completamente [il processo di negoziazione all’interno dell’] UNEP, costringendo i paesi che vogliono risolvere il problema a negoziare con coloro che stanno cercando di vanificare i loro sforzi. I negoziati all’interno di una coalizione dei volenterosi sarebbero più rapidi, più produttivi e, in definitiva, più efficaci.”

Neil Tangri

Gli elementi chiave di un trattato efficace

“Un trattato efficace sulla plastica richiede l’attuazione di politiche lungo l’intero ciclo di vita della plastica”, ha detto a Materia Rinnovabile Tara Olsen, ricercatrice nella sezione Produzione, mercati e politica dell’Università di Copenaghen e membro della Scientists’ Coalition for an Effective Plastics Treaty. “Include l’attuazione di misure a monte per ridurre la produzione primaria di plastica (PPP). Ciò è particolarmente importante dato che secondo le previsioni dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) la produzione, l’uso e i rifiuti generati aumenteranno del 70% entro il 2040 rispetto al 2020. Riconoscendo le sfide scientifiche nel quantificare un obiettivo fisso di PPP a lungo termine, come la potenziale sottostima dei reali costi ambientali e socioeconomici, sottolineiamo l’importanza che l’obiettivo rimanga scientificamente informato e adattivo nel tempo per allinearsi con le più recenti scoperte scientifiche.”

Olsen è una dei quasi mille scienziati indipendenti che hanno firmato la Scientists’ Declaration for the Global Plastics Treaty, la cui versione aggiornata per INC-5 è stata resa nota sabato 23 novembre, chiedendo ai membri di INC di concordare un trattato globale ambizioso basato su prove scientifiche per porre fine all’inquinamento da plastica entro il 2040.

Tara Olsen

Secondo Andrés del Castillo, Senior Attorney a CIEL, e Lindsey Jurca Durland, Campaign Specialist a CIEL, oltre a un limite alla produzione di plastica con obiettivi nazionali obbligatori, gli elementi essenziali per un trattato sulla plastica efficace sono il divieto per sostanze chimiche tossiche preoccupanti, misure commerciali rivolte ai paesi che non ratificheranno l’accordo, meccanismi di governance che evitano di bloccare il processo a causa del consenso, meccanismi finanziari innovativi. I due esperti avvertono che durante le negoziazioni sarà necessario vigilare sulle tattiche di ritardo, l’influenza dell’industria (a INC-3 il numero dei lobbisti era superiore a quello dei delegati del G7, a INC-4 a quello dei delegati dell’UE e di 87 paesi messi insieme), il pericolo di compromessi al ribasso che sacrificano l’ambizione del trattato in nome della tempistica, oltre all’influenza del nuovo presidente degli Stati Uniti sul trattato.

La questione di quale sarebbe il migliore strumento legale internazionale per combattere l’inquinamento da plastica si è posta sin dall’inizio delle negoziazioni. Meglio concludere un trattato globale senza obblighi vincolanti (tipo Accordo di Parigi), oppure un trattato ambizioso con una massa critica di “stati volenterosi”, regole comuni e impegni vincolanti (cioè una convenzione specifica, come ad esempio la Convenzione di Minamata sul mercurio)? Come analizzato dal WWF “nel lungo periodo è solitamente più facile aumentare la partecipazione che modificare il testo di un trattato”.

Tramite il ricorso al consenso e al diritto di veto, nelle COP sul clima e nell’Accordo di Parigi gli interessi legati all’economia dei combustibili fossili hanno bloccato le azioni per contenere il riscaldamento terrestre. Questi interessi hanno prevalso ancora una volta nella COP29 che si è conclusa ieri, domenica 24 novembre, a Baku, in Azerbaijan. Il 99% della plastica è prodotto a partire da fonti fossili e gli stessi stati che hanno bloccato l’azione sul clima hanno lavorato sin dall’inizio per bloccare lo sviluppo di un trattato efficace contro l’inquinamento da plastica. Resta da vedere quali saranno durante INC-5 le mosse della “coalizione dei volenterosi”. 

Immagine: Mumtahina Tanni, Pexels

Dicembre 1, 2024

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