Sostenibilità – Semi di Scienza https://www.semidiscienza.it Wed, 13 Mar 2024 13:03:34 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.8.10 https://www.semidiscienza.it/wp-content/uploads/2019/01/cropped-Semi-di-scienza-1-32x32.png Sostenibilità – Semi di Scienza https://www.semidiscienza.it 32 32 A scuola di energia https://www.semidiscienza.it/2024/03/03/a-scuola-di-energia/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=a-scuola-di-energia https://www.semidiscienza.it/2024/03/03/a-scuola-di-energia/#respond Sun, 03 Mar 2024 18:54:42 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2666 Durante lo scorso anno scolastico (2022-2023) le divulgatrici e i divulgatori della nostra associazione hanno svolto un percorso didattico sull’energia nelle scuole primarie di oltre 30 istituti comprensivi toscani, nelle province di Pisa, Firenze, Pistoia e Prato.

Gli obiettivi del progetto sono stati:

· far conoscere le diverse risorse energetiche

· rendere gli alunni consapevoli sul risparmio energetico

· diffondere soluzioni per uno stile di vita più sostenibile

L’incontro, della durata di due ore per ogni classe, è stato l’occasione per trattare il tema delle risorse energetiche partendo dalla differenza tra le fonti rinnovabili e quelle non rinnovabili. Un focus specifico è stato dedicato, in termini generali, agli obiettivi 1 (lotta alla povertà), 3 (salute e benessere), 4 (istruzione di qualità), 6 (acqua pulita), 7 (energie rinnovabili) e 13 (lotta al cambiamento climatico) dell’Agenda 2030. Il percorso prevedeva inoltre un’attività che metteva in risalto le parole chiave del mondo energetico e i dati più importanti relativi a questo settore. In conclusione è stata discussa la possibilità di adottare alcuni comportamenti virtuosi in ottica di risparmio energetico e abbattimento degli sprechi.

Ecco qui le proposte di comportamenti virtuosi presentate ai Dirigenti scolastici e alle famiglie degli studenti che abbiamo incontrato:

1) Regolare la temperatura del termostato e controllare la temperatura degli ambienti. Abbassando la temperatura di un solo grado si ottiene un risparmio del 5-8%. Il consiglio è quello di impostare la temperatura domestica attorno ai 20 gradi (+ o – 2 °C, quindi range ideale 18-22°C, dati OMS).

2) Effettuare sempre la manutenzione degli impianti.

3) Evitare di coprire termosifoni con oggetti, ostacoli o mobili.

4) Non lasciare le finestre aperte a lungo.

3) Spegnere sempre la luce quando si esce dalla stanza.

4) Acquistare lampadine a risparmio energetico.

5) Acquistare elettrodomestici di classe energetica superiore.

6) Spegnere sempre il monitor del computer quando non si utilizza e spegnero lo stand by degli apparecchi elettronici (TV compresa). Lasciare un dispositivo elettronico in stand by comporta circa il 7% in più di consumo elettrico nell’arco di un anno.

7) Non lasciare il frigorifero troppo tempo aperto.

8) Utilizzare infissi a doppi vetri.

9) Installare, se possibile, impianti di generazione di energia rinnovabile.

10) Utilizzare le ciabatte multipresa con interruttore. Spegnere la ciabatta quando non serve.

11) Ridurre i consumi di acqua e evitare di sprecarla. Non far scorrere l’acqua quando vengono lavati i denti o vengono insaponate le mani. Lasciando aperto il rubinetto puoi consumare fino a 15-25 litri mentre sarebbero sufficienti non più di 2-3 litri.

12) Fare la doccia è preferibile al bagno perché si consuma meno acqua. Inoltre si consiglia di chiudere l’acqua durante lo shampoo.

13) Evitare gli sprechi di cibo, fare attenzione ad acquistare solo la quantità di alimenti che realmente serve facendo attenzione alla data di scadenza.

14) Comprare, preferibilmente, prodotti locali e controllare sempre l’etichetta.

15) Comprare, quando si può, prodotti alla spina cercando quei negozi che promuovono il cibo sfuso nella tua città.

16) Spostarsi a piedi o muoversi in bicicletta o in monopattino, utilizzando l’automobile solo quando necessario.

17) Organizzare una campagna informativa nella tua scuola o nel tuo quartiere, chiamando persone esperte per parlare di ambiente e sostenibilità.

Il presente percorso didattico verrà realizzato nuovamente durante il corrente anno scolastico (2023-2024), in circa 50 classi toscane.

Il presente progetto è supportato e finanziato da Toscana Energia.

Autore: Yuri Galletti

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“Profili Antropici”: risultati del progetto https://www.semidiscienza.it/2023/12/31/si-e-concluso-il-progetto-di-citizen-science-profili-antropici/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=si-e-concluso-il-progetto-di-citizen-science-profili-antropici https://www.semidiscienza.it/2023/12/31/si-e-concluso-il-progetto-di-citizen-science-profili-antropici/#respond Sun, 31 Dec 2023 16:23:31 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2635

Si è concluso il progetto di Citizen Science “Profili Antropici”, finanziato dall’8 per Mille Chiesa Valdese, grazie al quale abbiamo quantificato i rifiuti abbandonati su tre spiagge caratterizzate da diverse condizioni ambientali e di utilizzo da parte dei cittadini lungo la costa toscana e individuato possibili misure di regolamentazione che possono essere adottate dagli amministratori locali.

Le tre spiagge monitorate sono state Bocca di Serchio (Marina di Vecchiano, PI), Cala del Leone (LI), Lillatro (Rosignano, LI).

La maggior parte dei rifiuti trovati sono oggetti o frammenti di oggetti in plastica, e a ogni campionamento e in ogni spiaggia è stata superata la soglia precauzionale della Strategia marina europea per il buono stato ecologico: 20 rifiuti /100m.

L’inquinamento tossico da rifiuti di plastica mina la salute umana, contribuisce alla perdita di servizi ecosistemici e culturali e genera cambiamenti ambientali dannosi su larga scala e a lungo termine, mettendo a rischio la sostenibilità degli ecosistemi marini e costieri. Per essere affrontato, richiede l’adozione di misure normative a livello internazionale, nazionale e locale. L’identificazione degli oggetti maggiormente presenti nel marine litter è essenziale per definire le priorità delle politiche ambientali al fine di prevenire la dispersione della plastica e promuovere un’economia circolare.

Abbiamo condiviso i dati raccolti nell’ambito del progetto Profili Antropici con le tre amministrazioni comunali (Marina di Vecchiano, Livorno, Rosignano) e sottomesso un abstract per la X edizione del Simposio Internazionale “Il Monitoraggio Costiero Mediterraneo: problematiche e tecniche di misura” organizzato dall’Istituto di BioEconomia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IBE) in collaborazione con la Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale (SISEF), che si terrà a Livorno dall’11 al 13 Giugno 2024 presso il Museo di Storia Naturale del Mediterraneo.

Di seguito i risultati del progetto in forma sintetica:

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Scenari per un’Italia “tutta rinnovabile” https://www.semidiscienza.it/2023/09/10/scenari-per-unitalia-tutta-rinnovabile/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=scenari-per-unitalia-tutta-rinnovabile https://www.semidiscienza.it/2023/09/10/scenari-per-unitalia-tutta-rinnovabile/#respond Sun, 10 Sep 2023 14:02:12 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2494

È possibile immaginare per il nostro Paese una transizione completa verso le fonti di energia rinnovabili? I motivi, sempre più urgenti per una transizione energetica – che significa a tutti gli effetti una transizione ecologica – sono ormai noti a tutti: ma è concretamente fattibile?

Se lo sono chiesti un gruppo di ingegneri e tecnici di ASPO (sezione italiana dell’Association for the Study of Peak Oil) e ricercatori/tecnologi dell’Istituto per i Processi Chimico-Fisici del Consiglio Nazionale delle Ricerche e ne è venuto fuori uno studio – liberamente scaricabile a questo link – che analizza diversi possibili scenari. Lo scopo principale di questa analisi è valutare la generale fattibilità di un sistema energetico italiano completamente basato su fonti energetiche rinnovabili. In particolare, si sono volute quantificare le dimensioni necessarie per l’apporto di fotovoltaico ed eolico, e le problematiche legate alla intermittenza di queste fonti, sia su scala circadiana che annuale. Si è confrontato quindi un ipotetico profilo di produzione, basato sui dati reali di produttività degli impianti esistenti per ciascuna delle 8760 ore che compongono un anno, con il profilo di consumo derivato, con alcune assunzioni, da quello reale del 2019. Il confronto è basato su un modello e su assunzioni differenti in relazione alle possibili strategie per affrontare il problema.

Una delle precisazioni a cui gli autori tengono è che lo studio non è da considerarsi un piano energetico o il progetto di un sistema energetico reale, ma solamente uno strumento per fornire indicazioni quantitative sulle dimensioni attese e sui problemi che questo sistema dovrà affrontare. La prima assunzione fatta riguarda la completa elettrificazione dei consumi, utilizzando le tecnologie più efficienti oggi disponibili. In questo modo è possibile ottenere la stessa energia finale (calore, movimento, servizi) utilizzando annualmente 700 TWh (miliardi di kWh) di energia elettrica anziché i 1.800 TWh di energia primaria (quella contenuta soprattutto in combustibili fossili) che utilizziamo oggi.

Una delle prime evidenze che risultano dall’analisi è che non è realisticamente possibile realizzare sistemi di accumulo, soprattutto stagionale, in grado di coprire questi consumi in modo continuativo. Non solo: uno dei principali “insegnamenti” di questa analisi è che sarà necessario ridurre i consumi in modo importante, attraverso misure di sobrietà, efficienza e risparmio. Infatti, l’unica simulazione in cui è stata verificata una copertura totale dei consumi prevede un fabbisogno annuo di 350 TWh, cioè, cioè la metà del fabbisogno attuale. Il solo incremento dell’efficienza energetica non basta, occorre dimezzare la domanda finale di energia.

Per coprire questi fabbisogni servirà una massiccia installazione di impianti fotovoltaici ed eolici, come dettagliato nel report. L’intermittenza giorno-notte, soprattutto del fotovoltaico, può essere coperta disponendo di sistemi di accumulo per circa 4 kWh ad abitante. Per quanto si possano utilizzare gli attuali sistemi idroelettrici a doppio bacino, la maggior parte dell’accumulo deve essere realizzata con batterie. Questo richiede, con la tecnologia attuale (batterie agli ioni di litio), circa 650 grammi di litio ad italiano che, distribuiti sulla durata attesa delle batterie, è molte volte superiore all’attuale produzione mondiale per abitante della Terra.

Occorrerà quindi prevedere un aumento della produzione, e un efficiente riciclo delle batterie a fine vita. Il problema potrà essere in buona parte risolto dall’avvento delle batterie a ioni di sodio, attualmente in fase avanzata di studio e sperimentazione. Anche con un efficiente sistema di accumulo giorno-notte, le variazioni stagionali comportano un esubero di produzione estivo e un ammanco invernale. Periodi estivi con assenza di vento provocano ammanchi notturni anche nei mesi estivi. È quindi necessario un sistema di accumulo stagionale. L’accumulo idroelettrico non è assolutamente adatto, e comunque è più efficacemente utilizzato per l’accumulo nel breve periodo. Lo studio ipotizza quindi, a questo scopo, l’utilizzo di gas metano di sintesi, accumulato negli attuali stoccaggi per il gas naturale e utilizzato per produrre energia elettrica nelle attuali centrali turbogas. Il metano verrebbe prodotto dall’esubero estivo di energia (processo Sabatier) a partire da idrogeno “verde” e anidride carbonica catturata dai camini delle centrali. Il processo è differente da quello attualmente suggerito (stoccaggio diretto dell’idrogeno), ma le rese finali, includendo tutte le perdite, e le capacità di accumulo sono confrontabili. Anche utilizzando tutti i depositi geologici disponibili sul nostro territorio, nella situazione in cui si mantenga il fabbisogno di energia finale attuale si verificherebbero ammanchi di energia per il 20% del tempo totale, concentrati in particolare nelle ore notturne dei mesi invernali. Come indicato sopra, sono pertanto necessarie misure importanti di riduzione dei consumi energetici.

In conclusione, se un sistema basato su rinnovabili è fattibile, per garantire la copertura dei fabbisogni in ognuna delle 8760 ore che compongono un anno serve uno sforzo notevole su molti fronti, ma la posta in gioco è il nostro futuro.

Autore: Luciano Celi, Presidente di ASPO Italia

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Lo Sfalcio dei Prati https://www.semidiscienza.it/2023/05/23/lo-sfalcio-dei-prati/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=lo-sfalcio-dei-prati https://www.semidiscienza.it/2023/05/23/lo-sfalcio-dei-prati/#respond Tue, 23 May 2023 11:08:30 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=2402

Di Matteo Bo

Lo sfalcio dei prati, inteso come la fienagione dei campi agricoli o più semplicemente il taglio dell’erba nel proprio giardino, è un’azione che può avere un impatto non trascurabile sull’ambiente. In questo articolo, nella fase dell’anno in cui si verifica la maggior frequenza dei tagli, si descriveranno alcune caratteristiche di questo fenomeno ecologico alla micro-scala dando qualche spunto utile nella gestione delle aree verdi urbane e delle conseguenti ricadute per le numerose forme di vita che ospitano.

È un dato ormai assodato che il passaggio dai sistemi tradizionali di coltivazione all’agricoltura intensiva ha eliminato una notevole quantità di spazi e nutrienti per numerose specie animali e vegetali che prosperavano nelle nostre campagne. Un esempio tipico è il taglio degli alberi ad alto fusto e l’eliminazione delle siepi così come l’estensione delle superfici coltivate a monocoltura (mais tipicamente) che hanno stravolto il paesaggio della pianura padana (e non solo) generando la forte riduzione o sparizione di varie specie autoctone di invertebrati, piccoli mammiferi e uccelli. La seguente immagine tratta dal sito dell’associazione culturale La Biolca rende un’idea di tale sconvolgimento del paesaggio agricolo.

Fonte: La Biolca

Questo contesto ha portato le rimanenti specie animali a rivolgersi alle superfici ancora naturali, ai prati incolti e agli spazi urbani (parchi pubblici e giardini privati) per procacciarsi i nutrienti necessari. Il taglio dell’erba in queste aree può stravolgere nel giro di pochi minuti non solo l’estetica del posto ma anche le possibilità di sopravvivenza di molti animali e lo stesso micro-clima. Un prato fiorito è infatti la casa vera e propria di vari animali (invertebrati di vario ordine, serpenti e piccoli roditori per fare qualche esempio) nonché il “negozio di alimentari” di tutte le specie impollinatrici. Inoltre, la presenza di “erba alta” comporta una maggiore capacità di trattenere l’umidità da parte del terreno agendo in contrasto con i fenomeni di erosione e siccità, proteggendo anche gli arbusti e le piante ad alto fusto dai prolungati periodi senza precipitazioni.

Come descritto in un recente articolo di Nuova Ecologia, in alcuni paesi quali la Germania e la Svizzera sono state regolamentate le attività di sfalcio per contrastare la perdita di biodiversità da esse generato. Con poca differenza nelle scelte effettuate nella gestione delle proprie aree verdi pubbliche e private si può infatti arricchire o impoverire fortemente l’ecosistema di una città e dei suoi dintorni. Un esempio è quello di uno studio condotto nella Riserva naturale di Canale Monterano sulle frequenze orarie di passaggio al nido per nutrire i pulli da parte di differenti famiglie di uccelli Saltimpalo: nelle aree sfalciate si è passati da 24-25 prede/ora a 12-13 prede/ora con una riduzione anche delle dimensioni degli insetti predati e conseguentemente delle possibilità di vita dei piccoli. Un dato altresì significativo è che tra Stati Uniti e Canada (ma la situazione in Italia può essere richiamata, pur con le dovute proporzioni) la scelta di coltivare i giardini  “all’inglese” occupa uno spazio di circa 25 milioni di ettari (circa 10 volte la Sardegna come sottolineato in un post di Alberto DeLogu): si tratta della più grande tipologia di “coltivazione” del Nord America, con una biodiversità bassissima, senza fornire nutriente alla grandissima maggioranza delle specie animali che vivono nei prati, determinando il consumo di milioni di barili di benzina e producendo milioni di tonnellate di anidride carbonica.

Per fortuna esistono alcune buone pratiche, soprattutto anche di semplice implementazione, per ridurre o evitare lo sconvolgimento dovuto al taglio delle aree verdi, tra le quali:

  • Effettuare un taglio “a mosaico” ovvero lasciando alcune aree nel pieno della fioritura incolte per poi rimandare ad un successivo taglio,
  • Tagliare a 10-12 cm e non a raso in modo da aumentare le possibilità di sopravvivenza di bruchi, anfibi e rettili,
  • Effettuare un taglio ritardato di qualche giorno consentendo di completare i cicli di riproduzione di alcuni animali e la semina naturale dei fiori,
  • Nei campi e nelle superfici estese, iniziare il taglio dal centro e non da un lato in modo da permettere a molti animali di mettersi in salvo verso i bordi esterni,
  • Lasciare aree incolte durante il periodo invernale rimandando l’eventuale fresatura di orti e campi.

Come riflessione finale, un po’ provocatoria e forse un po’ banale, la domanda che dovrebbe porsi ciascun proprietario di una superficie verde di varia dimensione quando si tratta di gestirla nel taglio o nella potatura: posso attendere ancora un po’ e lasciare magari anche quell’angolo incolto, risparmiando 2 litri di benzina del decespugliatore o qualche kW di elettricità del tosaerba, per godere della vista di qualche apina e del cinguettio di qualche uccello? Quanti litri d’acqua risparmio lasciandola più alta e non dovendola quindi irrigare in continuo perché non ingiallisca?

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Criptovalute e sostenibilità: un connubio possibile? https://www.semidiscienza.it/2022/10/17/criptovalute-e-sostenibilita-un-connubio-possibile/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=criptovalute-e-sostenibilita-un-connubio-possibile https://www.semidiscienza.it/2022/10/17/criptovalute-e-sostenibilita-un-connubio-possibile/#respond Mon, 17 Oct 2022 20:40:42 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=1949 Ph. di André François McKenzie su Unsplash

Di Maila Agostini

Le criptovalute sono valute visualizzabili solo conoscendo un codice di accesso; non esistono in forma fisica, quindi non è possibile trovare in circolazione, per esempio, bitcoin in formato cartaceo o metallico. Questo tipo di “moneta” non ha corso legale quasi da nessuna parte del mondo; l’accettazione come metodo di pagamento è quindi su base volontaria. Tuttavia, qualche stato come l’Uruguay e il Venezuela hanno deciso di sperimentare l’utilizzo di valuta virtuale nei propri paesi.
Le criptovalute hanno alcune caratteristiche particolari:

  • un protocollo, cioè un codice informatico che specifica il modo in cui i partecipanti possono effettuare le transazioni;
  • un “libro mastro” (blockchain) che conserva la storia della transazioni;
  • una rete decentralizzata di partecipanti che aggiornano, conservano e consultano il libro mastro secondo le regole del protocollo.

Sono soggette a fluttuazioni molto ampie, quindi sono poco efficienti come mezzo di pagamento, in quanto risulta difficile prezzare beni e servizi. Tuttavia, visto che il numero di criptovalute che possono essere generate è limitato, potrebbero assolvere, in futuro, a una funzione di scambio.

Si tratta di monete virtuali decentralizzate, ovvero che non rientrano sotto il controllo di istituti finanziari o governi; essendo immateriali, sembrano “green”, ma sono davvero così sostenibili?
La maggior parte delle persone, pur avendo sentito parlare di criptovalute e blockchain, ha ancora difficoltà a capire come funzionano queste tecnologie. Di cosa stiamo parlando esattamente? Si tratta di una risorsa finanziaria digitale decentralizzata; proprio per questo motivo, le loro fluttuazioni in borsa sono più drastiche rispetto ai tradizionali prodotti economici. La più nota di queste monete digitali è il Bitcoin, le cui transazioni vengono registrate sulla blockchain, una specie di registro digitale in cui le voci sono concatenate in ordine cronologico, che rappresenta il “libro mastro” in cui vengono registrate le operazioni. Le monete virtuali possono essere utilizzate come forma di pagamento per acquisti online, essere scambiate con valute reali oppure essere trattate come un prodotto di investimento, quindi conservate e scambiate quando il mercato è più favorevole.
Ma una moneta virtuale non nasce dal nulla; ha bisogno di essere creata tramite una tecnica chiamata mining.


Mining Farm e alternative


Abbiamo detto che la blockchain rappresenta il libro mastro delle valute digitali; perché tutte le transazioni vengano controllate, i nodi, che rappresentano decine di migliaia di computer, si collegano per supervisionare il funzionamento della catena digitale. Devono quindi dare il via libera alla transazione, verificando che sia autentica, e vengono “pagati” per questo lavoro di controllo proprio in criptovaluta. Tuttavia, non tutti i computer che si collegano approvano la transazione, masoltanto il primo che riesce a risolvere un complicato algoritmo. Si genera quindi una “gara”, in cui migliaia di computer competono per trovare la soluzione.

Siamo al punto caldo; le critiche principali che vengono mosse a queste tecnologie sono dovute alle enormi emissioni di anidride carbonica delle mining farm. Le macchine, lavorando in competizione per la stessa transazione, si azionano simultaneamente; questo vuol dire che si consumano quantità elevatissime di elettricità che, ovviamente, produce gas serra.

Alcune valute sono più sostenibili di altre, anche solo per il minore numero di transazioni che vengono effettuate con quella moneta. Ci sono quindi più fattori da considerare: il numero di transazioni, gli algoritmi e i sistemi utilizzati. Non tutte le criptomonete utilizzano il metodo proof of work; alcune si basano su tecnologie proof of storage, che invece di riservare capacità di calcolo riserva spazio di archiviazione, oppure block lattice, un’infrastruttura simile a una catena di blocchi in cui ogni utente è proprietario della sua catena e quindi l’intera rete non viene aggiornata contemporaneamente; si può altrimenti utilizzare il sistema proof of stake, che seleziona casualmente alcuni nodi della blockchain. Questi metodi sono molto più ecologici rispetto al proof of work.

Il meccanismo proof of stake richiede meno dell’1% dell’energia utilizzata per minare Bitcoin; questo significa che è possibile aumentare il numero di transazioni gestite di quasi un ordine di grandezza. Un cambiamento radicale si avrà con il passaggio di Ethereum al sistema proof of stake. Essendo questa valuta la seconda per importanza, il numero di operazioni gestite dalla stessa potrebbe aumentare, mentre diminuiscono i consumi necessari per la gestione.
Se si trattasse soltanto di monete scambiate a fini speculativi, forse il problema non sarebbe così grande; in realtà, alcune di queste valute virtuali consentono l’utilizzo della tecnologia blockchain per diverse applicazioni. Cardano, per esempio, su richiesta del governo etiope, tiene traccia delle performance degli studenti, per evitare falsificazioni di certificati scolastici, piaga diffusa nel paese. Altre, invece, come Ethereum, consentono di autenticare le proprie opere d’arte digitali, permettendo agli artisti di avere un compenso per il loro lavoro. 


Verso la svolta green


Risulta quindi evidente che i big del settore tecnologico abbiano un grande peso nella svolta green delle criptomonete. Questo ha portato parte dell’industria legata al mining, a lavorare a un accordo sul clima, in modo da limitare il costo energetico dei nodi coinvolti nelle operazioni (basti pensare che, da solo, il Bitcoin consuma annualmente la stessa energia di Hong Kong, mentre Ethereum consuma circa quanto la Lituania). Questa operazione di auto-regolamentazione si impone due tappe principali: la prima, da raggiungere entro il 2030, vede tutte le operazioni sostenute da fonti rinnovabili; la seconda tappa, fissata per il 2040, mira a raggiungere la neutralità climatica con emissioni zero. Questo significa che si dovrà trovare anche uno standard comune per misurare le emissioni dovute alle valute digitali.


Sarà un compito arduo il coinvolgere tutti gli attori di questo mercato, proprio perché la maggior parte delle criptomonete è pensata per essere un sistema decentralizzato e senza supervisione. Inoltre, momentaneamente, non si hanno obiettivi concreti, se non i due principali, la sostenibilità e l’impatto zero, fissati per il 2030 e il 2040. Probabilmente questo è dovuto anche al fatto che si tratta di un settore innovativo, in cui si ha la necessità di trovare nuove strade. La difficile sfida per rendere green le criptovalute, guidata interamente dal settore privato, è appena all’inizio.


Sitografia:
www.cryptoclimate.org
www.theverge.com/
www.greencluster.it

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Inquinamento da plastica sulle rive del fiume Durance: prima quantificazione e possibili misure ambientali per ridurlo https://www.semidiscienza.it/2022/09/05/inquinamento-da-plastica-sulle-rive-del-fiume-durance-prima-quantificazione-e-possibili-misure-ambientali-per-ridurlo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=inquinamento-da-plastica-sulle-rive-del-fiume-durance-prima-quantificazione-e-possibili-misure-ambientali-per-ridurlo https://www.semidiscienza.it/2022/09/05/inquinamento-da-plastica-sulle-rive-del-fiume-durance-prima-quantificazione-e-possibili-misure-ambientali-per-ridurlo/#respond Mon, 05 Sep 2022 11:32:42 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=1717

Di Tosca Ballerini

L’inquinamento da plastica è uno dei problemi più urgenti del nostro tempo, con impatti negativi sugli ecosistemi naturali, sulla salute umana e sul sistema climatico. L’identificazione dei principali rifiuti abbandonati nell’ambiente è essenziale per definire le priorità delle politiche ambientali volte a prevenire le perdite di plastica e a promuovere un’economia circolare.

Nell’articolo scientifico “Plastic pollution on Duranceriverbank: first quantification and possible environmental measures to reduce it” sono stati presentati i primi dati di abbondanza di macrorifiuti in tre siti sulla riva del fiume Durance e in un sito sulla spiaggia del lago Serre-Ponçon, nella Région SUD-Provence-Alpes-Côte d’Azur, nel sud-est della Francia, e sono state proposte delle misure ambientali per ridurre tale inquinamento.

Rifiuti di plastica: l’82% dei rifiuti

I dati sono stati raccolti attraverso la citizen science tra il 2019 e il 2020 e in totale sono stati classificati 25.423 rifiuti, di cui l’82% era costituito da plastica.

Gli articoli in plastica monouso corrispondono all’8,13% del totale, mentre le bottiglie di plastica monouso sono tra i primi 10 rifiuti in ogni sito.

L’abbondanza mediana di rifiuti in tutti i campioni è di 2.081 oggetti/100 m, due ordini di grandezza superiore al valore soglia precauzionale stabilito dal gruppo di esperti sul marine litter dell’UE per i rifiuti marini (20 oggetti/100 m).

Per la maggior parte gli oggetti (74,83%) erano piccoli e non identificabili. Pezzi di polistirolo, plastica morbida e plastica rigida hanno rappresentato la maggior parte dei rifiuti in totale (56,63%) e in tre dei siti di studio. I pezzi di vetro corrispondevano al 15,83% del totale dei rifiuti.

Frammenti di teli per la pacciamatura, biomateriali in plastica per il trattamento delle acque e bottiglie monouso

I pezzi di plastica morbida sono la categoria di rifiuti più abbondante in assoluto e corrispondono al 58,85% dei rifiuti in uno dei siti di campionamento lungo l’argine del fiume Durance, situato in una zona agricola, il che suggerisce la loro provenienza da pellicole di pacciamatura agricola.

Tra gli elementi identificabili, i più abbondanti sono stati i biomateriali in plastica utilizzati negli impianti di trattamento delle acque reflue e le bottiglie per bevande monouso in plastica e in vetro.

Lo sviluppo di schemi di responsabilità estesa del produttore per le pellicole di pacciamatura e i biomediali di plastica e di Sistemi di Deposito Cauzionale per le bottiglie di bevande monouso è suggerito come un modo per prevenire le perdite nell’ambiente.

Il lavoro conferma l’opportunità di utilizzare la citizen science per raccogliere dati sul macrolitter e monitorare l’efficacia delle normative ambientali per ridurre l’inquinamento da plastica.

Cosa possono fare i comuni?

I comuni possono limitare in modo significativo l’inquinamento da plastica sul loro territorio attraverso lo sviluppo di strategie integrate che includano appalti pubblici ed esemplarità, nonché l’animazione territoriale. Ad esempio, possono vietare l’uso di prodotti SUP negli edifici ed eventi pubblici e nei luoghi turistici naturali (analogamente a quanto avviene nelle cosiddette “plastic free beaches”), promuovendo al contempo le imprese che decidono volontariamente di ridurre l’uso di imballaggi monouso.

Le strategie di riduzione dell’inquinamento da plastica che possono essere messe in atto dai Comuni includono anche la prevenzione della produzione di rifiuti di plastica e la promozione del riutilizzo; la promozione del consumo di acqua di rubinetto nel proprio territorio; il miglioramento delle infrastrutture di gestione delle acque reflue e delle acque meteoriche per preservare il ciclo dell’acqua dall’inquinamento da plastica; il miglioramento della raccolta e del riciclaggio dei rifiuti di plastica; la riduzione dell’inquinamento da plastica a livello locale attraverso le operazioni di pulizia, che, pur non essendo una soluzione all’inquinamento da plastica in quanto agiscono a valle del problema, hanno il vantaggio di sensibilizzare le persone sulle questioni sollevate dai rifiuti di plastica e di raccogliere dati utili per orientare la strategia locale contro l’inquinamento da plastica.

Per saperne di più:

Ballerini T, Chaudon N, Fournier M, Coulomb J-P, Dumontet B, Matuszak E and Poncet J (2022) Plastic pollution on Durance riverbank: First quantification and possible environmental measures to reduce it. Front. Sustain. 3:866982.

https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/frsus.2022.866982/full

Tosca Ballerini: tosca.ballerini@thalassa.one

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https://www.semidiscienza.it/2022/09/05/inquinamento-da-plastica-sulle-rive-del-fiume-durance-prima-quantificazione-e-possibili-misure-ambientali-per-ridurlo/feed/ 0
Intervista a Elena Del Pup https://www.semidiscienza.it/2022/08/02/intervista-a-elena-del-pup/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=intervista-a-elena-del-pup https://www.semidiscienza.it/2022/08/02/intervista-a-elena-del-pup/#respond Tue, 02 Aug 2022 13:49:47 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=1711 Uno sguardo sulle biotecnologie agrarie

Le nuove tecniche genomiche (NGT) sono tutte quelle tecniche che comportano una modifica mirata alla sequenza del DNA, ad esempio le piccole mutazioni puntiformi delle singole basi azotate che compongono il DNA. La commissione europea ha recentemente deciso di rinnovare la normativa in quanto, ad esempio, le piante ottenute tramite NGT sono ancora considerate OGM e soggette quindi ad una legislazione che contempla metodi biotecnologici vecchi di venti anni.

Sentiamo le parole di Elena Del Pup, ricercatrice in biotecnologie agrarie, selezionata per la Clinton Global Initiative University 2022, programma di un anno promosso dalla Fondazione Clinton e dedicato alle giovani ricercatrici e ai giovani ricercatori per promuovere una società più equa e sostenibile. L’intervista è stata realizzata da Camilla De Luca.

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Desertificazione, siccità e cambiamento climatico: dobbiamo iniziare a pensare come la formica di Esopo https://www.semidiscienza.it/2022/07/01/desertificazione-siccita-e-cambiamento-climatico-dobbiamo-iniziare-a-pensare-come-la-formica-di-esopo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=desertificazione-siccita-e-cambiamento-climatico-dobbiamo-iniziare-a-pensare-come-la-formica-di-esopo https://www.semidiscienza.it/2022/07/01/desertificazione-siccita-e-cambiamento-climatico-dobbiamo-iniziare-a-pensare-come-la-formica-di-esopo/#respond Fri, 01 Jul 2022 16:59:26 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=1689

Di Camilla De Luca e Yuri Galletti

Il 17 Giugno è il giorno dedicato dalle Nazioni Unite (ONU) alla lotta alla desertificazione e alla siccità.

Ma cosa indica la parola desertificazione? Rappresenta il fenomeno relativo all’espansione dei deserti esistenti?

No, se facciamo riferimento alla definizione data dall’ONU: “La desertificazione è la degradazione della terra che viene trasformata in aree aride, semi-aride e sub-umide. Essa è causata principalmente dalle attività umane e dalle variazioni climatiche”. Si tratta quindi da un lato di una conseguenza dell’uso improprio della terra, attraverso per esempio la deforestazione, il sovrasfruttamento della risorsa suolo e le cattive pratiche di irrigazione, le quali riducono la produttività del terreno. Dall’altro lato, la desertificazione, così come la siccità, sono una conseguenza del cambiamento climatico. Secondo una ricerca pubblicata su Nature, infatti: “il cambiamento climatico antropogenico ha degradato il 12,6% (5,43 milioni di km2) delle zone aride, contribuendo alla desertificazione e colpendo 213 milioni di persone, il 93% delle quali vive in economie in via di sviluppo”.

Il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres si è espresso in occasione della giornata insistendo sul fatto che entro metà secolo tre quarti della popolazione potrebbe dover convivere con la siccità e che attualmente metà della popolazione globale sta già facendo fronte alle problematiche derivanti dalla degradazione del suolo. La situazione non è infatti migliorata negli ultimi tempi: al contrario secondo i dati pubblicati dalla UNCCD (Convenzione delle Nazioni Unite per Combattere la Desertificazione) “dal 2000 il numero e la durata degli eventi siccitosi è aumentato del 29% a livello mondiale”. Le conseguenze umane sono già evidenti: 2.3 miliardi di persone fanno già fronte a emergenze legate all’accesso all’acqua. L’ONU sottolinea che sempre più persone dovranno far fronte alla scarsità di acqua, UNICEF ( United Nation Children’s Fund) stima che 1 bambino su 4 entro il 2040 non avrà accesso diretto alla risorsa acqua. “Nessun paese è immune alla siccità”  è ciò che è stato detto da UN-Water nel 2021.

Se queste informazioni non sono bastate a farci percepire come parte del problema e come popolazioni a rischio, ecco una serie di dati attuali sull’Italia che forse ci faranno cambiare idea.

Proprio in questi giorni si parla di emergenza siccità in tutto il Nord Italia, dal Veneto alla Lombardia alla Valle D’Aosta al Piemonte, la regione della valle del Po, ovvero la più colpita, ma in realtà è un problema comune in quasi tutta la penisola. Il portale Rinnovabili.it sottolinea come nei primi cinque mesi del 2022 le piogge si siano ridotte del 44% e come l’osservatorio ANBI (Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue) abbia denunciato l’importante diminuzione dei flussi dei fiumi Arno, Ombrone, Sentino, Nera ed Esino. In Lazio si è cominciato quindi a parlare di razionamento dell’acqua potabile, mentre nel comune lombardo di Tradate un’ordinanza comunale prevede sanzioni per chi utilizza l’acqua potabile per scopi diversi dall’uso essenziale come riempire piscine e lavare l’auto. Il caso della Puglia aggiunge il calo della produzione agricola e il rischio di incendi alla casistica di conseguenze possibili dovute alla siccità. La Gazzetta del Mezzogiorno, citando sempre i dati di ANBI, descrive come per via dell’anticiclone africano e della ridotta capacità idrica della regione (ad aprile sono caduti 160 millimetri in meno di pioggia rispetto ai valori del 2020) il rischio siccità sia molto elevato. Ciò, secondo Coldiretti Puglia, metterebbe a rischio il 30% di produzione agricola, la produzione di colture destinate agli animali e l’irrigazione di oliveti e frutteti. Coldiretti sottolinea poi come le alte temperature, l’assenza di precipitazioni e l’abbandono dei campi di ulivi per via del patogeno batterico Xylella siano un fattore determinante per l’inaridimento del suolo e delle piante e quindi un fattore che aumenta considerevolmente il rischio di incendi. 

Luca Mercalli, noto meteorologo, su Il Fatto Quotidiano sottolinea come secondo le previsioni meteorologiche a scala stagionale queste temperature sopra la media e la scarsità di precipitazioni saranno costanti per tutta l’estate. Ciò metterà a rischio le nostre riserve d’acqua già ad oggi limitate. Per questo motivo il climatologo denuncia la necessità di ascoltare la scienza. Infatti climatologi e idrologi avevano previsto questi fenomeni da almeno un trentennio. Inoltre, sempre il noto divulgatore suggerisce di preparare delle strategie di gestione multifunzionale a livello nazionale delle risorse idriche che prevedano la riparazione degli acquedotti e la costruzione di invasi di raccolta di acque meteoriche, abbondanti in certe stagioni, per utilizzarle durante i periodi di siccità.

Di fronte a questi dati non bisogna però scoraggiarsi. Al contrario, vi invitiamo a rileggere il primo paragrafo di questo articolo: “la desertificazione è causata prevalentemente dalle attività umane e dal cambiamento climatico”. Dunque, citando il Segretario Generale delle Nazioni Unite:  “dobbiamo e possiamo invertire questa spirale discendente”.

Secondo l’ONU la giornata del 17 giugno è un momento unico per ricordare che eliminare il danno causato dalla nostra società alla terra è possibile, attraverso un approccio “di problem-solving, un forte coinvolgimento della comunità e una cooperazione a tutti i livelli”. Prenderci cura della terra, della sua produttività, della biodiversità e per esempio favorire l’accesso alla proprietà terriera alle donne può inoltre permettere di far fronte alla crisi climatica e può contribuire al raggiungimento degli obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030, poiché ciò rappresenta anche un grande fattore di sviluppo per le comunità agricole e per le donne di tali comunità.

Qual è il messaggio principale che possiamo ricavare da questo articolo? Citando una famosa fiaba di Esopo, dovremo cominciare a pensare come la formica e smettere di pensare come la cicala. Dovremmo pensare al futuro e cominciare fin da subito a utilizzare in modo intelligente le risorse scarse che abbiamo a disposizione.

Fonti:

https://www.nature.com/articles/s41467-020-17710-7

https://www.un.org/press/en/2022/sgsm21325.doc.htm

https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/1344333/siccita-in-puglia-57mln-metri-cubi-di-acqua-negli-invasi-ad-aprile-160mm-di-pioggia.html

https://www.un.org/en/observances/desertification-day

https://laprovinciapavese.gelocal.it/pavia/cronaca/2022/06/16/news/cia-e-confagricoltura-subito-lo-stato-d-emergenza-per-la-siccita-e-serve-un-commissario-straordinario-1.41515194

https://milano.corriere.it/notizie/lombardia/22_giugno_16/siccita-lombardia-regione-chiede-stato-emergenza-tradate-multe-chi-innaffia-giardini-lava-l-auto-8e767f54-ed69-11ec-96f8-928391ee2cf6.shtml

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/06/16/la-fisica-non-mente-ci-restano-10-anni/6628604/

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La sostenibilità non è solo ambientale https://www.semidiscienza.it/2022/06/11/1683/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=1683 https://www.semidiscienza.it/2022/06/11/1683/#respond Sat, 11 Jun 2022 08:46:24 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=1683

Riflessione sulla sostenibilità della classe 2B della Scuola Secondaria di primo grado di Riglione

La sostenibilità è un concetto molto ampio che racchiude in sé un messaggio semplice: ogni nostro comportamento o stile di vita non deve danneggiare o ostacolare il nostro futuro.

In questi anni la sostenibilità è entrata sempre di più a far parte della nostra vita quotidiana; tutti i governi hanno degli obiettivi da raggiungere che riguardano tutti gli aspetti della nostra vita in un’ottica di 360°, con la finalità di non sprecare risorse molto importanti per noi.

Oggi l’Agenda 2030 considera vari obiettivi che, oltre a pensare all’ambiente, pensano a tutti quegli aspetti che portano a un progresso corretto ed equo dell’umanità come: sconfiggere la povertà, la fame, permettere a tutti di avere un lavoro dignitoso e un’istruzione di qualità, permettere a tutti di poter usufruire di acqua e di servizi igienico-sanitari, di poter avere cura della propria salute e igiene, ottenere energia pulita, raggiungere e rispettare la parità di genere e soprattutto vivere in un mondo dove regna la pace, che è alla base della sostenibilità.

Quindi la sostenibilità non è una questione puramente ambientale, perciò chiede da parte della società una maggior consapevolezza nell’adottare comportamenti corretti ad ampio raggio e interdipendenti tra loro per affrontare un importante cambiamento sociale, ambientale ed economico.

La nostra generazione è chiamata a impegnarsi per divulgare la cultura della sostenibilità e dei comportamenti sostenibili.

Pensiamo che potrebbe bastare una piccola azione prodotta da ognuno per contribuire ad avere una realtà sostenibile ma non tutti ci provano, forse solo perché non riescono a pensare cosa porta “l’insostenibilità”, quindi dobbiamo impegnarci a convincerli ad agire in positivo.

Per noi una persona sostenibile è una persona che rende o prova a rendere il mondo migliore e si impegna anche a convincere gli altri a farlo.

Questi obiettivi dobbiamo raggiungerli entro un determinato tempo, pertanto mettere al centro dei nostri discorsi lo sviluppo sostenibile ha senso se rispettiamo i tempi e le norme stabilite.

Possiamo paragonare la sostenibilità a un albero che si ramifica in tutti gli aspetti della nostra vita e dà vita ai nostri comportamenti che ne sono i frutti e quindi il nostro essere cittadini sostenibili.

Photo by Felix Mittermeier on Unsplash

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