Covid 19 – Semi di Scienza https://www.semidiscienza.it Wed, 13 Mar 2024 12:39:21 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.8.10 https://www.semidiscienza.it/wp-content/uploads/2019/01/cropped-Semi-di-scienza-1-32x32.png Covid 19 – Semi di Scienza https://www.semidiscienza.it 32 32 Un puntino rosso su un grafico https://www.semidiscienza.it/2020/07/27/un-puntino-rosso-su-un-grafico/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=un-puntino-rosso-su-un-grafico https://www.semidiscienza.it/2020/07/27/un-puntino-rosso-su-un-grafico/#respond Mon, 27 Jul 2020 15:51:37 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=1131 Quale dei treni che stiamo perdendo sceglieremo di prendere?

PREMESSA. Il film Sliding Doors interpretato da Gwyneth Paltrow inizia con una scena di ordinaria quotidianità, nella quale si vede la protagonista che entra nella stazione di una metropolitana: sulle scale che conducono ai binari incrocia una bambina che tarda un attimo a scansarsi, e questo piccolissimo ritardo fa sì che non riesca a salire sul treno in arrivo, e debba prendere quello successivo, che giunge qualche minuto più tardi. Nella scena seguente si ripete la stessa azione, ma questa volta la bambina si sposta per tempo, l’attrice riesce ad introdursi nella porta scorrevole del vagone che si stava chiudendo, e sale sul convoglio. Da questo punto in poi il film si sdoppia: la vita della protagonista prende due strade completamente diverse, a seconda che sia salita o no su quel treno. Il film ci ricorda che in ogni singolo istante, al di là degli eventi casuali che possono capitarci, ciascuna delle scelte che noi facciamo è in grado di cambiare radicalmente il corso della nostra vita e quella degli altri.

IL PUNTINO. Passiamo ad analizzare un’immagine tratta da uno studio molto noto, dal titolo “Consequences of twenty-first-century policy for multi-millennial climate and sea-level change” realizzato nel 2016 da 22 scienziati molto autorevoli [1]. Il grafico riporta l’andamento della temperatura media terrestre negli ultimi ventimila anni. Poi ci mostra una serie di proiezioni per i prossimi diecimila. Possiamo vedere come grazie alla stabilizzazione del clima, il termine dell’ultima glaciazione che ha segnato il passaggio dal Pleistocene all’Olocene ci abbia portati ad abbandonare il nomadismo per passare alla stanzialità: da cacciatori-raccoglitori siamo diventati agricoltori-allevatori. Da quel momento in poi la condizione di stabilità climatica che è perdurata fino all’inizio della Rivoluzione Industriale ci ha consentito di creare la civiltà umana nella forma che oggi conosciamo.

Che cosa è avvenuto durante i 200 anni della Rivoluzione Industriale, che per i tempi geologici del Pianeta sono un battito di ciglia? La nostra specie ha scoperto nel sottosuolo un tesoro nascosto di energia concentrata in forma di combustibili fossili. Attraverso il loro sfruttamento, in brevissimo tempo abbiamo trasferito in atmosfera una quantità consistente del carbonio che per accumularsi sottoterra aveva richiesto alcune centinaia di milioni di anni. L’atmosfera è stata improvvisamente inondata di anidride carbonica, con una concentrazione che non si misurava da milioni di anni. Questo sbilanciamento tra i tempi di spostamento del carbonio tra i diversi comparti ha causato una profonda alterazione del clima terrestre.

DAVANTI A NOI ORA CI SONO QUATTRO SCENARI CLIMATICI. Sono come quattro convogli della metropolitana, che passano a una certa distanza l’uno dall’altro. A noi la scelta su quale di questi salire. Il primo, quello che corrisponde allo scenario di cambiamento climatico più mite, l’abbiamo praticamente già perso. Potremmo forse tentare di prenderlo se ogni singolo individuo che forma la nostra società, e tutta la collettività nel suo insieme, non pensassero a nient’altro. Perché è necessario muoversi con tutta questa urgenza? Il problema lo abbiamo scoperto di colpo? No, purtroppo lo conoscevamo da quarant’anni, ma li abbiamo lasciati trascorrere senza far nulla. Ora ce ne restano soltanto trenta per ricostruire il nostro modello di sviluppo, fondandolo su nuove basi: e siamo molto indietro nel processo di transizione, perché questo tema non è presente nella nostra società. La sfida è sostituire la fonte di energia che alimenta il nostro Sistema: significa cambiare il nostro modo di abitare, il nostro modo di pensare, di alimentarci e di spostarci, in sostanza il nostro stile di vita. Queste azioni siamo pronti a farle se ci troviamo di fronte ad un pericolo immediato, come si è visto nelle settimane di emergenza sanitaria a causa della pandemia da Covid-19. Tuttavia non riusciamo a percepire il pericolo quando ci relazioniamo con fenomeni di lungo periodo. Tecnologicamente parlando, ci siamo evoluti molto rapidamente, ma culturalmente, non stiamo riuscendo a costruire un adattamento alle modificazioni che noi stessi abbiamo creato. Dalla capacità di realizzare velocemente questo adattamento dipende il benessere e la sopravvivenza della nostra specie.

LE CONSEGUENZE STORICHE DELLE NOSTRE SCELTE. Queste poche righe sono state scritte per gli studenti che affrontano la maturità in questo anno scolastico [ndr: 2019/20] così diverso dal solito. La consapevolezza della dimensione del problema e la caratteristica del particolare momento storico che stiamo vivendo sono particolarmente importanti per gli adolescenti che si stanno preparando ad entrare nella società, diventando nuovi cittadini e nuovi professionisti. Questa consapevolezza, unita alla volontà di cambiare e di reagire, deve essere patrimonio di ogni abitante del Pianeta.

Tutti quanti noi, in questo momento, ci troviamo dentro a quel puntino rosso. Non abbiamo a disposizione altro tempo ed altro spazio per poter risolvere il problema.

Siamo ancora in tempo, e abbiamo la possibilità di cambiare il nostro futuro. Dobbiamo soltanto evitare di perdere altri treni.

[1] Clark et al., 2016  (open access) Consequences of twenty-first-century policy for multi-millennial climate and sea-level change https://www.nature.com/articles/nclimate2923

Articolo di Gabriele Porrati (Socio Onorario di Semi di Scienza e Presidente della Coop. Cambiamo), con la collaborazione di Yuri Galletti (Presidente di Semi di Scienza)

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Progetto #FarmaCovid: Intervista al ricercatore e divulgatore Mario Tozzi https://www.semidiscienza.it/2020/06/18/progetto-farmacovid-intervista-al-ricercatore-e-divulgatore-mario-tozzi/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=progetto-farmacovid-intervista-al-ricercatore-e-divulgatore-mario-tozzi https://www.semidiscienza.it/2020/06/18/progetto-farmacovid-intervista-al-ricercatore-e-divulgatore-mario-tozzi/#respond Thu, 18 Jun 2020 14:24:13 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=1091 Il lancio del progetto #FarmaCovid e della campagna di crowdfunding attivata sulla piattaforma GoFundMe, è occasione di continue e proficue riflessioni scientifiche con ricercatori ed esperti che hanno fatto sentire il loro sostegno all’iniziativa. Si tratta di un approccio in cui la biofisica è maestra: mettersi in ascolto e in dialogo con disciplinarità diverse per avere una visione complessiva del problema e affrontarlo, così, da prospettive diversificate. E con questo approccio integrato e multi-prospettico, la ricerca di FarmaCovid ha avuto il privilegio di dialogare con Mario Tozzi, geologo e divulgatore scientifico, che ha illustrato chiaramente la stretta relazione tra l’andamento della pandemia e il degrado ambientale.

Sono, infatti, ormai consolidate le connessioni tra zoonosi virali e globalizzazione, nonché il ruolo di parametri ambientali sui quali influiscono usi e costumi locali e la progressiva invasione da parte dell’uomo di spazi che nel passato erano territorio esclusivo di animali selvatici. Come afferma lo stesso Tozzi: “È difficile da accettare, ma anche la pandemia Covid-19 che ci ha messo in così grande sofferenza dipende dalle azioni scriteriate dei sapiens ai danni dell’ambiente. E non è la prima volta: il 70% delle malattie infettive emergenti deriva da un’interazione più o meno diretta fra animali selvatici, addomesticati e sapiens”. Nell’intervista che segue, attraverso le parole di Mario Tozzi, vedremo come si attiva questo ciclo disfunzionale nell’ambiente che genera ricadute così importanti sulla salute dell’uomo.

Possiamo pensare che all’origine del ‘salto di specie’ del virus dall’animale all’uomo vi sia un’alterazione degli equilibri ambientali?
“I cambiamenti di uso del suolo e l’intensificazione degli allevamenti intensivi amplificano i rapporti sapiens-fauna domestica-fauna selvatica. La deforestazione è il necessario preludio a queste attività, come dimostra il caso del virus Nipah (Malesia 1998), probabilmente legato all’intensificarsi degli allevamenti intensivi di maiali al limite della foresta, dove cioè si disboscava per ottenere terreni a spese dei territori di pertinenza dei pipistrelli della frutta, portatori del virus. Lo spillover (il salto di specie) viene favorito dove si impiantano allevamenti intensivi e monoculture, come le palme da olio, a spese della foresta tropicale, cioè proprio dove la fauna selvatica è più importante per numero di specie e di individui e dove, di conseguenza, i patogeni sono più presenti e importanti”.

Lo sfruttamento del suolo, della fauna e il sovraffollamento degli spazi sono una concausa nell’innesco e nella diffusione del virus?
“Gli animali selvatici scacciati dai loro habitat raggiungono le alte densità di umani delle aree urbane: più sapiens concentrati in areali ristretti vuol dire maggiore rischio di contagi. I nomadi cacciatori-raccoglitori di oltre 10.000 anni fa si ammalavano molto meno dei cittadini-agricoltori e non sviluppavano certo epidemie, dispersi com’erano nel territorio e con numeri inferiori. A questo va aggiunta la straordinaria rapidità dei collegamenti internazionali: qualsiasi vivente si sposti, porta con sé tutto il suo corredo microbico”.

L’uomo è quindi da considerarsi artefice inconsapevole della pandemia che ci ha colpiti?
“Il commercio illegale di animali selvatici vivi e di loro parti del corpo – nel caso di Sars-Cov-2 il pangolino cinese, le scaglie della cui ‘corazza’ lo rendono ambito dai bracconieri – è veicolo per vecchie e nuove zoonosi, aumentando il rischio di pandemie: non è la prima volta che si sospetta che l’ospite intermedio di una malattia infettiva sia un animale vivo venduto in un mercato cinese.
Tutto questo porta a inevitabili spillover e ricade sotto la nostra responsabilità. Con la distruzione delle foreste distruggiamo anche il nostro naturale antivirus più efficace. Infine, sta iniziando a essere inquadrabile scientificamente proprio in questi giorni un legame diretto fra diffusione del virus e particelle di condensazione atmosferiche, in pratica l’inquinamento dell’aria. Non sfuggirà certo che la provincia di Hubei è una regione estremamente degradata dal punto di vista della qualità ambientale in generale e dell’aria in particolare, cosa che favorisce virus e malattie respiratorie”.

In conclusione pregiudicando l’ambiente stiamo compromettendo le efficaci “barriere” che ci proteggono da virus potenzialmente letali, ma possiamo sperare in un aiuto dalle ricerche di nuovi farmaci contro questo ed eventuali futuri virus?
“Sono indubbie le potenziali sinergie tra le ricerche per la protezione dell’ambiente e su farmaci utili a fronteggiare possibili attacchi di nuovi virus. Si favoriscono così meccanismi vantaggiosi in primo luogo per anziani e persone fragili a seguito, per esempio, di patologie dell’apparato respiratorio. Infatti condizioni ambientali ottimali consentirebbero di avere una popolazione in migliori condizioni fisiche e quindi capaci di rispondere meglio a possibili futuri attacchi di microrganismi ostili a cui l’uomo non è mai stato esposto in precedenza, come è il caso di Sars-Cov-2.”

Il ricercatore e divulgatore Mario Tozzi ci ha fatto riflettere sulle responsabilità dei sapiens nella diffusione globale della pandemia Covid-19, ma allo stesso tempo sappiamo che, dall’intuito e dalle ricerche dell’uomo, possono derivare anche importanti soluzioni, come una cura efficace e definitiva: a questo punta il progetto #FarmaCovid e su questo lavorano i ricercatori dell’Istituto di biofisica del CNR e dell’ICGEB di Trieste.

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Mascherine (e guanti): una nuova ripartenza o la solita vecchia storia? https://www.semidiscienza.it/2020/05/11/mascherine-e-guanti-una-nuova-ripartenza-o-la-solita-vecchia-storia/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=mascherine-e-guanti-una-nuova-ripartenza-o-la-solita-vecchia-storia https://www.semidiscienza.it/2020/05/11/mascherine-e-guanti-una-nuova-ripartenza-o-la-solita-vecchia-storia/#respond Mon, 11 May 2020 16:23:36 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=950

All’inizio del mese di aprile è uscito sul «manifesto» un bell’articolo di Angel Luis Lara [1], tradotto da Pierluigi Sullo dallo spagnolo e comparso originariamente sul quotidiano indipendente online «El Diario» pochi giorni prima, alla fine di marzo.

È un articolo che dice cose ragionevoli, condivisibili, di cui anche i più “distratti” hanno una qualche cognizione. Al suo interno si traccia brevemente la storia, anche scientifica, che ha portato “in tempi non sospetti” (2016 e anche diversi anni prima) a identificare rischi e pericoli di uno spillover, cioè di un salto di specie da animali a esseri umani. E ovviamente tanta parte della colpa è quella che, come specie, sappiamo di avere: lo sfruttamento intensivo delle risorse, la sempre più spinta erosione degli ecosistemi insieme a un’altra serie di concause, hanno creato le condizioni ideali perché tutto ciò che è avvenuto, finora, avvenisse. È un “mantra” che molti di noi hanno ascoltato, ma l’articolo pone poi l’accento, alla fine, su quella che dovrebbe essere vista (anche) come una reale occasione per cambiare:

“Un giornalista si è avventurato qualche giorno fa ad offrire una risposta sull’origine del Covid-19: “Il coronavirus è una vendetta della natura”. Al fondo non gli manca una ragione. Nel 1981 Margaret Thatcher depose una frase per i posteri che rivelava il senso del progetto cui lei partecipava: “L’economia è il metodo, l’obiettivo è cambiare l’anima”. La prima ministra non ingannava nessuno. Da tempo la ragione neoliberista ha convertito ai nostri occhi il capitalismo in uno stato di natura. L’azione di un essere microscopico, tuttavia, non solo sta riuscendo di arrivare anche alla nostra anima, ma ha spalancato una finestra grazie alla quale respiriamo l’evidenza di quel che non volevamo vedere. Ad ogni corpo che tocca e fa ammalare, il virus reclama che tracciamo la linea di continuità tra la sua origine e la qualità di un modo di vita incompatibile con la vita stessa. In questo senso, per paradossale che sembri, affrontiamo un patogeno dolorosamente virtuoso. La sua mobilità aerea sta mettendo allo scoperto tutte le violenze strutturali e le catastrofi quotidiane là dove si producono, ossia ovunque. Nell’immaginario collettivo comincia a diffondersi una razionalità di ordine bellico: siamo in guerra contro un coronavirus. Eppure sarebbe forse più esatto pensare che è una formazione sociale catastrofica quella che è in guerra contro di noi già da molto tempo. Nel corso della pandemia, le autorità politiche e scientifiche dicono che sono le persone gli agenti più decisivi per arginare il contagio. Il nostro confinamento è inteso in questi giorni come il più vitale esercizio di cittadinanza. Tuttavia, abbiamo bisogno di essere capaci di portarlo più lontano. Se la clausura ha congelato la normalità delle nostre inerzie e dei nostri automatismi, approfittiamo del tempo sospeso per interrogarci su inerzie e automatismi. Non c’è normalità alla quale ritornare quando quello che abbiamo reso normale ieri ci ha condotto a quel che oggi abbiamo.

Ecco, quest’ultima frase è quella su cui dovremmo riflettere a livello collettivo. Come ha affermato Churchill: «L’era della procrastinazione, delle mezze misure, degli espedienti lenitivi e sconcertanti, dei ritardi sta per concludersi. Al suo posto stiamo entrando in un periodo di conseguenze». Anzi, aggiungerei, ci siamo già entrati – ma Churchill scriveva quello che scriveva per altre ragioni e nel 1936, quindi è scusato.

E invece? Invece i segnali sono tutti contrari: nessuno, tra quelli che contano, sembra aver riflettuto abbastanza nei due mesi di lockdown, sul modo in cui viviamo e anzi: si invoca da più parti una ripartenza “più forte di prima”. In un paese come il nostro dove ci sono 62 auto ogni 100 abitanti (avete letto bene: e gli abitanti sono da zero agli ultracentenari e il dato è relativamente vecchio perché è del 2017[2]) e siamo i primi in Europa (verrebbe da dire: per stupidità), sui telegiornali nazionali si intervistano… i venditori di auto che non hanno battuto chiodo nel primo trimestre di quest’anno (5mila auto vendute in tutto, a fronte delle 175mila nello stesso periodo dello scorso anno).

Poi ci sono le mascherine e i guanti: un’industria fiorente in questo periodo, verrebbe da dire, ma che vuole essere industria a tutti i costi. Facciamo un calcolo terra terra. Mettiamo che, dei 60 milioni di italiani, quotidianamente solo la metà abbia la necessità di utilizzare una sola mascherina e un solo paio di guanti al giorno. Vi sembra ragionevole? Diciamo che lo è anche se non lo è. Mettiamo che questa giusta precauzione debba essere esercitata, per legge, per i prossimi 6 mesi. Sei mesi sono la metà di un anno, ovvero 183 giorni per 30 milioni di italiani fanno 5 miliardi e 490 milioni di mascherine e altri 5 miliardi e 490 milioni di paia di guanti. Ho fatto il “conto della serva”, ma stiamo parlando di quantità difficili da immaginare. E anche di un discreto numero di euro – per l’esattezza 2 miliardi e 745 milioni se mascherina + guanti costassero 0,5 euro. Ma se constassero anche solo 0,3 euro stiamo comunque parlando di un miliardo e 647 milioni di euro. Una bella torta da spartire, soprattutto se l’orizzonte sono 6 mesi.

Le persone poi, per un effetto psicologico comprensibile – anche se non è comprensibile né condivisibile il comportamento che ne segue – una volta fatta la spesa o usati i “dispositivi di protezione individuale”, temendo che siano infetti, cosa fa? Li butta a terra! Non ci credete? Queste sono alcune foto scattate a Pisa, in città. Che credo non sia però l’unica città in cui questo avviene.

Quattro giorni fa – un po’ tardi forse… ­– un giornale online di Rovigo, «Rovigo Oggi», pone la questione, mostra una foto scattata fuori da un supermercato e offre delle indicazioni “locali” (per la zona, fornite dall’azienda che si occupa dello smaltimento dei rifiuti urbani)[3].

Solo oggi, 11 maggio, il Ministero della Salute mette online un vademecum di come “trattare” quello che, una volta usato (i dispositivi di protezione individuali), diventa rifiuto: semplicemente buttare nell’indifferenziato[4].

Nella nota inoltre, per fortuna e meno male, si parla anche delle “mascherine di comunità”, vale a dire quelle mascherine prodotte (anche) artigianalmente e lavabili, ammesse, a patto che siano multistrato, con la funzione «di ridurre la circolazione del virus nella vita quotidiana» pur non essendo «soggette a particolari certificazioni. Non devono essere considerate né dei dispositivi medici, né dispositivi di protezione individuale, ma una misura igienica utile a ridurre la diffusione del virus SARS-COV-2». Ma grazie alle quali, forse, potremmo sperare di inquinare un po’ meno il mondo e di trasformare nel solito meccanismo del business as usual anche questa vicenda.

Luciano Celi

[1] Covid-19, non torniamo alla normalità. La normalità è il problema, «Il manifesto», 4 aprile 2020.

[2] https://www.ansa.it/canale_motori/notizie/analisi_commenti/2017/05/08/italia-prima-in-europa-nel-rapporto-tra-auto-e-abitanti_516357f7-6d1d-401a-b6c9-3fd4d2c2b0fc.html

[3] https://www.rovigooggi.it/n/98931/2020-05-07/mascherine-e-guanti-usati-non-vanno-buttati-a-terra

[4] http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioNotizieNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=4722

Clicca qua per scaricare la guida “Come indossare, utilizzare, togliere e smaltire le mascherine nell’uso quotidiano” a cura dell’ISS.

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L’epidemia delle fake news https://www.semidiscienza.it/2020/05/04/lepidemia-delle-fake-news/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=lepidemia-delle-fake-news https://www.semidiscienza.it/2020/05/04/lepidemia-delle-fake-news/#respond Mon, 04 May 2020 10:52:08 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=914 Introduzione

L’esperienza coronavirus sta mettendo a dura prova il nostro Paese, con un costo di vite umane e una crisi economica che ha portato molti a paragonare questa epidemia ad una guerra. Un altro contagio che ha investito e spiazzato il nostro Paese è quello delle fake news. Abbiamo assistito infatti, nelle settimane più gravi dell’epidemia, ad un flusso inarrestabile di informazioni false o fuorvianti: errori sulle misure di precauzione, promesse di cure miracolose, teorie del complotto… Tutto ciò amplificato ulteriormente dal fatto che tutti eravamo in quarantena, attaccati ai social 24 ore su 24, quindi queste notizie percorrevano il nostro Paese da un capo all’altro in poche ore.

E’ facile fare un paragone che spiega perché una fake news sia tanto “contagiosa”: il “tempo di incubazione” che intercorre tra quando la notizia arriva al nostro cellulare e quando la inoltriamo è brevissimo, in certi casi minore di un minuto. Il “tasso di replicazione”, cioè il numero di nuove persone che la ricevono da un singolo individuo è altissimo, in certi casi di diverse decine.

Come nasce una fake news?

Il fenomeno delle fake news esiste da quando esiste la comunicazione, e non si limita certamente all’ambito biologico. Una “bufala” può avere molte forme e molti fini: screditare un avversario politico, creare panico in una comunità, fare pubblicità ad un prodotto. In altri casi una fake news nasce semplicemente da una incomprensione, un po’ come succede nel “telefono senza fili”: passando di bocca in bocca, o di cellulare in cellulare, la notizia si distorce progressivamente, si aggiungono dettagli fantasiosi, si perdono pezzi di informazione. L’argomento è così ampio che non è possibile fare una classificazione ordinata delle fake news: possiamo però provare a individuare degli elementi che ricorrono spesso, e che ci aiutano a comprenderne la sottigliezza.

Raramente una fake news è una notizia falsa: in questi casi basta poco a smentirla. Più spesso, essa è un collage di informazioni vere o verosimili, prese da fonti ufficiali o comunque credibili, rimescolate o presentate fuori contesto. Vengono dette solo alcune informazioni, mentre altre sono tralasciate. La “storia” che ne esce è completamente diversa da quella originale. Basta aggiungere qualche nesso logico al punto giusto, condire con un po’ di esortazioni a “non lasciarsi condizionare dal pensiero comune”, e la ricetta per una fake news perfetta è pronta! Nel caso delle notizie sui giornali, il titolo è l’elemento più delicato: può essere completamente scollegato dal contenuto del testo, oppure essere semplicemente sensazionalistico. Il problema è che le persone tenderanno a ricordare il titolo e non il contenuto.

Il pericolo di una fake news

Continuando il paragone con l’epidemia, ci potremmo domandare quanto sia pericolosa una fake news. Ad un’analisi superficiale, potremmo rispondere poco. Perché è semplicemente una cosa detta o sentita, perché non corrisponde a qualcosa di reale, perché scompare in fretta com’è venuta.

Sbagliato. Una bufala può essere molto dannosa, ce ne stiamo rendendo conto proprio in questi giorni. La sua pericolosità si può manifestare in molti modi:

1) Induce a seguire comportamenti inutili, o peggio dannosi. Pensiamo ad una presunta misura di prevenzione: il cittadino che la usa avrà un senso di sicurezza che non corrisponde ad una reale protezione, quindi potrebbe esporsi ad un maggiore rischio di contagio.

2) Crea rabbia e panico, che non sono mai di aiuto. In una situazione già critica, aggiungere un tale tipo di carico emotivo può avere effetti devastanti. Lo stigma sociale che stiamo vedendo nei confronti di vari “untori” è un triste esempio.

3) Genera sfiducia nella comunità scientifica e nelle autorità. Nelle comunità umane quando il leader o i suoi rappresentanti appaiono confusi o poco affidabili il resto del gruppo inizia a discostarsene e ad agire autonomamente e in maniera scoordinata.

Come sospettare una fake news?

L’unica cosa che rimane da valutare è la soluzione al problema: come arginare la diffusione delle fake news? Per il virus abbiamo messo in atto le misure di distanziamento sociale e la quarantena: questo ci ha permesso di ridurre moltissimo la sua circolazione. Possiamo fare qualcosa di simile per le bufale? Quando ricevo una fake news, se evito di inoltrarla blocco la sua diffusione, proteggendo quindi tutti quelli che non la riceveranno. La difficoltà sta nel capire quando quello che riceviamo è una notizia vera. Come facciamo a sospettare una bufala? Quando leggiamo una notizia, dobbiamo farci alcune semplici domande:

1) Viene da una fonte ufficiale? Se una vera notizia deve arrivare, sarà attraverso una dichiarazione delle autorità competenti, con un comunicato stampa o una conferenza stampa, oppure sarà pubblicata sul sito dell’organizzazione/ministero. I social network, come WhatsApp e Facebook, sono poco controllabili, è difficile risalire all’informazione “di prima mano”.

2) L’origine è attendibile? Chi è a parlare o a scrivere? Se nell’articolo, messaggio o video non viene citata nessuna fonte, non serve nemmeno proseguire: bisogna cestinare istantaneamente! Se a parlare è “un esperto”, per prima cosa bisogna controllare se esiste davvero e di cosa si occupa. Esprime un concetto derivato da evidenze scientifiche, oppure esprime la propria opinione? La sua affermazione è confermata da altri?

3) Il contenuto è in qualche modo esagerato o rivoluzionario? Le due notizie che si diffondono più facilmente in questi giorni sono la scoperta di una cura miracolosa e la rivelazione che alla base della pandemia c’è qualche oscuro complotto. Perchè? Semplice, perchè queste notizie prendono le persone “alla pancia”, giocano con le emozioni. Questa è anche la chiave che ci induce a condividerle immediatamente, mentre dovremmo aspettare e ripensarci “a sangue freddo”.

 4) Ci si può trovare un fine di lucro o qualche altro vantaggio? Se viene suggerito un farmaco, un alimento o una crema da acquistare, è probabile che qualcuno stia cavalcando il panico per vendere qualcosa. In certi casi, la strategia è più sottile: screditare un avversario, instillare il dubbio, ottenere consensi e visibilità.

Il nostro vaccino: una “coscienza scientifica”

Questi mesi ci possono e ci devono lasciare degli insegnamenti: una seria riorganizzazione e coordinazione del Sistema Sanitario Nazionale, una migliore gestione delle comunicazioni su tutti i livelli, un sostegno alla ricerca scientifica… E poi? Cosa lascia il coronavirus alle persone comuni, oltre ad una scia di paura e, in alcuni casi, di lutti? In queste settimane abbiamo rapidamente dovuto adattarci a comportamenti mai tenuti prima, per limitare al massimo il rischio di contagio. Li conserveremo, o dopo pochi mesi finiranno nel dimenticatoio? E per quanto riguarda le bufale, saremo in grado di prevenire l’insorgenza di future info-epidemie simili a quella in atto e a contrastarle efficacemente?

La risposta a queste domande certamente dipenderà dall’impegno non solo delle istituzioni e dei professionisti in ambito sanitario e dell’informazione ma anche, e soprattutto, dai singoli individui, dalle azioni di ciascuno di noi. Per quanto riguarda le fake news, la strategia che possiamo mettere in atto è semplice: opporre resistenza alle bufale, ridurne la diffusione, rintracciarle e smontarle. Ma c’è modo di prevenirle? Di stroncarle sul nascere? A questo scopo servirebbe un vaccino. Nel caso delle fake news, il migliore vaccino è: essere in grado di distinguere una fonte attendibile e sapere quali sono i siti corretti su cui cercare le informazioni (Google non ci fornisce i risultati in ordine di scientificità!). Per ogni argomento ci sono dei siti chiari e affidabili, inoltre ci sono tanti medici, ricercatori, divulgatori e organizzazioni a cui chiedere chiarimenti.

Speriamo che l’epidemia di coronavirus ci lasci soprattutto questo: una maggiore consapevolezza che le conoscenze scientifiche, anche quelle più basilari, sono importanti per la vita di tutti i giorni, e ancor più nelle situazioni difficili come questa. E’ fondamentale per questo sviluppare una “coscienza scientifica” che diventi parte integrante del nostro bagaglio culturale e che ci renda “vaccinati” da tutte le fake news.

Siti attendibili su cui cercare informazioni inerenti a coronavirus:

Siti attendibili per cercare informazioni di tipo medico:

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#stopcovid19 è un progetto di divulgazione scientifica nato durante l’emergenza coronavirus, con l’obiettivo di diffondere informazioni attendibili e smontare le fake news che rischiano di rendere ancora più difficile la lotta al COVID-19. Il team è costituito da un gruppo di studenti di Medicina e Biotecnologie dei 3 atenei pisani: Scuola Superiore Sant’Anna, Università di Pisa, Scuola Normale Superiore.

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Evento Bio[tecno]logico https://www.semidiscienza.it/2020/04/23/evento-biotecnologico/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=evento-biotecnologico https://www.semidiscienza.it/2020/04/23/evento-biotecnologico/#respond Thu, 23 Apr 2020 16:28:07 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=909 In questi giorni avremmo dovuto partecipare ad un evento di divulgazione scientifica che sarebbe stato realizzato a Pisa. L’iniziativa sarebbe stata la prima edizione e sarebbe durata due giorni, grazie all’impegno di alcuni studenti della Scuola Superiore Sant’Anna, della Scuola Normale Superiore e del’Università di Pisa. L’emergenza sanitaria ha impedito il normale svolgimento di questa attività.

Semi di Scienza era pronta con i suoi volontari a parlare di comunicazione scientifica, di come trovare notizie scientifiche attendibili e di come evitare le fake news. Ci riproveremo.

L’evento si terrà nei giorni 30 settembre e 1 ottobre.

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Attualità e futuro https://www.semidiscienza.it/2020/04/06/attualita-e-futuro/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=attualita-e-futuro https://www.semidiscienza.it/2020/04/06/attualita-e-futuro/#respond Mon, 06 Apr 2020 16:12:31 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=899 di Yuri Galletti


Nel gennaio del 2019 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), agenzia specializzata delle Nazioni Unite nata nel 1946 per occuparsi di salute [1], pubblicò una lista di dieci minacce alla salute globale all’interno del 13° Programma Generale di Lavoro (2019-2023) [2]. Colpisce particolarmente trovare al terzo posto una pandemia influenzale globale. Secondo l’OMS: “il mondo affronterà una pandemia influenzale, anche se non si sa quando colpirà e quanto sarà grave”. Dunque, la comunità scientifica prevedeva da alcuni anni con probabilità molto alta che nel mondo si potessero verificare delle epidemie e pandemie. Interessante è anche scoprire che la più grande emergenza planetaria che dobbiamo affrontare, secondo l’OMS, è dovuta all’inquinamento atmosferico e ai cambiamenti climatici. Per approfondire quest’ultimo punto, occorrono alcune precisazioni scientifiche. Infatti, quando parliamo di clima, facciamo riferimento ad un complesso sistema molto dinamico costituito da idrosfera, atmosfera, biosfera, criosfera e litosfera. Quando si parla di variabilità climatica ci riferiamo sia a fluttuazioni dovute a cause naturali (come la circolazione degli oceani) sia ad oscillazioni più marcate dovute a fattori esterni (come le attività antropiche).

La comunità scientifica internazionale è oggi unanimemente concorde nel considerare le attività degli esseri umani come causa determinante dell’attuale riscaldamento globale. Il dibattito sulla questione climatica è comunque aperto da molti decenni. La prima conferenza sul clima risale addirittura al 1979, a Ginevra, quando venne adottato il programma mondiale di ricerca sul clima. Nel 1988 nasce il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) che, basandosi sulla letteratura scientifica pubblicata, valuta lo stato del cambiamento climatico globale. Ad oggi sono stati pubblicati cinque rapporti dell’IPCC sul clima, e nel 2021 ne uscirà uno nuovo. L’ultimo rapporto di valutazione sui cambiamenti climatici, a cui hanno partecipato scienziati provenienti da oltre 110 Paesi, è il quinto (AR5) ed è uscito nel 2014 [3]. In questo documento viene esplicitamente dichiarato che per limitare l’aumento di temperatura di 2°C rispetto ai valori preindustriali, occorre ridurre e azzerare le emissioni di CO2 (anidride carbonica, uno dei principali gas serra) entro il 2050. Questo vuol dire che non ci rimane più troppo tempo, ormai da decenni conosciamo le conseguenze a cui andiamo incontro se non mettiamo in atto delle misure opportune per contenere l’entità del cambiamento climatico.

Oggigiorno ogni individuo attraverso le sue azioni, modifica indubitamente la vita di tutti gli altri abitanti del Pianeta. Sfortunatamente, a causa del ritardo che intercorre tra causa ed effetto, può accadere che ci rendiamo conto delle conseguenze delle nostre azioni soltanto dopo decenni e che queste conseguenze perdurino poi per secoli e millenni. Questo è il caso delle attività antropiche più impattanti. Infatti, l’attuale emergenza sanitaria dovuta al virus Covid-19 ci segnala quanto la percezione del rischio sia fondamentale. Quando il rischio è imminente si agisce. Al contrario, quando il rischio non è imminente, pur disponendo in anticipo di tutti gli elementi che ci consentirebbero di minimizzare un problema, tardiamo ad agire, e lo facciamo soltanto quando esso ci colpisce direttamente. Purtroppo, agendo tardivamente, le conseguenze diventano spesso più pesanti rispetto a quelle che si sarebbero verificate adottando per tempo delle opportune strategie di prevenzione e politiche lungimiranti. La gestione dell’attuale pandemia ha mostrato che in tutti i Paesi colpiti, la prima reazione è stata quella di sottovalutare il fenomeno. Successivamente sono state prese misure adeguate, grazie al lavoro degli esperti scienziati che stanno tuttora indicando ai decisori politici quali azioni è necessario mettere in atto.

L’attuale situazione emergenziale evidenzia l’importanza e la necessità di fare riferimento ai report, ai documenti ed agli articoli che ogni anno vengono pubblicati dalla comunità scientifica. Per quanto riguarda la lotta all’inquinamento e al riscaldamento globale, gli scienziati tentano da decenni, senza successo, di indicare ai decisori politici quali scelte sia necessario mettere in atto. Interessante notare che una delle conseguenze principali del lockdown sia stata la riduzione di alcuni inquinanti atmosferici (in particolare il diossido di azoto, NO2), come dimostrato dall’Agenzia Spaziale Europea che ha diffuso un’animazione delle immagini raccolte dal satellite Copernicus Sentinel-5P [4]. Purtroppo, per decenni, l’inquinamento e i suoi effetti dannosi sulla salute delle persone e sull’ambiente sono stati trascurati sia dai governi nazionali che dalla governance globale; oggi l’inquinamento è la principale causa ambientale di malattia e morte nel mondo, responsabile di circa 9 milioni di morti premature [5]. Va altresì considerato che i fattori ambientali, inclusa la variabilità climatica stagionale, possono avere un forte impatto sui modelli spazio-temporali delle malattie infettive [6].

È bene, inoltre, ricordare che tutte le emergenze globali che stiamo affrontando ed affronteremo hanno gravi conseguenze anche sulle nostre economie. Il mutamento del clima graverà sulla produttività, sulle infrastrutture, sul mondo del lavoro, sulla biodiversità e sulla stabilità politica. Solo nell’anno 2017 le catastrofi legate alle condizioni meteorologiche hanno causato danni economici in Europa per la cifra di 283 miliardi di euro [7].

In definitiva, oggi, in seguito all’emergenza coronavirus seguiamo alla lettera gli avvertimenti che ci arrivano dalla comunità scientifica, dimostrando un importante senso di responsabilità, ma terminata l’emergenza sanitaria cosa accadrà? Indubitamente, se non seguiremo le indicazioni lanciate dal mondo scientifico, nel momento in cui tutte le alterazioni ambientali che stiamo provocando diventeranno palesi, potremmo non avere più margini di manovra, e saremo costretti a subire le conseguenze. Quella ambientale è una sfida epocale, che richiede di abbandonare l’attuale modello economico, ben al di sopra del livello di sostenibilità della Terra, le cui risorse sono finite, a favore di un nuovo paradigma di sviluppo.

E’ altresì essenziale che avvenga un gigantesco cambiamento nel mondo dell’informazione. Aldous Huxley [8] temeva che la verità sarebbe stata sepolta da un mare di notizie irrilevanti. Purtroppo stiamo già vivendo questa situazione, in un’attualità in cui fa notizia la “non notizia” ed è prioritario combattere le fake news, fomentate in talune circostanze anche da importanti decisori politici.

Infine è molto importante sollecitare le azioni individuali, fin da subito. Dopo questa crisi, ci accorgeremo forse che stavamo vivendo in un modo insostenibile. La maggior parte dei problemi che stiamo vivendo sono legati ai cambiamenti indotti dalle nostre azioni verso l’ambiente in cui vive la nostra specie e tutte le altre che lo abitano. Allora è il momento di agire, anche individualmente, eliminando gli sprechi alimentari ed energetici, consumando meno e consapevolmente, producendo meno rifiuti, riciclando, riutilizzando, rivalorizzando gli oggetti e i vestiti che abbiamo nelle nostre case, utilizzando di più la bici ed i mezzi pubblici, sprecando meno acqua e mangiando prodotti a basso impatto ambientale. Oggi stiamo seguendo il mònito degli scienziati dando il buon esempio e restando nelle nostre case, domani occorre seguirlo (il mònito) agendo in modo consapevole e sostenibile. Lo dobbiamo a noi, alla nostra specie, alle altre e alle future generazioni.

[1] https://www.who.int/

[2] https://www.who.int/about/what-we-do/thirteenth-general-programme-of-work-2019—2023

[3] https://www.ipcc.ch/

[4] https://www.youtube.com/watch?time_continue=5&v=YECpQhR9cAA&feature=emb_logo

[5] https://www.thelancet.com/commissions/pollution-and-health

[6] https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.03.23.20040501v2

[7] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52018DC0773

[8] https://www.swissre.com/dam/jcr%3A552d59b2-76c6-4626-a91a-75b0ed58927e/Pandemics_in_a_changing_climate_Full_report_FINAL.pdf

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