Alimentazione – Semi di Scienza https://www.semidiscienza.it Mon, 01 May 2023 18:56:17 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.8.10 https://www.semidiscienza.it/wp-content/uploads/2019/01/cropped-Semi-di-scienza-1-32x32.png Alimentazione – Semi di Scienza https://www.semidiscienza.it 32 32 Assurdità alimentari – Presentazione del libro https://www.semidiscienza.it/2023/04/27/assurdita-alimentari/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=assurdita-alimentari https://www.semidiscienza.it/2023/04/27/assurdita-alimentari/#respond Thu, 27 Apr 2023 08:24:14 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2376 Giovedì 11 maggio ci rivediamo sul nostro canale YouTube con Delphine Nourisson e Olimpia Camilli che terranno compagnia in una chiacchierata con gli autori del libro Assurdità alimentari. Dalle fake news alla scienza della nutrizione, edito da Castelvecchi Editore (2023).

Gli autori:

Marco Capocasa, antropologo e biologo nutrizionista, vice-segretario dell’Istituto Italiano di Antropologia, si occupa dello studio delle relazioni fra diversità genetica e culturale delle popolazioni umane. Già autore di Italiani. Come il DNA ci aiuta a capire chi siamo (Carocci, 2016) e Intervista impossibile al DNA. Storie di scienza e umanità (il Mulino, 2018).

Davide Venier, nutrizionista impegnato a favore di una corretta divulgazione scientifica, mirata alla promozione di un atteggiamento consapevole e responsabile riguardo ai temi dell’alimentazione e della nutrizione umana.

Un agile vademecum per contrastare tutte quelle credenze, mode dell’ultima ora e fake news scientificamente infondate che, acquistando sempre più credito, rischiano di promuovere uno stile di vita dannoso.

Guarda la diretta qui

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Intervista a Elena Del Pup https://www.semidiscienza.it/2022/08/02/intervista-a-elena-del-pup/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=intervista-a-elena-del-pup https://www.semidiscienza.it/2022/08/02/intervista-a-elena-del-pup/#respond Tue, 02 Aug 2022 13:49:47 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=1711 Uno sguardo sulle biotecnologie agrarie

Le nuove tecniche genomiche (NGT) sono tutte quelle tecniche che comportano una modifica mirata alla sequenza del DNA, ad esempio le piccole mutazioni puntiformi delle singole basi azotate che compongono il DNA. La commissione europea ha recentemente deciso di rinnovare la normativa in quanto, ad esempio, le piante ottenute tramite NGT sono ancora considerate OGM e soggette quindi ad una legislazione che contempla metodi biotecnologici vecchi di venti anni.

Sentiamo le parole di Elena Del Pup, ricercatrice in biotecnologie agrarie, selezionata per la Clinton Global Initiative University 2022, programma di un anno promosso dalla Fondazione Clinton e dedicato alle giovani ricercatrici e ai giovani ricercatori per promuovere una società più equa e sostenibile. L’intervista è stata realizzata da Camilla De Luca.

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Il Luppolo, una risorsa per tutti e per tutte le stagioni https://www.semidiscienza.it/2022/05/17/il-luppolo-una-risorsa-per-tutti-e-per-tutte-le-stagioni/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-luppolo-una-risorsa-per-tutti-e-per-tutte-le-stagioni https://www.semidiscienza.it/2022/05/17/il-luppolo-una-risorsa-per-tutti-e-per-tutte-le-stagioni/#respond Tue, 17 May 2022 15:49:03 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=1673 di Matteo Bo

Con la primavera arrivano le fioriture e la natura si appresta a ripartire dal torpore invernale. L’emergenza climatica, anno dopo anno, minaccia la regolarità dei cicli di vita degli ecosistemi locali, ma, dopo molte settimane di siccità, qualche segnale di speranza sembra arrivare in questi giorni anche nel Nord Italia.

E la speranza riparte da uno degli appuntamenti fissi di stagione. È partita infatti la caccia ai germogli del luppolo detti anche impropriamente asparago selvatico o, nel dialetto piemontese, luvertin: una pianta davvero molto interessante con innumerevoli usi in cucina e non solo, per tutte le stagioni.

Da non confondere con altri rampicanti, questi sinuosi e snelli “asparagi” appartengono a quella tradizione ancora popolare di erbe spontanee (come l’ortica o il tarassaco) la cui raccolta primaverile in campagna e nei terreni incolti porta alla realizzazione di ottime pietanze quali frittate, risotti, insalate e minestre.

E allora perché non cimentarsi nella più classica delle ricette ovvero proprio la frittata di luvertin tipica delle valli piemontesi? Dal sito https://invalpellice.com/frittata-di-luvertin/, da cui “rubiamo” anche l’immagine di copertina, anche gli aspiranti chef meno esperti potranno trovare gli utili riferimenti per questa semplice ricetta che in pochi minuti porterà in tavola un gustoso antipasto in 3 semplici mosse:

  • In una padella antiaderente mettere un cucchiaio di olio di oliva, aggiungere le cime di luvertin tagliate a pezzi della lunghezza di 2-3 centimetri e lasciare appassire il tutto a fuoco lento;
  • Quando i germogli saranno appassiti metterli in una ciotola e mescolare con tutti gli altri ingredienti, come per fare una frittata ordinaria;
  • Quando il composto sarà mescolato in modo omogeneo versarlo nella padella usata in precedenza per appassire i germogli e cuocere da ambo i lati a fuoco vivace.

Ma il luppolo è molto altro… come uno degli ingredienti più noti della birra! Se i germogli sono infatti i protagonisti dell’inizio della primavera, i fiori lo sono dei mesi successivi. Il loro ruolo è quello di conservare e fornire il tipico aroma amaro nella produzione della nota bevanda. Il sottoprodotto protagonista è noto con il nome di luppolino, ovvero la polvere resinosa di color giallo intenso derivata dall’essiccazione delle infiorescenze femminili. Il luppolo poi è base anche di liquori e infusi dalle proprietà calmanti (con target sul sonno e sul benessere dell’apparato digerente).

Andando verso l’estate, i frutti sono noti altresì come agente di lievitazione nell’ambito della panificazione. Gli usi poi si estendono per le piante mature, grazie a fusti di estensione fino a 5 m di altezza e un imponente apparato radicale, a quelli non alimentari quali l’intreccio dei canestri o la tintura marrone (previa bollitura). Da citarsi infine l’uso ornamentale, in particolare della varietà del luppolo dorato (in botanica Humulus lupulus Aureus) tenendo sempre in considerazione che si tratta di una pianta rampicante spontanea e molto rigogliosa.

E dunque perché non sognare ulteriori utilizzi grazie a quel filone produttivo di riscoperta delle tradizioni ed evoluzione delle tecnologie e tecniche, che è sempre più correlato con gli ecosistemi locali come ampiamente riconosciuto per gli usi di un’altra pianta molto versatile qual è la canapa?

Per approfondire:

– “Erbe e piante selvatiche in cucina” (2014) di G. Peroni, C. Bonalberti, A. Peroni, P. Macchione

– “Guida pratica alle piante officinali. Osservare, riconoscere e utilizzare le più diffuse piante medicinali italiane ed europee” (2011) di G. Bulgarelli, S. Flamigni

https://associazioneitalianaluppolo.wordpress.com/

https://tuttopiante.net/luppolo-dorato-o-humulus-lupulus-aureus-coltivazione-esposizione-irrigazione-e-concimazione

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Le catene di produzione-distribuzione-consumo del cibo del futuro: Ripensare sistemi alimentari più sostenibili, resilienti ed inclusivi https://www.semidiscienza.it/2021/05/11/le-catene-di-produzione-distribuzione-consumo-del-cibo-del-futuro-ripensare-sistemi-alimentari-piu-sostenibili-resilienti-ed-inclusivi/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=le-catene-di-produzione-distribuzione-consumo-del-cibo-del-futuro-ripensare-sistemi-alimentari-piu-sostenibili-resilienti-ed-inclusivi https://www.semidiscienza.it/2021/05/11/le-catene-di-produzione-distribuzione-consumo-del-cibo-del-futuro-ripensare-sistemi-alimentari-piu-sostenibili-resilienti-ed-inclusivi/#respond Tue, 11 May 2021 11:37:37 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=1388 La pandemia da Covid-19, fra le molte altre questioni, ha messo in evidenza l’importanza del corretto funzionamento del sistema alimentare per il benessere della popolazione.

Il corto circuito nelle catene di approvvigionamento, dovuto alle restrizioni nei movimenti dei lavoratori e dei distributori, ha colpito le città e in maniera particolare la popolazione più vulnerabile al loro interno, come gli anziani e le famiglie che vivono in condizioni di povertà.

Il problema si è verificato in modo più evidente nei paesi in via di sviluppo, ma si è manifestato anche in città di paesi sviluppati come il nostro, per esempio nel comune di Milano.

La questione è anche più complessa di come può già apparire. Le dinamiche del cambiamento climatico, infatti, aggraveranno i possibili problemi di distribuzione emersi da shock come la pandemia, aggiungendo delle difficoltà nei sistemi di produzione. Molto probabilmente l’aumento della temperatura terrestre avrà un effetto sui rendimenti delle colture sia in termini quantitativi, sia qualitativi (ciò determinerà per esempio la perdita del contenuto nutrizionale di alcuni alimenti). Tale impatto andrà a toccare soprattutto le aree più fragili come l’Africa sub-Sahariana e meridionale, l’America centrale e meridionale e il Sud-Est asiatico, ma di fatto toccherà anche i paesi sviluppati se le temperature supereranno una certa soglia.

Tenendo ciò a mente e considerando che:

  • il 55% della popolazione vive in aree urbane e che tale percentuale dovrebbe raggiungere il 68% nel 2050 (dati FAO),
  • il 70% della domanda di alimenti proviene dalle città,
  • i consumatori urbani non sono autosufficienti nel provvedere alla loro nutrizione, per cui saranno maggiormente colpiti dal possibile aumento del prezzo dei beni alimentari, dovuto a una contrazione dell’offerta sui mercati alimentari come conseguenza degli shock climatici,

sarebbe necessario ripensare i sistemi alimentari attuali, per esempio rafforzando i legami fra aree rurali e urbane, creando sistemi equi e inclusivi di produzione-distribuzione-consumo del cibo nelle città e sfruttando le soluzioni offerte dall’innovazione tecnologica e dall’agricoltura urbana.

Sono alcuni degli obiettivi che si è posta la Food and Agriculture Organization (FAO) delle Nazioni Unite, i quali sono stati accolti da alcune città, fra le quali il comune di Milano, che si sono impegnate a “sviluppare sistemi alimentari sostenibili che siano inclusivi, resilienti, sicuri e diversi, che forniscano cibo sano e accessibile a tutte le persone in un quadro basato sui diritti umani, che minimizzino i rifiuti e conservino la biodiversità adattandosi e mitigando gli impatti del cambiamento climatico”.

Per approfondire sul tema:

Autrice: Camilla De Luca – Socia Semi di Scienza & Progetto Cambiamo

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Acqua, cibo , risorse energetiche e il “Water-Food-Energy Nexus” https://www.semidiscienza.it/2021/04/13/acqua-cibo-risorse-energetiche-e-il-water-food-energy-nexus/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=acqua-cibo-risorse-energetiche-e-il-water-food-energy-nexus https://www.semidiscienza.it/2021/04/13/acqua-cibo-risorse-energetiche-e-il-water-food-energy-nexus/#respond Tue, 13 Apr 2021 12:40:22 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=1333 È ormai risaputo:  acqua, cibo e risorse energetiche sono a rischio scarsità. Alcuni dati illustrano la situazione: entro il 2050 la produzione di cibo dovrà aumentare del 60% per rispondere alla domanda di una popolazione globale in crescita esponenziale; dal 2050 la domanda globale di acqua aumenterà del 55% e la metà della popolazione mondiale vivrà in aree sottoposte a difficoltà di approvvigionamento di acqua; nei prossimi 10 anni la produzione globale di energia aumenterà del 60%. La degradazione dell’ambiente e del suolo e il cambiamento climatico, inoltre, peggiorano il problema riducendo la quantità di suolo coltivabile.

Mettiamo insieme i vari tasselli e il quadro appare chiaro: soddisfare i bisogni sempre più sofisticati di una popolazione in crescita, tenendo in considerazione il rispetto dei limiti planetari, è un problema che dovremo affrontare il prima possibile.

Ma non finisce qui. Oltre al rischio di scarsità, i tre settori sono strettamente collegati l’un l’altro. Basta dire che l’elettricità conta per un 5-30% (stima) dei costi operativi di estrazione, trattamento e distribuzione dell’acqua. I prelievi di acqua dolce per la produzione di energia contano per circa il 15% del consumo mondiale di acqua, percentuale che è attesa aumentare al 20% entro il 2035. Il 70% del consumo globale di acqua è legato al settore agricolo e il 30% del consumo globale di energia è legato alla produzione di cibo.

Quindi, è chiaro che le scelte di produzione e l’efficienza di ogni settore hanno un impatto immediato sugli altri. È dalla comprensione di questi collegamenti che si è cominciato a parlare di “Water-Food-Energy Nexus“. Si tratta di un approccio alla gestione di tali risorse, che si basa sull’interdipendenza dei relativi settori e sulla necessità di garantire un accesso alle stesse che sia sostenibile ed equo, ovvero che rispetti i diritti fondamentali al cibo e all’acqua, tutelati dalla Dichiarazione Universale dei diritti Umani, in maniera coerente con gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 (obiettivi 2, 6, 7).

Un approccio che dovrebbe essere tenuto in considerazione soprattutto in questo momento di cambiamento socio-economico e che dovrebbe essere tenuto in considerazione a livello europeo e a livello nazionale nei Recovery Plan attualmente in elaborazione.

Link e riferimenti per dati esposti:

https://www.water-energy-food.org/mission

https://rienergia.staffettaonline.com/articolo/34362/Il+nesso+acqua-energia:+fondamentale+per+il+clima/Alloisio

https://www.waterandfoodsecurity.org/scheda.php?id=52#:~:text=Il%20diritto%20al%20cibo%20pu%C3%B2,particolare%20donne%20e%20popolazioni%20indigene

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/03/22/acqua-cibo-ed-energia-su-questo-legame-si-basera-la-storia-dellumanita-di-questo-secolo/6140876/

Autrice: Camilla De Luca – Semi di Scienza e Cambiamo

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Indicatori di efficienza del cibo https://www.semidiscienza.it/2020/10/14/indicatori-di-efficienza-del-cibo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=indicatori-di-efficienza-del-cibo https://www.semidiscienza.it/2020/10/14/indicatori-di-efficienza-del-cibo/#respond Wed, 14 Oct 2020 15:32:53 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=1164 Impronta ecologica

Impronta di carbonio (emissioni di gas serra)

Impronta idrica

Fonti: 1) Mekonnen and Hoekstra (2010, 2012) – Water Footprint Network
2) Ewing B. et al. – The Ecological Footprint Atlas 2010
3) GFN Global Footprint Network 4) Barilla Center for Food and Nutrition, 2001

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Gli OGM: una questione controversa https://www.semidiscienza.it/2020/03/21/gli-ogm-una-questione-controversa/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=gli-ogm-una-questione-controversa https://www.semidiscienza.it/2020/03/21/gli-ogm-una-questione-controversa/#respond Sat, 21 Mar 2020 10:01:12 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=885 Per OGM si definiscono gli organismi geneticamente modificati, il cui DNA è stato alterato grazie a tecniche di ingegneria genetica. Gli OGM possono essere piante, animali o microrganismi, e nella nostra società hanno trovato applicazione prevalentemente nel settore agroalimentare.

Sin dall’antichità, l’Uomo ha sempre praticato la modificazione genica, al fine di produrre dei nuovi esseri viventi che fossero dotati di caratteristiche utili, da cui trarre vantaggio materiale e/o economico. Questa pratica però non è sempre stata svolta in maniera consapevole. Infatti, i nostri antenati selezionavano le piante coltivate che manifestavano le caratteristiche migliori in termini di morfologia e sviluppo, ma ignorando completamente che tali proprietà erano “scritte” all’interno delle cellule delle piante stesse. È soltanto nella prima metà del Novecento che l’Uomo ha preso consapevolezza che le pratiche di selezione avevano un effetto a livello genetico. Questa consapevolezza ha favorito l’emergere di un nuovo approccio attraverso il quale creare organismi “migliorati” sfruttando le moderne tecniche di ingegneria genetica. La prima tecnica fu scoperta dal microbiologo svizzero Wener Arber, che è considerato il pioniere degli OGM. Egli scoprì i cosiddetti “enzimi di restrizione” che sono enzimi di origine batterica capaci di tagliare sezioni di DNA. Questa scoperta ha creato la possibilità di rimuovere pezzi di materiale genetico da un essere vivente e trasferirli ad un altro, anche appartenente ad una specie diversa o, addirittura, ad un regno diverso. Fu nel 1973 che gli scienziati statunitensi Stanley Cohen e Herbert Boyer crearono il primo OGM, inserendo un gene di una rana all’interno di Escherichia coli; un comune batterio che vive nell’intestino degli animali a sangue caldo.

Ma com’è possibile, nella pratica, produrre un OGM? Spesso sentiamo parlare di questi fantomatici organismi tramite i media, ma in effetti non esiste molta informazione a riguardo. Fatta questa premessa, la produzione di un OGM prevede le seguenti fasi:

  1. Isolamento del gene che deve essere trasferito: Questo è possibile grazie agli “enzimi di restrizione” scoperti da Wener Arber che, come spiegato in precedenza, sono capaci di tagliare sezioni di DNA. Esistono diversi tipologie di questi enzimi, ciascuna delle quali è in grado di creare frammenti genici specifici.
  2. Inserimento del gene isolato in un vettore: Una volta isolato il frammento di DNA, esso viene inserito in un vettore molecolare, che può essere un virus o un batterio. Talvolta, il vettore molecolare è una cellula vegetale o animale. Il gene isolato viene inserito nel vettore molecolare tramite diverse tecniche come l’elettroporazione (applicazione di shock elettrici alle cellule in modo da renderle permeabili), il metodo biolistico (il DNA viene “sparato” dentro le cellule da trasformare) e l’utilizzo dell’Agrobacterium tumefaciens (un batterio che infetta le radici delle piante provocando dei cancri).
  3. Trasferimento del vettore in una cellula germinale dell’organismo target: in modo da trasferire il gene nel DNA dell’organismo ospite, il quale diventerà ufficialmente un OGM.

Ma per quale motivo gli OGM fanno tanto parlare di sè? Perchè la creazione di questi nuovi organismi ha scatenato ondate di polemiche? Come spesso accade nella storia, la comparsa di una nuova tecnologia avviene per rispondere a reali esigenze della società, che vengono quasi sempre soddisfatte in seguito alla realizzazione della tecnologia stessa, ma producendo effetti imprevedibili. Gli OGM non fanno eccezione a questa dinamica, per cui hanno portato sia a benefici che problematiche:

BENEFICI DEGLI OGM: L’introduzione degli organismi geneticamente modificati ha trovato applicazione principalmente nel settore agricolo. Basti pensare al “Mais Bt” e alla “soia Roundup Ready” (detta anche “soia RR”). Il primo ha la capacità di resistere alle larve della piralide; una farfalla responsabile di gravi perdite di resa. La seconda ha la capacità di resistere al glifosato durante i trattamenti erbicidi di copertura (che vengono fatti quando la coltura è in campo), permettendo un migliore controllo delle piante infestanti. Secondo il Food and Drug Law Journal; una importante rivista statunitense; il mais OGM aiuterebbe a prevenire i quantitativi di alcune micotossine; che sono sostanze cancerogene per gli esseri umani. L’accademia dei Georgofili Italiana ha riportato che le coltivazioni di mais ingegnerizzato abbiano portato ad una netta diminuzione delle popolazioni di piralide nella Corn Belt Americana. Questo ha avuto ripercussioni positive anche sul mais convenzionale, che ha subìto minori attacchi dell’insetto.

PROBLEMI DEGLI OGM: Una delle polemiche più rilevanti è il rapporto tra OGM e sicurezza alimentare. Sebbene non esistono prove scientifiche di danni alla salute umana, i meccanismi di interazione tra gli alimenti OGM e la nostra fisiologia risultano ancora sconosciuti. Alcune organizzazioni come Greenpeace ritengono che il livello di investigazione per determinare i rischi degli OGM per la salute umana non sia sufficiente. L’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha dichiarato che i cibi transgenici possono potenzialmente portare a reazioni allergiche, in quanto contengono proteine modificate.

Un’altro argomento molto discusso riguarda il rapporto con l’ambiente. Infatti, non è ancora chiaro come le piante ingegnerizzate interagiscono con l’ecosistema circostante. Per esempio, è chiaro come il mais Bt interagisce con la piralide, ma come reagisce con gli altri insetti? Coi batteri del suolo? E con le altre piante? Immaginiamo che una pianta di mais Bt, o di soia Roundup Ready, si incroci accidentalmente con un’altra simile, e la pianta figlia riesca a sopravvivere e produrre migliaia di semi… al quel punto avremmo una miriade di piante OGM sconosciute nel nostro ambiente.

Ma quindi gli OGM sono un bene o un male? Per rispondere a questa ipotetica domanda concludiamo con una citazione: “Il problema non è la tecnologia ma l’uso che se ne fa, ogni cosa comporta dei rischi, l’importante è esserne consapevoli e valutare se il prezzo che paghiamo è adeguato a quanto riceviamo in cambio”. Stefano Nasetti

Autore: Simone Rossi, PhD., Agronomo.

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Lo spreco alimentare: analisi di un fenomeno complesso e sottostimato https://www.semidiscienza.it/2019/10/15/lo-spreco-alimentare-analisi-di-un-fenomeno-complesso-e-sottostimato/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=lo-spreco-alimentare-analisi-di-un-fenomeno-complesso-e-sottostimato https://www.semidiscienza.it/2019/10/15/lo-spreco-alimentare-analisi-di-un-fenomeno-complesso-e-sottostimato/#respond Tue, 15 Oct 2019 13:33:08 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=687 Per spreco alimentare si intende lo scarto volontario di cibo ancora adatto al consumo umano, che può verificarsi in tutte le fasi di produzione, dalla raccolta in campo al frigorifero domestico. Nella società odierna, lo spreco alimentare ha assunto proporzioni impressionanti. I dati parlano molto chiaramente. Secondo le statistiche della FAO (l’organizzazione dell’ONU che si occupa di agricoltura ed alimentazione) ogni persona che vive nei paesi industrializzati scarta mediamente dai 95 ai 115 kg all’anno, che equivale ad oltre 1/3 del cibo prodotto nel mondo. Questo è un grande paradosso dei nostri tempi, soprattutto se pensiamo che attualmente oltre 800 milioni di persone nel mondo soffrono di denutrizione, mentre oltre 600 milioni sono affette da obesità. Inoltre, negli ultimi anni il divario tra il numero di persone sottonutrite e quelle in sovrappeso sta aumentando sempre di più, a dimostrazione della perversità del fenomeno. Nello spreco alimentare occorre non considerare solo il cibo, ma anche tutte le risorse necessarie per produrlo come acqua, suolo, lavoro umano (sia manuale che organizzativo) e macchine agricole. Bisogna poi aggiungere l’inquinamento ambientale causato dai fertilizzanti, pesticidi e gas serra emessi dalle machine agricole.

A causa dell’impatto negativo dello spreco alimentare nel mondo, numerose ricerche sono state condotte per capire quali sono le principali cause risalenti a questo fenomeno. Secondo i dati della FAO, gli sprechi nelle fasi della filiera ammontano alle seguenti percentuali: coltivazione e raccolto=54%, trasformazione industriale=11%, distribuzione e vendita=13%, consumo domestico=22%. Analizziamo le fasi una per una:

1) Coltivazione e raccolto. Durante questa prima fase le piante in campo sono continuamente esposte a molti fattori che possono danneggiarle o addirittura eliminarle (siccità, piogge eccessive, grandine, insetti dannosi, funghi e virus). A tutto questo si aggiunge l’intervento dell’agricoltore, che può commettere errori nelle sue scelte gestionali (semina nel periodo sbagliato, concimazioni carenti, irrigazioni inadeguate, trattamenti antiparassitari eseguiti scorrettamente, etc.). Tutti questi fattori contribuiscono ad uno spreco alimentare di primo livello.

2) Trasformazione industrial. Durante questa fase i prodotti raccolti sono trasportati dal campo alle fabbriche per essere processati e trasformati. Può accadere che, a causa di inefficienze nei processi di lavorazione e malfunzionamenti tecnici, gli alimenti subiscano variazioni che diminuiscono o annullano la loro qualità commerciale, causandone lo scarto. Variazioni nella forma, nel peso e nel confezionamento, sebbene non influenzino la sicurezza igienico-sanitaria, bastano comunque a rendere un prodotto alimentare non conforme agli standard qualitativi richiesti dal mercato.

3) Distribuzione e vendita. L’aumento dell’urbanizzazione dell’ultimo secolo ha portato all’allungamento della filiera alimentare, causando inevitabilmente anche l’allungamento dei tempi di trasporto e distribuzione. Questo comporta una maggiore probabilità di deperimento organico o diminuzione di qualità degli alimenti, rendendoli più suscettibili allo scarto. C’è inoltre da considerare la comparsa massiccia della GDO (Grande Distribuzione Organizzata) il cui comportamento contribuisce non poco. Infatti la GDO spesso stipula contratti molto rigidi con i propri fornitori, richiedendo standard qualitativi troppo elevati, che molti prodotti non rispettano. La gestione degli scaffali non è da meno dato che, per motivi di immagine, vengono tenuti sempre pieni, e molta della merce raggiunge la data di scadenza prima di venire acquistata.

4) Consumo domestico. In questa fase la responsabilità è esclusivamente del consumatore con i suoi comportamenti. Per diversi motivi le persone tendono a comprare cibo vicino alla data di scadenza (spesso più economico) ma che poi non viene effettivamente consumato. C’è poi la tendenza a riempire eccessivamente le portate nei piatti durante i pasti, il mancato rispetto delle indicazioni sulle modalità di conservazione e l’errata gestione della spesa settimanale.

Fortunatamente diverse ricerche indicano che gli sprechi alimentari stanno diminuendo negli ultimi anni. Tale tendenza è dovuta in parte alla maggiore consapevolezza al problema ed in parte all’avvento della crisi economica, che ha modificato i nostri stili di vita. Questo dato, seppur incoraggiante, non basta certo a risolvere il tutto. Infatti entro il 2050 la popolazione mondiale arriverà a circa 10 miliardi di persone (Dati ONU). Ciò significa che non possiamo permetterci di buttare via il cibo prodotto con le sempre più scarse risorse del pianeta. Alla luce di questo, cosa può fare ognuno di noi, nel suo piccolo, per ridurre gli sprechi alimentari? La risposta sta nei nostri comportamenti e nelle nostre abitudini. Elenchiamo alcune possibili soluzioni.

  1. Smettere di richiedere standard di qualità eccessivi. I supermercati non accettano molti prodotti alimentari ancora buoni, ma che per varie ragioni, prevedono che rimarranno invenduti. La ragione sta nel fatto che il consumatore medio non li acquisterà, a causa delle sue richieste di qualità eccessive. Diciamoci la verità, quante volte vi è capitato al supermercato di non comprare una mela solo perchè leggermente butterata? Oppure di storcere il naso di fronte ad uno scaffale con insalata un pochino imbrunita?
  2. Incentivare i sistemi produttivi a filiera corta. In questi sistemi gli sprechi alimentari sono nettamenti minori, a causa della riduzione dei passaggi tra produzione e consumo. Alcuni esempi di filiere corte sono: la vendita diretta in azienda, i gruppi di acquisto solidali (GAS) e i mercati contadini. Questi sistemi, oltre a ridurre gli sprechi alimentari, forniscono vantaggi sia per i produttori che per i consumatori. Gli agricoltori, evitando il monopolio della grande distribuzione, possono decidere i prezzi di vendita con maggiore autonomia, mentre i consumatori sanno di acquistare prodotti sani e di alta qualità. Tutto questo rafforza il rapporto di fiducia tra entrambi gli attori della filiera.
  3. Migliorare le abitudini di gestione della spesa domestica. In questo caso occorre incoraggiare le persone ad adottare comportamenti adeguati. Questo può essere fatto attraverso campagne di informazione sia a livello locale che nazionale (iniziative di educazione nelle scuole, campagne mediatiche di pubblicità progresso e seminari informativi).

Ricapitolando, la buona notizia è che le soluzioni ci sono, sebbene non immediate e di semplice attuazione, ma d’altra parte un famoso Premio Nobel disse una volta:

“Per ogni problema complesso, c’è sempre una soluzione semplice, ed è quella sbagliata” George Bernard Shaw

Simone Rossi, PhD., Agronomo.

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