Cambiamento climatico – Semi di Scienza https://www.semidiscienza.it Thu, 31 Oct 2024 08:55:21 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.8.10 https://www.semidiscienza.it/wp-content/uploads/2019/01/cropped-Semi-di-scienza-1-32x32.png Cambiamento climatico – Semi di Scienza https://www.semidiscienza.it 32 32 Let’s Be Nice to the Ocean https://www.semidiscienza.it/2024/10/31/lets-be-nice-to-the-ocean/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=lets-be-nice-to-the-ocean Thu, 31 Oct 2024 08:45:15 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2986

Let’s Be Nice to the Ocean è un movimento composto da numerosi soggetti che sostengono il Principio di Protezione: rendere la protezione dell’oceano la norma piuttosto che l’eccezione.

Let’s Be Nice to the Ocean è stato lanciato dal Varda Group nel novembre 2023 con il supporto di sette organizzazioni partner con l’obiettivo di aumentare l’ambizione della Terza Conferenza delle Nazioni Unite sull’oceano attraverso approcci innovativi alla protezione dell’oceano.

Come Semi di Scienza abbiamo entusiasti di esserci uniti al movimento e non vediamo l’ora di lavorare insieme per portare avanti azioni volte a rendere la protezione dell’oceano la regola, non l’eccezione, con la Terza Conferenza delle Nazioni Unite sugli oceani a Nizza all’orizzonte.

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Un weekend scientifico https://www.semidiscienza.it/2024/03/27/un-weekend-scientifico/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=un-weekend-scientifico https://www.semidiscienza.it/2024/03/27/un-weekend-scientifico/#respond Wed, 27 Mar 2024 10:56:59 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2745 Sabato 23 e domenica 24 marzo siamo stati in Emilia-Romagna, a Lugo (RA) e a Reggio nell’Emilia.

Due giorni dedicati alla divulgazione scientifica, come piace a noi.

Comunicare alle studentesse e agli studenti di ogni ordine e grado è una nostra missione, mentre divulgare al grande pubblico rappresenta una grande sfida. Da 6 anni, come associazione di promozione sociale, proviamo a portare avanti iniziative per lasciare semi di conoscenza, con l’obiettivo di rispondere a domande fondamentali. Promuoviamo inoltre una maggiore consapevolezza sulle grandi criticità globali, in primis il cambiamento climatico.

Ci divertiamo e ci siamo divertiti tantissimo con la scuola secondaria di primo grado “Silvestro Gherardi” di Lugo (RA) e presso l’Asineria di Reggio nell’Emilia durante il festival delle scienze naturali.


La scienza è metodo e comunità, lo abbiamo dimostrato!
Chi di scienza è amatore, a lungo andar avrà onore.

Yuri Galletti – Presidente Semi di Scienza

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Cambiamo Energia, Risparmia, riduci, Condividi con le Comunità Energetiche Rinnovabili https://www.semidiscienza.it/2024/01/15/cambiamo-energia-risparmia-riduci-condividi-con-le-comunita-energetiche-rinnovabili/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=cambiamo-energia-risparmia-riduci-condividi-con-le-comunita-energetiche-rinnovabili https://www.semidiscienza.it/2024/01/15/cambiamo-energia-risparmia-riduci-condividi-con-le-comunita-energetiche-rinnovabili/#respond Mon, 15 Jan 2024 21:06:09 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2650 Venerdì 19 gennaio ore 20:30, Sala Consiliare del Comune di Zinasco (PV) – P.za Vittoria, 11

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COP 28: lavori in corso https://www.semidiscienza.it/2023/12/13/cop-28-lavori-in-corso/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=cop-28-lavori-in-corso https://www.semidiscienza.it/2023/12/13/cop-28-lavori-in-corso/#respond Wed, 13 Dec 2023 10:36:28 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2630 Assieme a Lavinia Laiti, ingegnere ambientale ed osservatrice alla #COP28 per APPA, l’Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente della provincia di Trento, cerchiamo di mettere in evidenza quali sono i punti principali di interesse della COP 28 ad oggi in corso.
La COP 28, organizzata fra il 30 novembre e il 12 dicembre 2023, si tiene quest’anno a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti.
Quali sono i temi caldi? che impatto sta avendo la scelta della sede sui negoziati? scopritelo insieme a noi!

Per guardare l’intervista: https://www.youtube.com/watch?v=rYZJ68HQnao

Consigliamo la visione dei contenuti pubblicati da Agenzia Stampa Giovani (http://www.stampagiovanile.it/) per monitorare lo svolgimento della COP, si tratta di un gruppo di giovani che assieme alla dott.ssa Laiti osservano l’andamento dei negoziati prima da remoto ed in seguito in presenza a Dubai.

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Pianosa, l’isola della ricerca https://www.semidiscienza.it/2023/07/27/pianosa-lisola-della-ricerca/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=pianosa-lisola-della-ricerca https://www.semidiscienza.it/2023/07/27/pianosa-lisola-della-ricerca/#respond Thu, 27 Jul 2023 08:32:43 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2471

Il 22 giugno scorso è stata inaugurata la nuova base di ricerca di Pianosa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (BRP-CNR). Dopo un lungo iter, il progetto Brp-Cnr prende concretamente vita nel 2019 quando la gestione della struttura è affidata all’Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR di Pisa, in collaborazione con l’Istituto di Bio-economia e con l’Istituto di Scienze Marine (CNR-ISMAR).

Con i suoi 15-25 posti letto distribuiti in 11 camere, il locale cucina, i locali ufficio ed i locali laboratorio e di divulgazione scientifica, la BRP-CNR costituisce una infrastruttura strategica in grado di ospitare gruppi di lavoro, supportare progetti di ricerca e/o di formazione e favorire un confronto e un dibattito tra le varie comunità locali, nazionali ed internazionali su tematiche di scienza di base, ma anche di scienza applicata con ricadute sul territorio. Una infrastruttura che si inserisce in un laboratorio naturale quale è l’Isola di Pianosa, con le sue peculiari caratteristiche climatiche, idrologiche, morfologiche, geologiche e biologiche che offrono numerose possibilità per ricerche scientifiche monotematiche e/o integrate, sui macroambienti terra e mare.

L’inaugurazione della base avviene in realtà in corso d’opera, poiché al suo interno sta già ospitando e supportando diverse attività e progetti di ricerca di ordine nazionale ed internazionale, come ad esempio quelli rivolti alle relazioni tra clima, ciclo idrologico/risorse idriche. Attualmente sono infatti in corso i progetti “Hydro-Island” e “PianosaAquifer”. ll progetto “PianosAquifer” prevede il monitoraggio dei quantitativi e delle caratteristiche chimico-fisiche ed isotopiche delle varie componenti del ciclo idrologico sull’isola di Pianosa, con particolare riferimento a quelle che condizionano le acque sotterranee del peculiare sistema acquifero. Scopo generale del progetto è quello di verificare gli effetti dei trend climatici sulla risorsa idrica sotterranea in un ambiente insulare con condizioni di stress idrico ben rappresentative del quadro idro-climatico della regione mediterranea. Obiettivi più specifici riguardano la definizione quantitativa di processi e meccanismi che regolano l’effettiva disponibilità idrica per gli ecosistemi e l’abitabilità dell’isola, includendo le problematiche legate all’intrusione marina e alla presenza di sostanze indesiderate, quali nutrenti legati alle attività agricole dell’ex-colonia penale e alcuni elementi in traccia presenti nelle parti più profonde del sistema acquifero.

Il progetto “Hydro-Island” è invece svolto nell’ambito di un programma Unesco ed è focalizzato sugli impatti dei cambiamenti climatici sulle risorse idriche delle piccole isole e sui loro ecosistemi, prendendo Pianosa come area pilota grazie anche alla disponibilità di dati prodotti dalle reti di monitoraggio idrologico-idrogeologico da tempo allestite e supportate dalla base stessa, con la partecipazione di altri partner del progetto. Hydro-Island adotta un approccio multidisciplinare, geologico, idrologico, idrogeologico, geochimico-isotopico, geofisico e di “remote sensing-smart technology” per meglio conoscere e quantificare i processi condizionanti la disponibilità idrica, condividendo dati e conoscenze con la comunità scientifica ed il territorio, oltre che svolgendo attività di educazione ambientale alle giovani generazioni.

Il direttore dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse, Antonello Provenzale ha aggiunto: «L’isola di Pianosa, grazie alla sua posizione nel Mediterraneo ed alla sua inclusione dal 2009 nel piano del Parco dell’arcipelago Toscano, rappresenta un laboratorio naturale ideale per lo studio dei cambiamenti climatici. Grazie infatti alle sue peculiarità non solo marine ma anche geologiche, si presta a raccolta dati e ricerche di particolare rilevanza scientifica. Per questo, l’avere una sede logistica permanente ed attrezzata, in un “laboratorio naturale”, significa fornire un sicuro supporto ai team di ricerca multidisciplinari provenienti dall’intero bacino mediterraneo».

La base vuole quindi essere un centro di networking per ricercatrici e ricercatori provenienti da discipline diverse in grado di promuovere sinergia di ricerca e curiositydriven anche in tematiche urgenti come i cambiamenti climatici. Tutto questo grazie agli sforzi congiunti che hanno permesso di rinnovare e di ampliare gli spazi esistenti con l’allestimento di nuovi laboratori per misure in campo, una foresteria attrezzata per ospitare fino a 25persone, una sala convegni equipaggiata per teleconferenze e un supporto tecnico-logistico per l’avvicendamento di diversi gruppi di ricerca nazionali e internazionali. La BRP è inoltre una struttura funzionale aperta per la formazione, disseminazione e divulgazione pronta ad accogliere le ricercatrici e i ricercatori del futuro.

Autore: Luciano Celi

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I successi e i fallimenti della COP27 per disegnare il cammino verso la COP28 di Dubai https://www.semidiscienza.it/2022/12/07/i-successi-e-i-fallimenti-della-cop27-per-disegnare-il-cammino-verso-la-cop28-di-dubai/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=i-successi-e-i-fallimenti-della-cop27-per-disegnare-il-cammino-verso-la-cop28-di-dubai https://www.semidiscienza.it/2022/12/07/i-successi-e-i-fallimenti-della-cop27-per-disegnare-il-cammino-verso-la-cop28-di-dubai/#respond Wed, 07 Dec 2022 21:01:51 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2130 Di Domenico Mecca

Cala il sipario sulla ventisettesima conferenza delle parti, la più importante conferenza sul clima organizzata dalle Nazioni Unite con lo scopo di agire in lotta al cambiamento climatico. Quest’anno sono stati 197 i paesi che hanno preso parte ai tavoli di negoziazione sulle tante tematiche portate in discussione alla cop: dalla mitigazione delle emissioni ai piani di adattamento, dalle perdite e danni alla finanza climatica. 

A dieci giorni dalla conclusione di COP27 ritorniamo sul testo dell’accordo finale con lo scopo di comprendere quali sono i tanti fronti ancora aperti che saranno i protagonisti del percorso verso la COP28, in programma a Dubai dal 30 novembre al 13 dicembre 2023. 

L’accordo finale è stato siglato nella notte tra sabato 19 e domenica 20 novembre dopo intense giornate di negoziazioni svoltesi a porte chiuse. Emerge dall’accordo come questa conferenza potrà essere ricordata come una cop andata bene, ma non benissimo. 

Uno degli elementi per cui ricorderemo COP27 è il raggiungimento di un accordo sul tema “Loss & Damage”. Il tema perdite e danni entra a pieno titolo come terzo pilastro nella lotta al cambiamento climatico insieme a mitigazione delle emissioni e adattamento agli effetti da esse provocati. Dopo trent’anni dalle prime discussioni in materia, le Parti hanno raggiunto un accordo sull’istituzione di un fondo per il risarcimento delle perdite e dei danni subiti dai paesi in via di sviluppo. I paesi sviluppati hanno dunque riconosciuto le responsabilità storiche nella generazione del cambiamento climatico, convenendo di supportare finanziariamente i paesi in via di sviluppo, ovvero quei paesi meno responsabili del riscaldamento globale ma che ne subiranno le maggiori conseguenze.

Sarà obiettivo della COP28 rendere operativo il fondo, delineando le sue dimensioni e i criteri per l’accessibilità da parte dei paesi che hanno subito perdite o danni. Rimane significativa la decisione di istituire, in vista della prossima conferenza delle Parti, un comitato che guiderà i lavori sul design del fondo che si compone in quota maggioritaria da paesi in via di sviluppo rispetto ai paesi sviluppati: 14 contro 10. 

COP27 verrà tuttavia ricordata anche per il mancato raggiungimento dell’accordo sull’eliminazione graduale (Phase out) dei combustibili fossili. Nel testo dell’accordo ci si è limitati a un debole “Phase Down” del carbone. Rimane vivo, non con poche difficoltà, l’obiettivo della limitazione dell’innalzamento della temperatura al di sotto di +1.5°C rispetto ai livelli preindustriali. Allo stesso tempo, vengono eliminati i riferimenti al raggiungimento del picco emissioni entro il 2025, fortemente auspicato da ipcc. Considerando l’ambito mitigazione, la COP28 sarà lo scenario per l’aggiornamento dei Nationally Determined Contributions, ovvero degli impegni nazionali sulla riduzione delle emissioni di gas serra sanciti nel 2015 con l’Accordo di Parigi. All’alba della COP27, solamente 33 tra i paesi presenti hanno presentato l’aggiornamento dei propri NDC.

Rimangono aperte tantissime questioni alle quali la COP27 non ha saputo dare risposte. Di spicco, l’attenzione in materia di diritti umani, le politiche di genere, il contrasto alle discriminazioni nell’azione climatica e le migrazioni climatiche. Aveva generato molto entusiasmo l’inserimento di un paragrafo riservato a questi temi nella bozza iniziale di accordo, ridimensionato nel testo finale con un unico riferimento al diritto a un ambiente sano e pulito.  

La lunga strada per l’integrazione dei diritti umani nella lotta al cambiamento climatico potrebbe passare per il Brasile nel 2025. Infatti, nel suo intervento alla conferenza, il neoeletto presidente Lula ha candidato l’Amazzonia come Host Country della COP30, annunciando contestualmente la costituzione di un ministero per le popolazioni indigene, meno resilienti agli effetti del cambiamento climatico e fortemente colpite dalle attività di deforestazione.

In conclusione, uno degli aspetti passato in secondo piano ma di fondamentale importanza è la partecipazione giovanile ai processi decisionali. La COP27 getta le basi per un ruolo sempre più attivo dei giovani all’interno dei meccanismi di negoziazione sulla gestione dei cambiamenti climatici. Per la prima volta nella storia è stato nominato il delegato giovanile alla Presidenza della cop, figura che ha permesso di portare le istanze dei giovani all’interno dell’agenda. Le Parti sono state dunque incoraggiate a costruire ponti tra le generazioni, coinvolgendo i giovani nei propri processi decisionali. Giovani che, lo ricordiamo, sono le persone che vivranno il clima che verrà. 

Domenico Mecca – dottorando di ricerca in Sustainability and Innovation Management e inviato della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa a COP27

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Criptovalute e sostenibilità: un connubio possibile? https://www.semidiscienza.it/2022/10/17/criptovalute-e-sostenibilita-un-connubio-possibile/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=criptovalute-e-sostenibilita-un-connubio-possibile https://www.semidiscienza.it/2022/10/17/criptovalute-e-sostenibilita-un-connubio-possibile/#respond Mon, 17 Oct 2022 20:40:42 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=1949 Ph. di André François McKenzie su Unsplash

Di Maila Agostini

Le criptovalute sono valute visualizzabili solo conoscendo un codice di accesso; non esistono in forma fisica, quindi non è possibile trovare in circolazione, per esempio, bitcoin in formato cartaceo o metallico. Questo tipo di “moneta” non ha corso legale quasi da nessuna parte del mondo; l’accettazione come metodo di pagamento è quindi su base volontaria. Tuttavia, qualche stato come l’Uruguay e il Venezuela hanno deciso di sperimentare l’utilizzo di valuta virtuale nei propri paesi.
Le criptovalute hanno alcune caratteristiche particolari:

  • un protocollo, cioè un codice informatico che specifica il modo in cui i partecipanti possono effettuare le transazioni;
  • un “libro mastro” (blockchain) che conserva la storia della transazioni;
  • una rete decentralizzata di partecipanti che aggiornano, conservano e consultano il libro mastro secondo le regole del protocollo.

Sono soggette a fluttuazioni molto ampie, quindi sono poco efficienti come mezzo di pagamento, in quanto risulta difficile prezzare beni e servizi. Tuttavia, visto che il numero di criptovalute che possono essere generate è limitato, potrebbero assolvere, in futuro, a una funzione di scambio.

Si tratta di monete virtuali decentralizzate, ovvero che non rientrano sotto il controllo di istituti finanziari o governi; essendo immateriali, sembrano “green”, ma sono davvero così sostenibili?
La maggior parte delle persone, pur avendo sentito parlare di criptovalute e blockchain, ha ancora difficoltà a capire come funzionano queste tecnologie. Di cosa stiamo parlando esattamente? Si tratta di una risorsa finanziaria digitale decentralizzata; proprio per questo motivo, le loro fluttuazioni in borsa sono più drastiche rispetto ai tradizionali prodotti economici. La più nota di queste monete digitali è il Bitcoin, le cui transazioni vengono registrate sulla blockchain, una specie di registro digitale in cui le voci sono concatenate in ordine cronologico, che rappresenta il “libro mastro” in cui vengono registrate le operazioni. Le monete virtuali possono essere utilizzate come forma di pagamento per acquisti online, essere scambiate con valute reali oppure essere trattate come un prodotto di investimento, quindi conservate e scambiate quando il mercato è più favorevole.
Ma una moneta virtuale non nasce dal nulla; ha bisogno di essere creata tramite una tecnica chiamata mining.


Mining Farm e alternative


Abbiamo detto che la blockchain rappresenta il libro mastro delle valute digitali; perché tutte le transazioni vengano controllate, i nodi, che rappresentano decine di migliaia di computer, si collegano per supervisionare il funzionamento della catena digitale. Devono quindi dare il via libera alla transazione, verificando che sia autentica, e vengono “pagati” per questo lavoro di controllo proprio in criptovaluta. Tuttavia, non tutti i computer che si collegano approvano la transazione, masoltanto il primo che riesce a risolvere un complicato algoritmo. Si genera quindi una “gara”, in cui migliaia di computer competono per trovare la soluzione.

Siamo al punto caldo; le critiche principali che vengono mosse a queste tecnologie sono dovute alle enormi emissioni di anidride carbonica delle mining farm. Le macchine, lavorando in competizione per la stessa transazione, si azionano simultaneamente; questo vuol dire che si consumano quantità elevatissime di elettricità che, ovviamente, produce gas serra.

Alcune valute sono più sostenibili di altre, anche solo per il minore numero di transazioni che vengono effettuate con quella moneta. Ci sono quindi più fattori da considerare: il numero di transazioni, gli algoritmi e i sistemi utilizzati. Non tutte le criptomonete utilizzano il metodo proof of work; alcune si basano su tecnologie proof of storage, che invece di riservare capacità di calcolo riserva spazio di archiviazione, oppure block lattice, un’infrastruttura simile a una catena di blocchi in cui ogni utente è proprietario della sua catena e quindi l’intera rete non viene aggiornata contemporaneamente; si può altrimenti utilizzare il sistema proof of stake, che seleziona casualmente alcuni nodi della blockchain. Questi metodi sono molto più ecologici rispetto al proof of work.

Il meccanismo proof of stake richiede meno dell’1% dell’energia utilizzata per minare Bitcoin; questo significa che è possibile aumentare il numero di transazioni gestite di quasi un ordine di grandezza. Un cambiamento radicale si avrà con il passaggio di Ethereum al sistema proof of stake. Essendo questa valuta la seconda per importanza, il numero di operazioni gestite dalla stessa potrebbe aumentare, mentre diminuiscono i consumi necessari per la gestione.
Se si trattasse soltanto di monete scambiate a fini speculativi, forse il problema non sarebbe così grande; in realtà, alcune di queste valute virtuali consentono l’utilizzo della tecnologia blockchain per diverse applicazioni. Cardano, per esempio, su richiesta del governo etiope, tiene traccia delle performance degli studenti, per evitare falsificazioni di certificati scolastici, piaga diffusa nel paese. Altre, invece, come Ethereum, consentono di autenticare le proprie opere d’arte digitali, permettendo agli artisti di avere un compenso per il loro lavoro. 


Verso la svolta green


Risulta quindi evidente che i big del settore tecnologico abbiano un grande peso nella svolta green delle criptomonete. Questo ha portato parte dell’industria legata al mining, a lavorare a un accordo sul clima, in modo da limitare il costo energetico dei nodi coinvolti nelle operazioni (basti pensare che, da solo, il Bitcoin consuma annualmente la stessa energia di Hong Kong, mentre Ethereum consuma circa quanto la Lituania). Questa operazione di auto-regolamentazione si impone due tappe principali: la prima, da raggiungere entro il 2030, vede tutte le operazioni sostenute da fonti rinnovabili; la seconda tappa, fissata per il 2040, mira a raggiungere la neutralità climatica con emissioni zero. Questo significa che si dovrà trovare anche uno standard comune per misurare le emissioni dovute alle valute digitali.


Sarà un compito arduo il coinvolgere tutti gli attori di questo mercato, proprio perché la maggior parte delle criptomonete è pensata per essere un sistema decentralizzato e senza supervisione. Inoltre, momentaneamente, non si hanno obiettivi concreti, se non i due principali, la sostenibilità e l’impatto zero, fissati per il 2030 e il 2040. Probabilmente questo è dovuto anche al fatto che si tratta di un settore innovativo, in cui si ha la necessità di trovare nuove strade. La difficile sfida per rendere green le criptovalute, guidata interamente dal settore privato, è appena all’inizio.


Sitografia:
www.cryptoclimate.org
www.theverge.com/
www.greencluster.it

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https://www.semidiscienza.it/2022/10/17/criptovalute-e-sostenibilita-un-connubio-possibile/feed/ 0
Desertificazione, siccità e cambiamento climatico: dobbiamo iniziare a pensare come la formica di Esopo https://www.semidiscienza.it/2022/07/01/desertificazione-siccita-e-cambiamento-climatico-dobbiamo-iniziare-a-pensare-come-la-formica-di-esopo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=desertificazione-siccita-e-cambiamento-climatico-dobbiamo-iniziare-a-pensare-come-la-formica-di-esopo https://www.semidiscienza.it/2022/07/01/desertificazione-siccita-e-cambiamento-climatico-dobbiamo-iniziare-a-pensare-come-la-formica-di-esopo/#respond Fri, 01 Jul 2022 16:59:26 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=1689

Di Camilla De Luca e Yuri Galletti

Il 17 Giugno è il giorno dedicato dalle Nazioni Unite (ONU) alla lotta alla desertificazione e alla siccità.

Ma cosa indica la parola desertificazione? Rappresenta il fenomeno relativo all’espansione dei deserti esistenti?

No, se facciamo riferimento alla definizione data dall’ONU: “La desertificazione è la degradazione della terra che viene trasformata in aree aride, semi-aride e sub-umide. Essa è causata principalmente dalle attività umane e dalle variazioni climatiche”. Si tratta quindi da un lato di una conseguenza dell’uso improprio della terra, attraverso per esempio la deforestazione, il sovrasfruttamento della risorsa suolo e le cattive pratiche di irrigazione, le quali riducono la produttività del terreno. Dall’altro lato, la desertificazione, così come la siccità, sono una conseguenza del cambiamento climatico. Secondo una ricerca pubblicata su Nature, infatti: “il cambiamento climatico antropogenico ha degradato il 12,6% (5,43 milioni di km2) delle zone aride, contribuendo alla desertificazione e colpendo 213 milioni di persone, il 93% delle quali vive in economie in via di sviluppo”.

Il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres si è espresso in occasione della giornata insistendo sul fatto che entro metà secolo tre quarti della popolazione potrebbe dover convivere con la siccità e che attualmente metà della popolazione globale sta già facendo fronte alle problematiche derivanti dalla degradazione del suolo. La situazione non è infatti migliorata negli ultimi tempi: al contrario secondo i dati pubblicati dalla UNCCD (Convenzione delle Nazioni Unite per Combattere la Desertificazione) “dal 2000 il numero e la durata degli eventi siccitosi è aumentato del 29% a livello mondiale”. Le conseguenze umane sono già evidenti: 2.3 miliardi di persone fanno già fronte a emergenze legate all’accesso all’acqua. L’ONU sottolinea che sempre più persone dovranno far fronte alla scarsità di acqua, UNICEF ( United Nation Children’s Fund) stima che 1 bambino su 4 entro il 2040 non avrà accesso diretto alla risorsa acqua. “Nessun paese è immune alla siccità”  è ciò che è stato detto da UN-Water nel 2021.

Se queste informazioni non sono bastate a farci percepire come parte del problema e come popolazioni a rischio, ecco una serie di dati attuali sull’Italia che forse ci faranno cambiare idea.

Proprio in questi giorni si parla di emergenza siccità in tutto il Nord Italia, dal Veneto alla Lombardia alla Valle D’Aosta al Piemonte, la regione della valle del Po, ovvero la più colpita, ma in realtà è un problema comune in quasi tutta la penisola. Il portale Rinnovabili.it sottolinea come nei primi cinque mesi del 2022 le piogge si siano ridotte del 44% e come l’osservatorio ANBI (Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue) abbia denunciato l’importante diminuzione dei flussi dei fiumi Arno, Ombrone, Sentino, Nera ed Esino. In Lazio si è cominciato quindi a parlare di razionamento dell’acqua potabile, mentre nel comune lombardo di Tradate un’ordinanza comunale prevede sanzioni per chi utilizza l’acqua potabile per scopi diversi dall’uso essenziale come riempire piscine e lavare l’auto. Il caso della Puglia aggiunge il calo della produzione agricola e il rischio di incendi alla casistica di conseguenze possibili dovute alla siccità. La Gazzetta del Mezzogiorno, citando sempre i dati di ANBI, descrive come per via dell’anticiclone africano e della ridotta capacità idrica della regione (ad aprile sono caduti 160 millimetri in meno di pioggia rispetto ai valori del 2020) il rischio siccità sia molto elevato. Ciò, secondo Coldiretti Puglia, metterebbe a rischio il 30% di produzione agricola, la produzione di colture destinate agli animali e l’irrigazione di oliveti e frutteti. Coldiretti sottolinea poi come le alte temperature, l’assenza di precipitazioni e l’abbandono dei campi di ulivi per via del patogeno batterico Xylella siano un fattore determinante per l’inaridimento del suolo e delle piante e quindi un fattore che aumenta considerevolmente il rischio di incendi. 

Luca Mercalli, noto meteorologo, su Il Fatto Quotidiano sottolinea come secondo le previsioni meteorologiche a scala stagionale queste temperature sopra la media e la scarsità di precipitazioni saranno costanti per tutta l’estate. Ciò metterà a rischio le nostre riserve d’acqua già ad oggi limitate. Per questo motivo il climatologo denuncia la necessità di ascoltare la scienza. Infatti climatologi e idrologi avevano previsto questi fenomeni da almeno un trentennio. Inoltre, sempre il noto divulgatore suggerisce di preparare delle strategie di gestione multifunzionale a livello nazionale delle risorse idriche che prevedano la riparazione degli acquedotti e la costruzione di invasi di raccolta di acque meteoriche, abbondanti in certe stagioni, per utilizzarle durante i periodi di siccità.

Di fronte a questi dati non bisogna però scoraggiarsi. Al contrario, vi invitiamo a rileggere il primo paragrafo di questo articolo: “la desertificazione è causata prevalentemente dalle attività umane e dal cambiamento climatico”. Dunque, citando il Segretario Generale delle Nazioni Unite:  “dobbiamo e possiamo invertire questa spirale discendente”.

Secondo l’ONU la giornata del 17 giugno è un momento unico per ricordare che eliminare il danno causato dalla nostra società alla terra è possibile, attraverso un approccio “di problem-solving, un forte coinvolgimento della comunità e una cooperazione a tutti i livelli”. Prenderci cura della terra, della sua produttività, della biodiversità e per esempio favorire l’accesso alla proprietà terriera alle donne può inoltre permettere di far fronte alla crisi climatica e può contribuire al raggiungimento degli obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030, poiché ciò rappresenta anche un grande fattore di sviluppo per le comunità agricole e per le donne di tali comunità.

Qual è il messaggio principale che possiamo ricavare da questo articolo? Citando una famosa fiaba di Esopo, dovremo cominciare a pensare come la formica e smettere di pensare come la cicala. Dovremmo pensare al futuro e cominciare fin da subito a utilizzare in modo intelligente le risorse scarse che abbiamo a disposizione.

Fonti:

https://www.nature.com/articles/s41467-020-17710-7

https://www.un.org/press/en/2022/sgsm21325.doc.htm

https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/1344333/siccita-in-puglia-57mln-metri-cubi-di-acqua-negli-invasi-ad-aprile-160mm-di-pioggia.html

https://www.un.org/en/observances/desertification-day

https://laprovinciapavese.gelocal.it/pavia/cronaca/2022/06/16/news/cia-e-confagricoltura-subito-lo-stato-d-emergenza-per-la-siccita-e-serve-un-commissario-straordinario-1.41515194

https://milano.corriere.it/notizie/lombardia/22_giugno_16/siccita-lombardia-regione-chiede-stato-emergenza-tradate-multe-chi-innaffia-giardini-lava-l-auto-8e767f54-ed69-11ec-96f8-928391ee2cf6.shtml

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/06/16/la-fisica-non-mente-ci-restano-10-anni/6628604/

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https://www.semidiscienza.it/2022/07/01/desertificazione-siccita-e-cambiamento-climatico-dobbiamo-iniziare-a-pensare-come-la-formica-di-esopo/feed/ 0
Gli effetti locali del cambiamento climatico: il caso del Piemonte https://www.semidiscienza.it/2022/04/04/gli-effetti-locali-del-cambiamento-climatico-il-caso-del-piemonte/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=gli-effetti-locali-del-cambiamento-climatico-il-caso-del-piemonte https://www.semidiscienza.it/2022/04/04/gli-effetti-locali-del-cambiamento-climatico-il-caso-del-piemonte/#respond Mon, 04 Apr 2022 21:23:23 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=1638 Molti sono i riferimenti e le ricerche relativi al clima del nostro pianeta, che sta (rapidamente e inesorabilmente) mutando. Se poco a livello concreto si è fatto per cambiare la nostra impronta sul pianeta dal famoso rapporto I limiti alla crescita – recentemente ri-edito in Italia e che ha da poco spento le 50 candeline dall’uscita – qualcosa si sta muovendo a livello accademico e nelle attività di molte associazioni ambientaliste e di divulgazione scientifica. Da anni, il riferimento principale a livello globale sono i rapporti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite (https://www.ipcc.ch/), mentre a livello locale il numero di ricerche scientifiche in materia sta aumentando esponenzialmente.

È proprio a livello locale che bisogna ragionare per cercare di “catturare” l’attenzione del grande pubblico. La domanda principale deve essere: ai +2°C di media globale stimati nelle curve dell’IPCC (rispetto ai valori pre-industriali), che cosa corrisponde come effetto sul clima del mio territorio?

Forse può essere utile scegliere un caso specifico: in questo articolo si prova a sintetizzare l’esempio del Piemonte. Per farlo – rimandando alla specifica lettura del rapporto completo disponibile all’indirizzo https://www.regione.piemonte.it/web/sites/default/files/media/documenti/2020-07/analisi_scenari_clima_regionale_periodo_2011-_2100.pdf – si è scelto di utilizzare l’ultimo studio pubblicato dalla Regione nel giugno 2020, suddiviso in alcuni brevi paragrafi in stile post-it.

POST-IT N°1: METODO

  • Analisi condotta da Regione Piemonte per valutare le varie componenti climatiche sul territorio da qui al 2100
  • Utilizzati i modelli regionali di ultima generazione con lo scenario emissivo di mitigazione RCP4.5 e quello tendenziale a elevate emissioni RCP8.5
  • Aggregazione dei dati su tre intervalli: 2011-2040; 2041-2070; 2071-2100

“Considerando i benefit ambientali e sociali delle politiche di riduzione delle emissioni e di contrasto e adattamento al cambiamento climatico, l’incertezza dello scenario diventa sempre meno rilevante ai fini dell’azione. I cambiamenti sempre più rapidi confermano l’urgenza di agire.”

POST-IT N°2: TEMPERATURE

  • Tasso di incremento ogni 10 anni pari a 0.2°C (RCP4.5) o 0.5°C (RCP8.5) corrispondenti a +2°C oppure + 4°C a seconda dei due scenari emissivi
  • Nel migliore degli scenari (RCP4.5), in montagna il riscaldamento ogni 10 anni sarà di 0.3°C sopra i 700 m e 0.7-0.8°C sopra i 1500 m
  • Nel peggiore degli scenari (RCP8.5) la temperatura massima media estiva in pianura sarà ovunque superiore a 30°C mentre in inverno sarà intorno ai 10°C. In montagna in primavera non vi saranno aree con temperatura minima inferiore agli 0°C
  • Il numero di notti tropicali (con temperatura minima dell’aria maggiore di 20°C) e il numero di giorni tropicali (con temperatura massima maggiore di 30°C) mostrano un deciso aumento in entrambi gli scenari

“… si può affermare che più della metà del periodo estivo a metà secolo sarà caratterizzato da giorni tropicali e quasi l’intera estate a fine secolo, in particolare nello scenario tendenziale. Anche in questo caso la variazione è superiore per le zone di pianura anche se alcune zone di fondovalle iniziano a essere interessate a partire dalla metà del secolo”

POST-IT N°3: PIOGGIA

  • Le precipitazioni totali annue (cumulate) tenderanno a diminuire ma in modo statisticamente non significativo
  • Quello che cambierà maggiormente è il regime pluviometrico con meno piogge in primavera (che non sarà più la stagione più piovosa) e, in generale, con una diminuzione dei giorni di piovosità a discapito di fenomeni più intensi
  • Aumenteranno i periodi secchi (in particolare in montagna) e i mesi più siccitosi saranno dicembre e luglio

“… Questo fornisce un’indicazione di incremento delle precipitazioni più intense e, nello stesso tempo, ci dice che i meccanismi di formazione degli eventi estremi non dipendono linearmente dagli scenari emissivi, ma giocano un ruolo importante i meccanismi di retroazione, che rendono difficile la loro previsione, anche climatica.”

POST-IT N°4: NEVE

  • Il rapporto tra la parte nevosa e le precipitazioni totali (pioggia + neve) tende a diminuire in entrambi gli scenari (ovvero sempre meno acqua cadrà al suolo come neve)
  • In poche aree il rapporto rimarrà tra 0.2-0.3 a fine secolo
  • Indicativamente dal 2050, nello scenario peggiore (RCP8.5), non nevicherà a basse quote

“Nello scenario RCP8.5 tutta la fascia prealpina vede azzerare questo rapporto dalla seconda metà del secolo”

POST-IT N°5: GRADI GIORNO DI RISCALDAMENTO E RAFFRESCAMENTO

  • Si definiscono come la differenza tra la temperatura di comfort, rispetto alla quale la richiesta energetica è minima, e la temperatura esterna media giornaliera
  • Nello scenario migliore (RCP4.5) alcune aree di pianura passeranno dalla fascia climatica E alla D mentre parte di quelle prealpine dalla F alla E
  • In quello peggiore (RCP8.5) la maggior parte delle aree cambieranno classe, escluse le zone montane

“Questo significa che le necessità di raffrescamento per adattarsi alle nuove temperature estive aumenteranno fino a triplicare rispetto alle attuali nello scenario con iniziative di mitigazione, e fino a 8-9 volte rispetto alle attuali nello scenario tendenziale.”

POST-IT N°6: SICCITÁ

  • L’Indice di Precipitazione Standard (SPI) fornisce un’indicazione di quanto si discosta una serie temporale di precipitazione rispetto a una media climatologica
  • Nello scenario migliore (RCP4.5) si alterneranno periodi (annate) siccitosi e piovosi ma i valori estremi di siccità aumenteranno
  • Nello scenario peggiore (RCP8.5) dalla seconda metà del secolo diminuiranno gli anni piovosi a discapito di quelli siccitosi (nell’ultimo trentennio in modo netto)
  • Le condizioni di siccità severe saranno ricorrenti sul settore meridionale e sulla zona prealpina occidentale

“Negli anni estremamente siccitosi, tale condizione è uniforme sul territorio regionale, mentre negli anni piovosi, parte del territorio può trovarsi in condizioni di siccità anche estrema”

POST-IT N°7: EVAPOTRASPIRAZIONE

  • Rappresenta la quantità di acqua che viene trasferita dal sistema suolo/vegetazione all’atmosfera (in condizioni “ottimali” il contenuto idrico del suolo non costituisce un fattore limitante)
  • È un indicatore dell’impatto del cambiamento climatico sull’agricoltura e dipende fortemente dalla temperatura dell’aria
  • Nello scenario migliore (RCP4.5) aumenta con un trend di +13.3 mm ogni 10 anni mentre nel peggiore (RCP8.5) di +34.6 mm ogni 10 anni
  • Questo corrisponde a +8% (RCP4.5) e +15% (RCP8.5) in media

“Trattandosi di un valore potenziale, l’indicatore non tiene conto della reale disponibilità idrica del terreno, quindi tali aumenti potrebbero essere compensati da incrementi della precipitazione, che però dalle analisi non si evincono, facendo ipotizzare un aumento delle condizioni di siccità per la componente agricola.”

POST-IT N°8: INCENDI BOSCHIVI

  • L’indice FWI (Fire Weather Index) fornisce una indicazione sulle difficoltà operative di spegnimento degli incendi boschivi
  • In entrambi gli scenari è in aumento marcato soprattutto durante la stagione vegetativa (da aprile a ottobre)
  • Si prevede un incremento molto marcato del numero di giorni in cui si verificano condizioni favorevoli all’innesco dell’incendio, spostando l’attenzione verso una stagione che non è quella tipica degli incendi boschivi in Piemonte

“Complessivamente ci si attende un aumento marcato non soltanto nel numero di giorni con condizioni predisponenti l’innesco, ma anche incendi ad alta velocità di propagazione, persistenti e caratterizzati da difficoltà di spegnimento”

Autore: Matteo Bo – socio, ingegnere ambientale

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I consumi di un’auto elettrica: facciamo due conti https://www.semidiscienza.it/2022/02/21/i-consumi-di-unauto-elettrica-facciamo-due-conti/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=i-consumi-di-unauto-elettrica-facciamo-due-conti https://www.semidiscienza.it/2022/02/21/i-consumi-di-unauto-elettrica-facciamo-due-conti/#respond Mon, 21 Feb 2022 09:14:22 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=1561 Abbiamo acquistato una Twingo elettrica e cominciamo a fare un po’ di conti sui costi di esercizio sul limitare dei 12mila km e dei 6 mesi di uso.

La casa madre dichiara un consumo medio di 5,1-5,2 l/100 km (si veda, questo link), quindi, se la stessa auto fosse stata a benzina, prendendo il valore più basso avremmo consumato, per fare 12mila km, 612 litri di benzina. L’abbiamo acquistata a fine luglio, ma poi ci sono state le ferie di mezzo e diciamo che abbiamo cominciato a usarla da agosto e, per fare conto pari, dal primo del mese. I prezzi “ufficiali” del carburante, che hanno subito un’impennata negli ultimi periodi, si trovano sul sito del MISE (a questo link). Facendo una semplice media aritmetica da agosto 2021 a gennaio 2022, otteniamo 1,715 €/litro che, moltiplicati per i 612 litri che avremmo dovuto mettere nel serbatoio fa un totale di circa 1.050 € (il conto esatto è: 1.049,58 €).

Vediamo invece quanto abbiamo speso andando a elettricità. Fino alla fine del 2021 (31 dicembre) abbiamo avuto un contratto con il SEN (Servizio Elettrico Nazionale) che – al netto dell’avere un impianto fotovoltaico sul tetto di casa nostra, per cui molte ricariche estive sono state letteralmente a costo zero – ci vendeva l’energia elettrica in fascia bioraria a 0,11 €/kWh (notturna) / 0,13 €/kWh (diurna). La capacità della batteria della Twingo è di 22 kWh. Quindi per fare “il pieno” se facciamo anche solo una media dei due valori (0,11 + 0,13 = 0,24 / 2 = 0,12 €/kWh) otteniamo che la spesa viva – al netto di oneri e altro – è di 2,46 €. Ma quanti km fa la Twingo con un “pieno”? In piena estate, appena acquistata, con temperature propizie al buon rendimento della batteria, la stima (verificata anche su strada) è stata quella dichiarata dalla casa: 260 km in ciclo urbano, ma in condizioni davvero ideali. La stima fatta dalla centralina stessa dell’auto, caricata al 100% in alcune fredde giornate invernali è stata invece di 160 km (quasi la metà). Ancora una volta mettiamoci nella condizione più “restrittiva” e facciamo una media tra questi due valori (260 + 160 = 420 / 2 = 210, che arrotondiamo a 200) dicendo appunto che “al massimo” facciamo 200 km con ogni ricarica, a prescindere dalla stagionalità e sempre in ciclo sostanzialmente urbano. Per fare 12mila km significa che abbiamo fatto 60 ricariche complete da “200 km” l’una e quindi, stimando i prezzi poco concorrenziali del SEN (da gennaio 2022 siamo passati alla società cooperativa ènostra che ci consentirà di abbassare ulteriormente il costo delle ricariche), 60 x 2,46 € = 147,6 € totali per fare 12mila km. Mettiamo anche 150 €, il che vuol dire esattamente un settimo di quel che avremmo speso con un’auto tradizionale. Questo ovviamente senza contare le manutenzioni ordinarie: la prima prevista per l’elettrico è a 30mila km, ma non avremo da sostituire nessun filtro, nessun olio ecc.

Insomma, c’è di che essere soddisfatti.

Autore: Luciano Celi – membro del direttivo

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