Cambiamento climatico – Semi di Scienza https://www.semidiscienza.it Wed, 15 Jan 2025 20:01:31 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.8.10 https://www.semidiscienza.it/wp-content/uploads/2019/01/cropped-Semi-di-scienza-1-32x32.png Cambiamento climatico – Semi di Scienza https://www.semidiscienza.it 32 32 Prevenire il rischio idrogeologico tra falsi miti e dati scientifici https://www.semidiscienza.it/2025/01/15/prevenire-il-rischio-idrogeologico-tra-falsi-miti-e-dati-scientifici/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=prevenire-il-rischio-idrogeologico-tra-falsi-miti-e-dati-scientifici https://www.semidiscienza.it/2025/01/15/prevenire-il-rischio-idrogeologico-tra-falsi-miti-e-dati-scientifici/#respond Wed, 15 Jan 2025 20:01:31 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=3042 Convegno 24 gennaio

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Advancing the Protection Principle https://www.semidiscienza.it/2024/12/17/advancing-the-protection-principle/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=advancing-the-protection-principle https://www.semidiscienza.it/2024/12/17/advancing-the-protection-principle/#respond Tue, 17 Dec 2024 19:59:18 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=3017

La nuova pubblicazione Advancing the Protection Principle di Let’s Be Nice to the Ocean, pubblicata il 30 ottobre 2024 a Cali, Colombia, in occasione della COP sulla Biodiversità, delinea le proposte chiave per migliorare la conservazione degli oceani attraverso il Principio di Protezione alla prossima Terza Conferenza delle Nazioni Unite sull’Oceano (UNOC3) che si terrà a Nizza, in Francia, nel giugno 2025.

Il Principio di Protezione chiede che la protezione degli oceani diventi la norma, non l’eccezione, garantendo che l’onere della prova ricada sulle industrie estrattive e inquinanti, in modo che la preservazione e il ripristino della salute degli oceani e degli ecosistemi abbiano la precedenza sullo sfruttamento.

“Il documento chiede che il Piano d’azione per l’oceano di Nizza, nel giugno 2025, approvi il principio di protezione come obiettivo ambizioso” ha detto Rémi Parmentier, autore di Advancing the Protection Principle.

Con questo in mente, come movimento Let’s Be Nice to the Ocean proponiamo che il Piano d’azione per l’oceano di Nizza accetti di formare un gruppo ad hoc per redigere un rapporto su modalità e opzioni e una tabella di marcia prima della quarta conferenza delle Nazioni Unite sugli oceani nel 2028.

Perché adesso?

Il ruolo dell’oceano come “sala macchine” del sistema climatico globale è inconfutabile. Assorbe il 90% del calore in eccesso generato dalle attività umane e circa il 25% delle emissioni di anidride carbonica, mitigando gli impatti climatici. Tuttavia, ciò ha un costo elevato, poiché l’oceano deve affrontare un riscaldamento, un’acidificazione e una perdita di biodiversità senza precedenti.

Il rapporto Advancing the Protection Principle delinea raccomandazioni cruciali per i politici e le parti interessate, tra cui l’approvazione del principio di protezione come obiettivo ambizioso a Nizza, l’eliminazione della pesca dannosa e di altri sussidi dannosi per l’ambiente, una moratoria sull’estrazione mineraria in acque profonde e sulla pesca a strascico d’altura, e la protezione dell’Oceano Meridionale e del Mar Mediterraneo. Queste azioni ambiziose mirano ad affrontare le crisi ambientali efficacemente interconnesse: cambiamento climatico, perdita di biodiversità e inquinamento.

A Nizza, a sostegno del principio di tutela dei diritti e della giustizia dell’oceano

A Nizza, i governi dovrebbero approvare il Principio di Protezione per trasformare il modo in cui gestiamo la nostra biodiversità oceanica condivisa, ripensando gli approcci ai diritti di accesso, alle responsabilità e alle quote, soprattutto perché il cambiamento climatico intensifica le pressioni sugli ecosistemi marini. Questo nuovo quadro si allinea con la nozione emergente di diritti dell’oceano e affronta i principi alla base della giustizia oceanica, che richiedono un uso equo e sostenibile delle risorse oceaniche, in particolare per le popolazioni indigene e le comunità costiere vulnerabili che dipendono dall’oceano per il loro sostentamento e il loro patrimonio culturale.

Il tempo per l’oceano sta per scadere. Se i governi non coglieranno l’opportunità di Nizza di invertire la tendenza, uno tsunami di conseguenze – l’innalzamento dei mari, la morte delle barriere coralline e il collasso della pesca – raggiungerà presto le nostre coste.

Per scaricare Advancing the Protection Principle clicca qui

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Trattato globale sulla plastica, INC-5 chiude senza accordo: si va al 2025 https://www.semidiscienza.it/2024/12/04/trattato-globale-sulla-plastica-inc-5-chiude-senza-accordo-si-va-al-2025/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=trattato-globale-sulla-plastica-inc-5-chiude-senza-accordo-si-va-al-2025 https://www.semidiscienza.it/2024/12/04/trattato-globale-sulla-plastica-inc-5-chiude-senza-accordo-si-va-al-2025/#respond Wed, 04 Dec 2024 11:14:00 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=3013 di Tosca Ballerini, articolo già pubblicato su Materia Rinnovabile: https://www.renewablematter.eu/trattato-globale-sulla-plastica-inc-5-chiude-senza-accordo-rimandato-2025

Il quinto ciclo di negoziati (INC-5) per uno strumento internazionale giuridicamente vincolante (Internationally Legally Binding Instrument, ILBI) contro l’inquinamento da plastica si è chiuso a Busan, in Corea del Sud, alle 2:50 del mattino di lunedì 2 dicembre senza un accordo. Il Comitato intergovernativo di negoziazione ha deciso di riunirsi nuovamente in una sessione aggiuntiva nel 2025 nella quale le negoziazioni riprenderanno sulla base di un documento informale prodotto dal Presidente di INC, Vayas Valdivieso.

Secondo l’agenda dei lavori, i delegati avrebbero dovuto lavorare in quattro gruppi di contatto per arrivare a produrre una bozza sostanziale dell’ILBI entro venerdì 29 novembre. Questo avrebbe dato il tempo al Legally Drafting Group di esaminare la bozza dell’accordo prima della sua adozione da parte dei negoziatori entro domenica 1° dicembre. I lavori però sono andati a rilento e i negoziatori non sono riusciti a produrre nessun testo. Tre i punti sui quali c’è stato il maggior disaccordo: prodotti e sostanze chimiche problematiche utilizzate nei prodotti di plastica (bozza dell’articolo 3 nel terzo non paper di Vayas Valdivieso); produzione (supply, bozza dell’articolo 6); finanza, compresa l’istituzione di un meccanismo finanziario (bozza dell’articolo 11).

Trattato globale sulla plastica, i punti critici

Per le bozze dell’articolo 3 e dell’articolo 6, le opinioni dei negoziatori andavano dall’esclusione totale della questione dall’ILBI (posizione mantenuta dai Like-minded countries e dal gruppo arabo), alle proposte di elenchi dei prodotti e delle sostanze chimiche più dannose da vietare nei prodotti di plastica e dell’introduzione di un obiettivo globale per ridurre la produzione di polimeri plastici primari a livelli sostenibili e promuovere l’economia circolare, adottando misure lungo l’intero ciclo di vita della plastica (posizione mantenuta dai paesi della High Ambition Coalition e da altri “stati volenterosi).

Sulla bozza dell’articolo 11, le opinioni condivise includevano la necessità di un meccanismo finanziario dedicato e autonomo, finanziato principalmente dai paesi sviluppati che avrebbe facilitato i paesi in via di sviluppo nell’attuazione del futuro trattato. Includevano anche un meccanismo finanziario, finanziato da tutte le parti e da fonti aggiuntive, tra cui l’industria.

Non si è trovato un accordo neanche su alcuni argomenti che sembravano essere meno divisivi, come la gestione dei rifiuti. Durante la riunione plenaria di mercoledì 27 novembre, la maggior parte dei negoziatori ha espresso frustrazione riguardo le tattiche dilatorie messe in atto dal gruppo dei Like-minded countries. “Questa situazione si sta trasformando in una mini COP sul clima”, ha detto il giorno dopo un delegato sottolineando le “tattiche dilatorie simili” a quelle osservate durante i negoziati sul clima. Il riferimento è all’utilizzazione del consenso per bloccare ogni progresso. Ad apertura dei lavori, il 25 novembre, India, Federazione Russa, Kazakistan, Bahrein, Egitto, Arabia Saudita per il gruppo arabo e Kuwaitper i Like-mindedcountries avevano ribadito che tutte le decisioni su questioni sostanziali avrebbero dovuto essere prese tramite consenso e che la regola procedurale 38.1 (che prevede il ricorso al voto qualora non sia trovi il consenso) non avrebbe dovuto essere invocata.

Gli sforzi di Vayas Valdivieso e le consultazioni a porte chiuse

Per cercare di superare lo stallo nelle negoziazioni, venerdì 29 novembre Vayas Valdisvieso ha interrotto i lavori dei gruppi di contatto e intrapreso delle consultazioni informali a porte chiuse. Sulla base delle opinioni raccolte dai delegati dei vari paesi, Vayas Valdivieso ha prodotto un nuovo documento informale (il suo  quarto non-paper) che è stato fatto circolare nella sera. Secondo gli osservatori, la decisione del presidente di INC di produrre una nuova bozza del testo dell’accordo è stata una mossa coraggiosa e “potenzialmente uno dei momenti più significativi della trattativa”. In plenaria l’Arabia Saudita aveva infatti detto che il rischio maggiore sarebbe stato quello di “vedersi paracadutare un testo dall’alto”.

Le consultazioni informali a porte chiuse sono continuate anche sabato 30, quando hanno cominciato a circolare voci di un INC-5.2 o di un’estensione della riunione in corso fino a martedì 3 dicembre. Nel pomeriggio di domenica 1° dicembre Vayas Valdivieso ha reso pubblica una quinta versione del suodocumento informale (Chair’s Text). Nella plenaria finale di domenica sera, i delegati hanno deciso di aggiornare la seduta a una prossima riunione nel 2025, e alla 1:13 del mattino di lunedì 2 dicembre hanno accettato il nuovo testo del presidente di INC come base per le negoziazioni.

“Sebbene INC-5 abbia visto progressi sul testo, non è riuscito ad affrontare i problemi politici e procedurali di fondo che hanno rovinato questo processo fin dall’inizio”, ha detto a Materia Rinnovabile Magnus Løvold della Norwegian Academy of International Law.“Penso che sempre più paesi vedano che alcuni dei paesi coinvolti, come l’Arabia Saudita e la Russia, stanno negoziando in malafede e non accetteranno mai un trattato, per non parlare di un trattato efficace. Affinché INC-5.2 abbia successo, i paesi ambiziosi devono lasciarsi alle spalle gli spoiler e concludere un trattato senza di loro. Questo è chiaramente l’unico modo. Le dichiarazioni congiunte rilasciate in plenaria da Ruanda e Messico mostrano che c’è una maggioranza progressista che potrebbe essere disposta a farlo.”

Ruanda, Messico e Panama alla guida dei paesi volenterosi

Nella plenaria di domenica sera, Juliet Kabera, negoziatrice del Ruanda (paese co-chair assieme alla Norvegia della High Ambition Coalition), parlando a nome di 85 stati ha espresso “forti preoccupazioni circa le continue richieste da parte di un piccolo gruppo minoritario di paesi di rimuovere dal testo le disposizioni vincolanti che sono indispensabili affinché il trattato sia efficace”. Alla fine del suo intervento ha chiesto ai presenti in sala di alzarsi in piedi se fossero stati d’accordo con un trattato globale forte. Quasi tutta la sala si è alzata in piedi, un segno molto chiaro di ambizione. Dopo di lei, Camila Zepeda del Messico ha iniziato il suo intervento leggendo i nomi dei 95 paesi che hanno sottoscritto una disposizione “legalmente vincolante” per “eliminare gradualmente” i prodotti di plastica più dannosi e le sostanze chimiche preoccupanti utilizzate nella loro produzione.

In una conferenza stampa per gli stati membri che si era tenuta prima della assemblea plenaria, gli stati in via di sviluppo e i membri dell’UE insieme hanno dato una “dimostrazione eroica di forza”. Juan Carlos Monterrey di Panama aveva detto: “Questa non è un’esercitazione, questa è una lotta per la sopravvivenza. La plastica non è comoda, è un’arma di distruzione di massa. Se non otteniamo un ambizioso trattato di Busan sarà un tradimento… la storia non ci perdonerà”. Secondo il Center for International Environmental Law (CIEL), anche l’UE ha svolto un “ruolo cruciale”: Anthony Agotha ​​(UE) e Olga Givernet (Francia) hanno entrambi rilasciato dichiarazioni a favore della produzione e di altre misure ambiziose.

“Quello che abbiamo visto a Busan è stata un’arma del consenso da parte di un piccolo numero di paesi per bloccare i progressi e indebolire i negoziati”,ha detto David Azoulay, Direttore di Environmental Health a CIEL. “Dobbiamo resistere all’idea che questo processo sia destinato a rimanere paralizzato dall’ostruzione. Alla prossima sessione, i paesi devono chiarire una volta per tutte che sono pronti a usare tutte le opzioni, incluso il voto, per realizzare il trattato che continuano a sostenere sia necessario”.

Molti lobbysti ai negoziati per il Trattato globale sulla plastica

Nel secondo giorno di negoziazioni i rappresentanti della società civile hanno denunciato l’organizzazione di INC-5 per le disposizioni che limitavano gravemente la partecipazione ai negoziati. Nonostante i quasi 1.900 partecipanti all’INC, i lavori dei gruppi di contatto erano stati tenuti in stanze con solo 60 posti assegnati ai partecipanti non membri, una cifra che ammonta al 3% dei partecipanti registrati. La situazione è stata poi risolta nei giorni successivi.

Sempre martedì 26 novembre, un’analisi di CIEL ha mostrato che 220 lobbisti dell’industria chimica e dei combustibili fossili erano registrati per partecipare all’INC-5. Presi insieme, sarebbero il singolo paese più grande. Per fare un paragone: la Repubblica di Corea, paese ospitante, aveva 140 rappresentanti, le delegazioni dell’Unione Europea e di tutti i suoi stati membri insieme 191, mentre gli scienziati indipendenti della Scientists’ Coalition for an Effective Plastics Treaty erano 70.

“Come scienziati indipendenti, siamo preoccupati che la scienza sia stata usata impropriamente per creare confusione e ritardi da parte di alcuni stati membri”, ha detto Trisia Farrelly, professoressa e membro onorario presso la Massey University e scienziata senior presso il Cawthron Institute (Nuova Zelanda) in un comunicato stampa della Scientists’ Coalition rilasciato dopo la chiusura di INC-5. “Ciò sottolinea ulteriormente l’importanza di una scienza e di strategie indipendenti e solide per impedire che i conflitti di interesse facciano deragliare il futuro trattato.”

In una conferenza stampa dell’International Indigenous Peoples’ Forum on Plastics tenutasi sabato 30 novembre, i rappresentanti indigeni hanno detto, in riferimento alle consultazioni informali a porte chiuse: “Siamo stati messi a tacere e sottovalutati strategicamente” in queste negoziazioni. “Come si può parlare di una giusta transizione, quando non ci viene dato uno spazio al tavolo?”

Immagine: Camila Isabel Zepeda Lizama, Messico, a nome di 95 paesi. Foto: IISD/ENB – Kiara Worth

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Let’s Be Nice to the Ocean https://www.semidiscienza.it/2024/10/31/lets-be-nice-to-the-ocean/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=lets-be-nice-to-the-ocean Thu, 31 Oct 2024 08:45:15 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2986

Let’s Be Nice to the Ocean è un movimento composto da numerosi soggetti che sostengono il Principio di Protezione: rendere la protezione dell’oceano la norma piuttosto che l’eccezione.

Let’s Be Nice to the Ocean è stato lanciato dal Varda Group nel novembre 2023 con il supporto di sette organizzazioni partner con l’obiettivo di aumentare l’ambizione della Terza Conferenza delle Nazioni Unite sull’oceano attraverso approcci innovativi alla protezione dell’oceano.

Come Semi di Scienza abbiamo entusiasti di esserci uniti al movimento e non vediamo l’ora di lavorare insieme per portare avanti azioni volte a rendere la protezione dell’oceano la regola, non l’eccezione, con la Terza Conferenza delle Nazioni Unite sugli oceani a Nizza all’orizzonte.

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Un weekend scientifico https://www.semidiscienza.it/2024/03/27/un-weekend-scientifico/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=un-weekend-scientifico https://www.semidiscienza.it/2024/03/27/un-weekend-scientifico/#respond Wed, 27 Mar 2024 10:56:59 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2745 Sabato 23 e domenica 24 marzo siamo stati in Emilia-Romagna, a Lugo (RA) e a Reggio nell’Emilia.

Due giorni dedicati alla divulgazione scientifica, come piace a noi.

Comunicare alle studentesse e agli studenti di ogni ordine e grado è una nostra missione, mentre divulgare al grande pubblico rappresenta una grande sfida. Da 6 anni, come associazione di promozione sociale, proviamo a portare avanti iniziative per lasciare semi di conoscenza, con l’obiettivo di rispondere a domande fondamentali. Promuoviamo inoltre una maggiore consapevolezza sulle grandi criticità globali, in primis il cambiamento climatico.

Ci divertiamo e ci siamo divertiti tantissimo con la scuola secondaria di primo grado “Silvestro Gherardi” di Lugo (RA) e presso l’Asineria di Reggio nell’Emilia durante il festival delle scienze naturali.


La scienza è metodo e comunità, lo abbiamo dimostrato!
Chi di scienza è amatore, a lungo andar avrà onore.

Yuri Galletti – Presidente Semi di Scienza

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Cambiamo Energia, Risparmia, riduci, Condividi con le Comunità Energetiche Rinnovabili https://www.semidiscienza.it/2024/01/15/cambiamo-energia-risparmia-riduci-condividi-con-le-comunita-energetiche-rinnovabili/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=cambiamo-energia-risparmia-riduci-condividi-con-le-comunita-energetiche-rinnovabili https://www.semidiscienza.it/2024/01/15/cambiamo-energia-risparmia-riduci-condividi-con-le-comunita-energetiche-rinnovabili/#respond Mon, 15 Jan 2024 21:06:09 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2650 Venerdì 19 gennaio ore 20:30, Sala Consiliare del Comune di Zinasco (PV) – P.za Vittoria, 11

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COP 28: lavori in corso https://www.semidiscienza.it/2023/12/13/cop-28-lavori-in-corso/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=cop-28-lavori-in-corso https://www.semidiscienza.it/2023/12/13/cop-28-lavori-in-corso/#respond Wed, 13 Dec 2023 10:36:28 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2630 Assieme a Lavinia Laiti, ingegnere ambientale ed osservatrice alla #COP28 per APPA, l’Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente della provincia di Trento, cerchiamo di mettere in evidenza quali sono i punti principali di interesse della COP 28 ad oggi in corso.
La COP 28, organizzata fra il 30 novembre e il 12 dicembre 2023, si tiene quest’anno a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti.
Quali sono i temi caldi? che impatto sta avendo la scelta della sede sui negoziati? scopritelo insieme a noi!

Per guardare l’intervista: https://www.youtube.com/watch?v=rYZJ68HQnao

Consigliamo la visione dei contenuti pubblicati da Agenzia Stampa Giovani (http://www.stampagiovanile.it/) per monitorare lo svolgimento della COP, si tratta di un gruppo di giovani che assieme alla dott.ssa Laiti osservano l’andamento dei negoziati prima da remoto ed in seguito in presenza a Dubai.

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Pianosa, l’isola della ricerca https://www.semidiscienza.it/2023/07/27/pianosa-lisola-della-ricerca/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=pianosa-lisola-della-ricerca https://www.semidiscienza.it/2023/07/27/pianosa-lisola-della-ricerca/#respond Thu, 27 Jul 2023 08:32:43 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2471

Il 22 giugno scorso è stata inaugurata la nuova base di ricerca di Pianosa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (BRP-CNR). Dopo un lungo iter, il progetto Brp-Cnr prende concretamente vita nel 2019 quando la gestione della struttura è affidata all’Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR di Pisa, in collaborazione con l’Istituto di Bio-economia e con l’Istituto di Scienze Marine (CNR-ISMAR).

Con i suoi 15-25 posti letto distribuiti in 11 camere, il locale cucina, i locali ufficio ed i locali laboratorio e di divulgazione scientifica, la BRP-CNR costituisce una infrastruttura strategica in grado di ospitare gruppi di lavoro, supportare progetti di ricerca e/o di formazione e favorire un confronto e un dibattito tra le varie comunità locali, nazionali ed internazionali su tematiche di scienza di base, ma anche di scienza applicata con ricadute sul territorio. Una infrastruttura che si inserisce in un laboratorio naturale quale è l’Isola di Pianosa, con le sue peculiari caratteristiche climatiche, idrologiche, morfologiche, geologiche e biologiche che offrono numerose possibilità per ricerche scientifiche monotematiche e/o integrate, sui macroambienti terra e mare.

L’inaugurazione della base avviene in realtà in corso d’opera, poiché al suo interno sta già ospitando e supportando diverse attività e progetti di ricerca di ordine nazionale ed internazionale, come ad esempio quelli rivolti alle relazioni tra clima, ciclo idrologico/risorse idriche. Attualmente sono infatti in corso i progetti “Hydro-Island” e “PianosaAquifer”. ll progetto “PianosAquifer” prevede il monitoraggio dei quantitativi e delle caratteristiche chimico-fisiche ed isotopiche delle varie componenti del ciclo idrologico sull’isola di Pianosa, con particolare riferimento a quelle che condizionano le acque sotterranee del peculiare sistema acquifero. Scopo generale del progetto è quello di verificare gli effetti dei trend climatici sulla risorsa idrica sotterranea in un ambiente insulare con condizioni di stress idrico ben rappresentative del quadro idro-climatico della regione mediterranea. Obiettivi più specifici riguardano la definizione quantitativa di processi e meccanismi che regolano l’effettiva disponibilità idrica per gli ecosistemi e l’abitabilità dell’isola, includendo le problematiche legate all’intrusione marina e alla presenza di sostanze indesiderate, quali nutrenti legati alle attività agricole dell’ex-colonia penale e alcuni elementi in traccia presenti nelle parti più profonde del sistema acquifero.

Il progetto “Hydro-Island” è invece svolto nell’ambito di un programma Unesco ed è focalizzato sugli impatti dei cambiamenti climatici sulle risorse idriche delle piccole isole e sui loro ecosistemi, prendendo Pianosa come area pilota grazie anche alla disponibilità di dati prodotti dalle reti di monitoraggio idrologico-idrogeologico da tempo allestite e supportate dalla base stessa, con la partecipazione di altri partner del progetto. Hydro-Island adotta un approccio multidisciplinare, geologico, idrologico, idrogeologico, geochimico-isotopico, geofisico e di “remote sensing-smart technology” per meglio conoscere e quantificare i processi condizionanti la disponibilità idrica, condividendo dati e conoscenze con la comunità scientifica ed il territorio, oltre che svolgendo attività di educazione ambientale alle giovani generazioni.

Il direttore dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse, Antonello Provenzale ha aggiunto: «L’isola di Pianosa, grazie alla sua posizione nel Mediterraneo ed alla sua inclusione dal 2009 nel piano del Parco dell’arcipelago Toscano, rappresenta un laboratorio naturale ideale per lo studio dei cambiamenti climatici. Grazie infatti alle sue peculiarità non solo marine ma anche geologiche, si presta a raccolta dati e ricerche di particolare rilevanza scientifica. Per questo, l’avere una sede logistica permanente ed attrezzata, in un “laboratorio naturale”, significa fornire un sicuro supporto ai team di ricerca multidisciplinari provenienti dall’intero bacino mediterraneo».

La base vuole quindi essere un centro di networking per ricercatrici e ricercatori provenienti da discipline diverse in grado di promuovere sinergia di ricerca e curiositydriven anche in tematiche urgenti come i cambiamenti climatici. Tutto questo grazie agli sforzi congiunti che hanno permesso di rinnovare e di ampliare gli spazi esistenti con l’allestimento di nuovi laboratori per misure in campo, una foresteria attrezzata per ospitare fino a 25persone, una sala convegni equipaggiata per teleconferenze e un supporto tecnico-logistico per l’avvicendamento di diversi gruppi di ricerca nazionali e internazionali. La BRP è inoltre una struttura funzionale aperta per la formazione, disseminazione e divulgazione pronta ad accogliere le ricercatrici e i ricercatori del futuro.

Autore: Luciano Celi

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I successi e i fallimenti della COP27 per disegnare il cammino verso la COP28 di Dubai https://www.semidiscienza.it/2022/12/07/i-successi-e-i-fallimenti-della-cop27-per-disegnare-il-cammino-verso-la-cop28-di-dubai/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=i-successi-e-i-fallimenti-della-cop27-per-disegnare-il-cammino-verso-la-cop28-di-dubai https://www.semidiscienza.it/2022/12/07/i-successi-e-i-fallimenti-della-cop27-per-disegnare-il-cammino-verso-la-cop28-di-dubai/#respond Wed, 07 Dec 2022 21:01:51 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2130 Di Domenico Mecca

Cala il sipario sulla ventisettesima conferenza delle parti, la più importante conferenza sul clima organizzata dalle Nazioni Unite con lo scopo di agire in lotta al cambiamento climatico. Quest’anno sono stati 197 i paesi che hanno preso parte ai tavoli di negoziazione sulle tante tematiche portate in discussione alla cop: dalla mitigazione delle emissioni ai piani di adattamento, dalle perdite e danni alla finanza climatica. 

A dieci giorni dalla conclusione di COP27 ritorniamo sul testo dell’accordo finale con lo scopo di comprendere quali sono i tanti fronti ancora aperti che saranno i protagonisti del percorso verso la COP28, in programma a Dubai dal 30 novembre al 13 dicembre 2023. 

L’accordo finale è stato siglato nella notte tra sabato 19 e domenica 20 novembre dopo intense giornate di negoziazioni svoltesi a porte chiuse. Emerge dall’accordo come questa conferenza potrà essere ricordata come una cop andata bene, ma non benissimo. 

Uno degli elementi per cui ricorderemo COP27 è il raggiungimento di un accordo sul tema “Loss & Damage”. Il tema perdite e danni entra a pieno titolo come terzo pilastro nella lotta al cambiamento climatico insieme a mitigazione delle emissioni e adattamento agli effetti da esse provocati. Dopo trent’anni dalle prime discussioni in materia, le Parti hanno raggiunto un accordo sull’istituzione di un fondo per il risarcimento delle perdite e dei danni subiti dai paesi in via di sviluppo. I paesi sviluppati hanno dunque riconosciuto le responsabilità storiche nella generazione del cambiamento climatico, convenendo di supportare finanziariamente i paesi in via di sviluppo, ovvero quei paesi meno responsabili del riscaldamento globale ma che ne subiranno le maggiori conseguenze.

Sarà obiettivo della COP28 rendere operativo il fondo, delineando le sue dimensioni e i criteri per l’accessibilità da parte dei paesi che hanno subito perdite o danni. Rimane significativa la decisione di istituire, in vista della prossima conferenza delle Parti, un comitato che guiderà i lavori sul design del fondo che si compone in quota maggioritaria da paesi in via di sviluppo rispetto ai paesi sviluppati: 14 contro 10. 

COP27 verrà tuttavia ricordata anche per il mancato raggiungimento dell’accordo sull’eliminazione graduale (Phase out) dei combustibili fossili. Nel testo dell’accordo ci si è limitati a un debole “Phase Down” del carbone. Rimane vivo, non con poche difficoltà, l’obiettivo della limitazione dell’innalzamento della temperatura al di sotto di +1.5°C rispetto ai livelli preindustriali. Allo stesso tempo, vengono eliminati i riferimenti al raggiungimento del picco emissioni entro il 2025, fortemente auspicato da ipcc. Considerando l’ambito mitigazione, la COP28 sarà lo scenario per l’aggiornamento dei Nationally Determined Contributions, ovvero degli impegni nazionali sulla riduzione delle emissioni di gas serra sanciti nel 2015 con l’Accordo di Parigi. All’alba della COP27, solamente 33 tra i paesi presenti hanno presentato l’aggiornamento dei propri NDC.

Rimangono aperte tantissime questioni alle quali la COP27 non ha saputo dare risposte. Di spicco, l’attenzione in materia di diritti umani, le politiche di genere, il contrasto alle discriminazioni nell’azione climatica e le migrazioni climatiche. Aveva generato molto entusiasmo l’inserimento di un paragrafo riservato a questi temi nella bozza iniziale di accordo, ridimensionato nel testo finale con un unico riferimento al diritto a un ambiente sano e pulito.  

La lunga strada per l’integrazione dei diritti umani nella lotta al cambiamento climatico potrebbe passare per il Brasile nel 2025. Infatti, nel suo intervento alla conferenza, il neoeletto presidente Lula ha candidato l’Amazzonia come Host Country della COP30, annunciando contestualmente la costituzione di un ministero per le popolazioni indigene, meno resilienti agli effetti del cambiamento climatico e fortemente colpite dalle attività di deforestazione.

In conclusione, uno degli aspetti passato in secondo piano ma di fondamentale importanza è la partecipazione giovanile ai processi decisionali. La COP27 getta le basi per un ruolo sempre più attivo dei giovani all’interno dei meccanismi di negoziazione sulla gestione dei cambiamenti climatici. Per la prima volta nella storia è stato nominato il delegato giovanile alla Presidenza della cop, figura che ha permesso di portare le istanze dei giovani all’interno dell’agenda. Le Parti sono state dunque incoraggiate a costruire ponti tra le generazioni, coinvolgendo i giovani nei propri processi decisionali. Giovani che, lo ricordiamo, sono le persone che vivranno il clima che verrà. 

Domenico Mecca – dottorando di ricerca in Sustainability and Innovation Management e inviato della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa a COP27

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Criptovalute e sostenibilità: un connubio possibile? https://www.semidiscienza.it/2022/10/17/criptovalute-e-sostenibilita-un-connubio-possibile/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=criptovalute-e-sostenibilita-un-connubio-possibile https://www.semidiscienza.it/2022/10/17/criptovalute-e-sostenibilita-un-connubio-possibile/#respond Mon, 17 Oct 2022 20:40:42 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=1949 Ph. di André François McKenzie su Unsplash

Di Maila Agostini

Le criptovalute sono valute visualizzabili solo conoscendo un codice di accesso; non esistono in forma fisica, quindi non è possibile trovare in circolazione, per esempio, bitcoin in formato cartaceo o metallico. Questo tipo di “moneta” non ha corso legale quasi da nessuna parte del mondo; l’accettazione come metodo di pagamento è quindi su base volontaria. Tuttavia, qualche stato come l’Uruguay e il Venezuela hanno deciso di sperimentare l’utilizzo di valuta virtuale nei propri paesi.
Le criptovalute hanno alcune caratteristiche particolari:

  • un protocollo, cioè un codice informatico che specifica il modo in cui i partecipanti possono effettuare le transazioni;
  • un “libro mastro” (blockchain) che conserva la storia della transazioni;
  • una rete decentralizzata di partecipanti che aggiornano, conservano e consultano il libro mastro secondo le regole del protocollo.

Sono soggette a fluttuazioni molto ampie, quindi sono poco efficienti come mezzo di pagamento, in quanto risulta difficile prezzare beni e servizi. Tuttavia, visto che il numero di criptovalute che possono essere generate è limitato, potrebbero assolvere, in futuro, a una funzione di scambio.

Si tratta di monete virtuali decentralizzate, ovvero che non rientrano sotto il controllo di istituti finanziari o governi; essendo immateriali, sembrano “green”, ma sono davvero così sostenibili?
La maggior parte delle persone, pur avendo sentito parlare di criptovalute e blockchain, ha ancora difficoltà a capire come funzionano queste tecnologie. Di cosa stiamo parlando esattamente? Si tratta di una risorsa finanziaria digitale decentralizzata; proprio per questo motivo, le loro fluttuazioni in borsa sono più drastiche rispetto ai tradizionali prodotti economici. La più nota di queste monete digitali è il Bitcoin, le cui transazioni vengono registrate sulla blockchain, una specie di registro digitale in cui le voci sono concatenate in ordine cronologico, che rappresenta il “libro mastro” in cui vengono registrate le operazioni. Le monete virtuali possono essere utilizzate come forma di pagamento per acquisti online, essere scambiate con valute reali oppure essere trattate come un prodotto di investimento, quindi conservate e scambiate quando il mercato è più favorevole.
Ma una moneta virtuale non nasce dal nulla; ha bisogno di essere creata tramite una tecnica chiamata mining.


Mining Farm e alternative


Abbiamo detto che la blockchain rappresenta il libro mastro delle valute digitali; perché tutte le transazioni vengano controllate, i nodi, che rappresentano decine di migliaia di computer, si collegano per supervisionare il funzionamento della catena digitale. Devono quindi dare il via libera alla transazione, verificando che sia autentica, e vengono “pagati” per questo lavoro di controllo proprio in criptovaluta. Tuttavia, non tutti i computer che si collegano approvano la transazione, masoltanto il primo che riesce a risolvere un complicato algoritmo. Si genera quindi una “gara”, in cui migliaia di computer competono per trovare la soluzione.

Siamo al punto caldo; le critiche principali che vengono mosse a queste tecnologie sono dovute alle enormi emissioni di anidride carbonica delle mining farm. Le macchine, lavorando in competizione per la stessa transazione, si azionano simultaneamente; questo vuol dire che si consumano quantità elevatissime di elettricità che, ovviamente, produce gas serra.

Alcune valute sono più sostenibili di altre, anche solo per il minore numero di transazioni che vengono effettuate con quella moneta. Ci sono quindi più fattori da considerare: il numero di transazioni, gli algoritmi e i sistemi utilizzati. Non tutte le criptomonete utilizzano il metodo proof of work; alcune si basano su tecnologie proof of storage, che invece di riservare capacità di calcolo riserva spazio di archiviazione, oppure block lattice, un’infrastruttura simile a una catena di blocchi in cui ogni utente è proprietario della sua catena e quindi l’intera rete non viene aggiornata contemporaneamente; si può altrimenti utilizzare il sistema proof of stake, che seleziona casualmente alcuni nodi della blockchain. Questi metodi sono molto più ecologici rispetto al proof of work.

Il meccanismo proof of stake richiede meno dell’1% dell’energia utilizzata per minare Bitcoin; questo significa che è possibile aumentare il numero di transazioni gestite di quasi un ordine di grandezza. Un cambiamento radicale si avrà con il passaggio di Ethereum al sistema proof of stake. Essendo questa valuta la seconda per importanza, il numero di operazioni gestite dalla stessa potrebbe aumentare, mentre diminuiscono i consumi necessari per la gestione.
Se si trattasse soltanto di monete scambiate a fini speculativi, forse il problema non sarebbe così grande; in realtà, alcune di queste valute virtuali consentono l’utilizzo della tecnologia blockchain per diverse applicazioni. Cardano, per esempio, su richiesta del governo etiope, tiene traccia delle performance degli studenti, per evitare falsificazioni di certificati scolastici, piaga diffusa nel paese. Altre, invece, come Ethereum, consentono di autenticare le proprie opere d’arte digitali, permettendo agli artisti di avere un compenso per il loro lavoro. 


Verso la svolta green


Risulta quindi evidente che i big del settore tecnologico abbiano un grande peso nella svolta green delle criptomonete. Questo ha portato parte dell’industria legata al mining, a lavorare a un accordo sul clima, in modo da limitare il costo energetico dei nodi coinvolti nelle operazioni (basti pensare che, da solo, il Bitcoin consuma annualmente la stessa energia di Hong Kong, mentre Ethereum consuma circa quanto la Lituania). Questa operazione di auto-regolamentazione si impone due tappe principali: la prima, da raggiungere entro il 2030, vede tutte le operazioni sostenute da fonti rinnovabili; la seconda tappa, fissata per il 2040, mira a raggiungere la neutralità climatica con emissioni zero. Questo significa che si dovrà trovare anche uno standard comune per misurare le emissioni dovute alle valute digitali.


Sarà un compito arduo il coinvolgere tutti gli attori di questo mercato, proprio perché la maggior parte delle criptomonete è pensata per essere un sistema decentralizzato e senza supervisione. Inoltre, momentaneamente, non si hanno obiettivi concreti, se non i due principali, la sostenibilità e l’impatto zero, fissati per il 2030 e il 2040. Probabilmente questo è dovuto anche al fatto che si tratta di un settore innovativo, in cui si ha la necessità di trovare nuove strade. La difficile sfida per rendere green le criptovalute, guidata interamente dal settore privato, è appena all’inizio.


Sitografia:
www.cryptoclimate.org
www.theverge.com/
www.greencluster.it

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