Buchi neri e “capelli soffici”: a spasso tra fisica teorica e sperimentale

di Luciano Celi – direttivo Semi di Scienza
I buchi neri sono da sempre tra gli oggetti più affascinanti e misteriosi dell’universo. Predetti dalla relatività generale di Einstein e osservati indirettamente attraverso i loro effetti gravitazionali, questi mostri cosmici continuano a sfidare la nostra comprensione della fisica. Uno dei problemi più profondi legati ai buchi neri è il cosiddetto paradosso dell’informazione, che mette in discussione la compatibilità tra la relatività generale e la meccanica quantistica. Negli anni scorsi un gruppo di scienziati, tra cui il compianto Stephen Hawking, ha proposto una soluzione innovativa a questo paradosso, introducendo il concetto di “soft hair” (letteralmente: capelli morbidi). Ma cosa significa tutto questo? E perché è così importante?
Il paradosso dell’informazione
Secondo la relatività generale, un buco nero è una regione dello spazio-tempo con un campo gravitazionale così intenso che nulla, nemmeno la luce, può sfuggirgli. Quando la materia o la radiazione cadono in un buco nero, sembrano scomparire per sempre, portando con sé l’informazione sul loro stato quantistico. Tuttavia, la meccanica quantistica afferma che l’informazione non può essere distrutta. Questo conflitto è noto come paradosso dell’informazione dei buchi neri.
Già negli anni ’70 del secolo scorso, Stephen Hawking dimostrò che i buchi neri non sono completamente “neri”, ma emettono una radiazione termica, chiamata radiazione di Hawking, che fa sì che il buco nero perda gradualmente massa e, alla fine, evapori. Già questo un po’ ci getta nello scompiglio: un oggetto che ha una massa talmente concentrata che… può evaporare. Vabbè, fidiamoci, perché le domande ancora più interessanti devono ancora arrivare. Questa radiazione infatti sembra essere completamente casuale e non contenere alcuna informazione sulla materia che è caduta nel buco nero. Questo ha portato alla domanda: dove va a finire l’informazione?
L’entropia dei buchi neri e la formula di Bekenstein-Hawking
Una delle intuizioni più importanti di Hawking è stata quella di collegare i buchi neri alla termodinamica. In particolare, ha dimostrato che l’entropia di un buco nero (una misura del disordine o dell’informazione contenuta) è proporzionale all’area del suo orizzonte degli eventi, secondo una formula – chiamata formula di Bekenstein-Hawking – che qui non proporremo. Ci basti sapere che questa formula suggerisce che i buchi neri non sono semplici oggetti gravitazionali, ma sistemi complessi che contengono e processano informazione.
I “soft hair” e i modi zero
Nel 2018, Hawking e i suoi collaboratori (Malcolm Perry, Andrew Strominger e Sasha Haco) hanno pubblicato un articolo intitolato Black Hole Entropy and Soft Hair, in cui hanno proposto una soluzione innovativa al paradosso dell’informazione. L’idea è che i buchi neri possano avere “soft hair”, ovvero sottili configurazioni di campi gravitazionali ed elettromagnetici vicino all’orizzonte degli eventi, che agiscono come una sorta di “memoria” del buco nero.
Questi “capelli morbidi” sono associati ai modi zero dei campi, ovvero configurazioni che non trasportano energia ma possono comunque codificare informazione. In pratica, quando la materia cade in un buco nero, lascia delle tracce nei modi zero, che potrebbero conservare l’informazione senza violare i principi della meccanica quantistica.
Calcoli mostruosi e il valore “12J”
Uno degli aspetti più affascinanti di questo lavoro è la complessità dei calcoli coinvolti. Gli scienziati hanno dovuto affrontare equazioni con oltre 1.000 termini, che inizialmente producevano risultati incoerenti: l’entropia del buco nero risultava essere zero o infinita, il che non ha senso fisico. Dopo un lungo e laborioso processo, il team è riuscito a trovare un valore chiave, indicato come “12J”, che ha permesso di risolvere queste incoerenze e ottenere un risultato fisicamente significativo. Un valore che, per i profani, ricorda un po’ la risposta fornita dal super computer (per molti aspetti simili alle recenti intelligenze artificiali che popolano il nostro mondo) presente nel romanzo di Douglas Adams Guida galattica per autostoppisti che, di fronte alla «domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto», risponde semplicemente «42».
Anche se il significato esatto del “12J” rimane un dettaglio tecnico, è chiaro che rappresenta un passo importante nella comprensione di come l’informazione viene conservata nei buchi neri. Questo risultato suggerisce che i “soft hair” e i modi zero potrebbero davvero giocare un ruolo chiave nella risoluzione del paradosso dell’informazione.
Il lavoro sperimentale di Silke Weinfurtner
Mentre la fisica teorica avanza con idee audaci come i “soft hair”, c’è anche un lato sperimentale che cerca di testare queste teorie in laboratorio. Una figura di spicco in questo campo è Silke Weinfurtner, ricercatrice all’Università di Nottingham, che guida un team che simula i buchi neri in laboratorio utilizzando modelli fisici in scala ridotta.
Weinfurtner e il suo gruppo lavorano con una grande vasca d’acqua in cui creano vortici e onde per studiare il comportamento dello spazio-tempo vicino a un buco nero. In particolare, osservano come le onde si propagano in presenza di un flusso vorticoso, che può essere paragonato all’orizzonte degli eventi di un buco nero. Quando le onde si avvicinano al vortice, alcune vengono “intrappolate” e non possono più sfuggire, proprio come la luce o la materia che cadono in un buco nero.
Questi esperimenti rientrano nel campo della gravità analogica, che esplora le somiglianze matematiche tra sistemi fisici apparentemente molto diversi, come i buchi neri e i fluidi in movimento. Anche se questi modelli non possono riprodurre esattamente i buchi neri reali, permettono di testare alcune previsioni teoriche in un contesto controllato.
Punti di contatto tra teoria e esperimento
Il lavoro di Weinfurtner e quello di Hawking e colleghi sono due facce della stessa medaglia. Da un lato, la teoria propone idee innovative come i “soft hair” per risolvere il paradosso dell’informazione; dall’altro, gli esperimenti di gravità analogica cercano di verificare se queste idee hanno un riscontro nella realtà fisica.
Ad esempio, i modi zero e i “soft hair” potrebbero avere analoghi nei sistemi fluidi studiati da Weinfurtner. Se questi effetti fossero osservati in laboratorio, ciò fornirebbe un supporto indiretto alle teorie di Hawking e colleghi. Inoltre, gli esperimenti potrebbero aiutare a identificare nuove proprietà dei buchi neri che non erano state previste teoricamente.
Implicazioni per la fisica teorica e sperimentale
Il lavoro di Hawking, Perry, Strominger, Haco e Weinfurtner non è solo una curiosità accademica, ma ha implicazioni profonde per la fisica teorica e sperimentale. Se i “soft hair” possono davvero conservare l’informazione, questo potrebbe aprire la strada a una teoria più completa della gravità quantistica, che unisca la relatività generale e la meccanica quantistica.
Inoltre, questi studi potrebbero avere applicazioni in altri campi della fisica, come lo studio delle onde gravitazionali o della cosmologia. I buchi neri, infatti, non sono solo oggetti esotici, ma laboratori naturali per testare le leggi fondamentali dell’universo.
In conclusione possiamo senz’altro dire che il paradosso dell’informazione nei buchi neri rimane uno dei problemi più profondi e affascinanti della fisica moderna. Grazie al lavoro pionieristico di Stephen Hawking e dei suoi collaboratori, siamo forse più vicini a una soluzione. I “soft hair” e i modi zero rappresentano una proposta audace e innovativa, che potrebbe rivoluzionare la nostra comprensione dei buchi neri e dell’universo stesso.
Allo stesso tempo, il lavoro sperimentale di ricercatori come Silke Weinfurtner dimostra che la fisica non è fatta solo di equazioni complesse, ma anche di creatività e ingegno nel trovare modi per testare queste idee in laboratorio. Anche se molti dettagli tecnici rimangono da chiarire, una cosa è certa: i buchi neri continuano a essere una fonte inesauribile di meraviglia e di domande, spingendo i confini della conoscenza umana sempre più in là.
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