La qualità dell’aria indoor: un tema da approfondire
Di: Matteo Bo, Politecnico di Torino e Circolo Legambiente “Il Platano” APS
Introduzione
Per chi è meno avvezzo alla materia, l’inquinamento atmosferico è prevalentemente associato ai blocchi del traffico che si verificano – con regolarità in numerose città italiane nei mesi più “rigidi” dell’anno – al superamento dei limiti giornalieri di particolato (PM10). A partire dagli anni 2000, la legislazione e le politiche internazionali (e nazionali) in materia si basano in prevalenza sulle reti di monitoraggio pubbliche dell’aria esterna. Sulla base dei dati raccolti giornalmente in alcuni punti del territorio, sono quindi adottate restrizioni normative e politiche d’azione di varia efficacia a tutela complessiva della salute della popolazione.
Soffermandosi maggiormente, pare evidente come la problematica della scarsa qualità dell’aria che respiriamo sia altresì frutto di un insieme di concause complesse quali: l’esistenza di una gamma di inquinanti nocivi per la salute dell’uomo; la presenza di sorgenti di emissione variabili nello spazio e nel tempo; la mutevolezza delle condizioni atmosferiche e ambientali in cui entriamo in contatto con l’aria inquinata; le caratteristiche individuali delle persone (età, sesso, altezza, stile di vita).
In questo contesto, la correlazione tra l’inquinamento in outdoor (aria esterna) e le ricadute sulla salute è stata ampiamente dimostrata (IARC, 2016). Tuttavia, le persone trascorrono la maggior parte del loro tempo (circa il 90%) in indoor, ovvero in ambienti chiusi (Brasche and Bischof, 2005). Per questo motivo, nonostante gli approcci tradizionali si riferiscano solitamente alle concentrazioni all’aperto, la valutazione delle concentrazioni negli ambienti indoor di lavoro e di vita è necessaria per valutare l’effettiva esposizione delle persone all’inquinamento atmosferico. In questa breve rassegna si riepilogano le principali caratteristiche dell’inquinamento indoor e si riassumono i principali risultati emersi dagli studi che hanno comparato le concentrazioni di particolato atmosferico in indoor e outdoor.
L’inquinamento indoor
La qualità dell’aria interna (IAQ) è definita come la condizione atmosferica all’interno degli edifici che si relaziona con la salute e il comfort degli occupanti (United Nations, 1997). I principali inquinanti indoor –classificati dall’OMS in fisici, chimici e biologici (WHO, 2010) – sono per lo più correlati alle abitudini delle persone e alla destinazione d’uso dei locali. Un elenco delle principali contaminazioni comuni alla maggior parte degli spazi interni è illustrato in tabella.
Rispetto agli ambienti di vita, le sostanze inquinanti presenti nei luoghi di lavoro possono presentare concentrazioni più elevate e dipendono intrinsecamente dalle attività svolte al loro interno (materiali impiegati, metodi produttivi, settore di lavoro). Concentrandosi sul PM, i processi di combustione (es. cucina, fumo) e le attività di pulizia sono i più comuni responsabili del rilascio di particelle fini, ultrafini e nanoparticelle; al contrario, le frazioni più grossolane sono generalmente correlate alla risospensione da parte degli occupanti (Nazaroff, 2004). In anni recenti, la letteratura scientifica internazionale si è focalizzata sullo studio dei modelli di esposizione per studenti e insegnanti all’interno di scuole e università seguiti dagli studi su uffici, abitazioni, residenze per anziani e locali commerciali (Bo et al., 2017; Fuoco et al., 2015).
Cenni sulla correlazione tra inquinamento indoor e outdoor
Da questi studi emerge l’influenza dell’inquinamento outdoor sugli ambienti indoor. La IAQ può infatti risentire non solo dell’esistenza di fonti di emissione interna bensì anche di fenomeni di accumulo determinati da una ventilazione non idonea e dalla penetrazione di inquinanti provenienti dall’esterno (WHO, 2010). Si è infatti osservato come la concentrazione di inquinanti quali NO2 e PM possa essere superiore a quella esterna a causa delle fonti interne, di una gestione errata di temperatura e umidità e, nelle aree urbane, dell’influenza di elevate concentrazioni all’esterno (Hoek et al., 2008).
Nel grafico si riporta la statistica delle concentrazioni di particolato fine (PM2.5) e grossolano (PM10) misurate in simultaneo in indoor e outdoor a partire dai risultati di circa 130 articoli scientifici pubblicati tra il 2005 e il 2017 (Bo et al., 2017).
L’eterogeneità dei valori che si osserva dal grafico è strettamente collegata ai diversi percorsi di infiltrazione e ai comportamenti aerodinamici del particolato all’interno degli ambienti. Ad esempio, si osserva una tendenza ad una minor penetrazione ed una maggior deposizione al suolo per le particelle più grossolane (Bo et al., 2019). Altri fattori alla base della variabilità dei valori di PM10 e PM2.5 sono rappresentati dal tipo di ventilazione (minor infiltrazione per quella meccanica rispetto a quella naturale), dalle condizioni meteorologiche esterne (minor infiltrazione durante precipitazioni, variabile a seconda dell’intensità e direzione del vento) e dalle caratteristiche architettoniche e l’età dell’edificio. Ne risulta che si possa osservare un’estesa variabilità delle concentrazioni indoor a seconda dei locali. Per esempio, uno studio di comparazione tra diversi edifici residenziali e commerciali a Pechino (Liu et al., 2004) ha evidenziato concentrazioni più elevate nei ristoranti, dormitori e aule studio, piuttosto che nei supermercati, aule computer, uffici e biblioteche. Questi valori possono variare a seconda delle caratteristiche sopra menzionate. Infatti, altri autori (Chatoutsidou et al., 2015; Diapouli, 2011) riportano differenze tra locali dello stesso edificio a seconda della disposizione e delle modalità d’uso.
Intuitivamente, in assenza di sorgenti interne intense (es. non occupazione del locale), gli studi mostrano una tendenza generale a concentrazioni esterne più elevate rispetto a quelle interne (misurate in simultanea). Viceversa, locali con sorgenti interne elevate possono riscontrare valori anche due-tre volte superiori rispetto all’esterno come dimostrato in zone stampa, aree fumatori e nel caso (estremo) di una stazione di ricerca nell’artico (Pagel et al., 2016; Vicente et al., 2017). Infine, nelle aree urbane, si osserva un incremento dei valori interni – a parità di condizione – qualora ci si posizioni a minor distanza da una sorgente esterna.
Conclusioni
In questa breve carrellata, abbiamo visto come il monitoraggio in continuo delle concentrazioni di alcuni inquinanti all’aperto risulti necessario quanto non sufficiente per un’azione mirata alla riduzione dell’esposizione personale. In questo senso, il quadro normativo nazionale e internazionale è ancora oggi carente sulla definizione dei limiti di qualità per l’aria negli ambienti indoor non lavorativi. Gli attuali limiti per gli ambienti di lavoro risultano definiti su soglie di alcuni ordini di grandezza più elevate rispetto all’outdoor e, soprattutto, ai valori guida consigliati dall’OMS (WHO, 2010).
Riferimenti:
Bo, M., Pognant, F., Clerico, M., 2019. Assessment of indoor mass and numerical concentrations of airborne particulate matter in a university fluid dynamics laboratory. Geoingegneria Ambientale e Mineraria 157, 56–60.
Bo, M., Salizzoni, P., Clerico, M., Buccolieri, R., 2017. Assessment of Indoor-Outdoor Particulate Matter Air Pollution: A Review. Atmosphere 8, 136. https://doi.org/10.3390/atmos8080136
Brasche, S., Bischof, W., 2005. Daily time spent indoors in German homes – Baseline data for the assessment of indoor exposure of German occupants. International Journal of Hygiene and Environmental Health 208, 247–253. https://doi.org/10.1016/j.ijheh.2005.03.003
Chatoutsidou, S.E., Ondráček, J., Tesar, O., Tørseth, K., Ždímal, V., Lazaridis, M., 2015. Indoor/outdoor particulate matter number and mass concentration in modern offices. Building and Environment 92, 462–474. https://doi.org/10.1016/j.buildenv.2015.05.023
Diapouli, E., 2011. Indoor and Outdoor Particle Number and Mass Concentrations in Athens. Sources, Sinks and Variability of Aerosol Parameters. Aerosol and Air Quality Research. https://doi.org/10.4209/aaqr.2010.09.0080
Fuoco, F.C., Stabile, L., Buonanno, G., Trassiera, C.V., Massimo, A., Russi, A., Mazaheri, M., Morawska, L., Andrade, A., 2015. Indoor Air Quality in Naturally Ventilated Italian Classrooms. Atmosphere 6, 1652–1675. https://doi.org/10.3390/atmos6111652
Hoek, G., Kos, G., Harrison, R., de Hartog, J., Meliefste, K., ten Brink, H., Katsouyanni, K., Karakatsani, A., Lianou, M., Kotronarou, A., Kavouras, I., Pekkanen, J., Vallius, M., Kulmala, M., Puustinen, A., Thomas, S., Meddings, C., Ayres, J., van Wijnen, J., Hameri, K., 2008. Indoor–outdoor relationships of particle number and mass in four European cities. Atmospheric Environment 42, 156–169. https://doi.org/10.1016/j.atmosenv.2007.09.026
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Liu, Y., Chen, R., Shen, X., Mao, X., 2004. Wintertime indoor air levels of PM10, PM2.5 and PM1 at public places and their contributions to TSP. Environment International 30, 189–197. https://doi.org/10.1016/S0160-4120(03)00173-9
Nazaroff, W.W., 2004. Indoor particle dynamics. Indoor Air 14, 175–183. https://doi.org/10.1111/j.1600-0668.2004.00286.x
Pagel, É.C., Reis, N.C., Alvarez, C.E. de, Santos, J.M., Conti, M.M., Boldrini, R.S., Kerr, A.S., 2016. Characterization of the indoor particles and their sources in an Antarctic research station. Environ Monit Assess 188, 167. https://doi.org/10.1007/s10661-016-5172-z
United Nations (Ed.), 1997. Glossary of Environment Statistics, Studies in methods. Series F. United Nations, New York.
Vicente, E.D., Ribeiro, J.P., Custódio, D., Alves, C.A., 2017. Assessment of the indoor air quality in copy centres at Aveiro, Portugal. Air Qual Atmos Health 10, 117–127. https://doi.org/10.1007/s11869-016-0401-8
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