crescita – Semi di Scienza https://www.semidiscienza.it Tue, 03 Dec 2019 18:26:00 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.8.10 https://www.semidiscienza.it/wp-content/uploads/2019/01/cropped-Semi-di-scienza-1-32x32.png crescita – Semi di Scienza https://www.semidiscienza.it 32 32 Crescita, progresso e bilanci https://www.semidiscienza.it/2019/12/03/crescita-progresso-e-bilanci/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=crescita-progresso-e-bilanci https://www.semidiscienza.it/2019/12/03/crescita-progresso-e-bilanci/#respond Tue, 03 Dec 2019 18:26:00 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=778 Il 18 Marzo 1968, presso l’Università del Kansas, Robert Kennedy pronunciò un discorso nel quale tra gli altri argomenti evidenziava l’inadeguatezza del prodotto interno lordo (PIL) come indicatore del benessere delle nazioni economicamente sviluppate. Tre mesi dopo venne ucciso durante la campagna elettorale che lo avrebbe probabilmente portato a diventare Presidente degli Stati Uniti d’America.

Qui di seguito un estratto del suo discorso del 1968:

” Ormai da troppo tempo sembriamo trascurare i valori individuali e quelli collettivi a favore del semplice accumulo di beni materiali.

Oggi il nostro prodotto interno lordo supera gli 800 miliardi di dollari l’anno. Ma se vogliamo giudicare gli Stati Uniti da quello, dobbiamo tenere presente che il prodotto interno lordo include l’inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per ripulire le nostre strade dalle carneficine.

Calcola le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che le forzano. Tiene conto della distruzione delle sequoie e della scomparsa delle meraviglie della natura dovute alla crescita selvaggia. Include il napalm, le testate nucleari, e i mezzi blindati usati dalla polizia per sedare le rivolte nelle nostre città. Tiene conto dei fucili e dei coltelli dei criminali, e dei programmi televisivi che glorificano la violenza, per poi vendere giocattoli violenti ai nostri bambini.

Il prodotto interno lordo non calcola però la salute dei nostri figli, la qualità della loro educazione, o l’allegria dei loro giochi. Non tiene conto della bellezza della nostra poesia, della solidità delle nostre famiglie, dell’intelligenza del dibattito pubblico, o dell’onestà dei nostri governanti. Non misura nè la nostra intelligenza nè il nostro coraggio, nè la nostra saggezza nè la nostra conoscenza, nè la nostra compassione nè la devozione per il nostro paese.

Misura di tutto, in breve, tranne ciò che rende la vita degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.”

Sul tema del rapporto tra consumo materiale e benessere economico, sono estremamente significativi i dati di uno studio realizzato da un team di ricercatori statunitensi, australiani e britannici, che è stato pubblicato nel 2013 su Ecological Economics: in questa ricerca vengono analizzate le stime del PIL tra il 1950 e il 2003, per 17 paesi (Australia, Austria, Belgio, Cile, Cina, Germania, Giappone, Gran Bretagna, India, Italia, Nuova Zelanda, Olanda, Polonia, Svezia, Thailandia, Usa e Vietnam) nei quali vive il 53% della popolazione mondiale, e che messi insieme producono il 59% del PIL planetario. La conclusione è che, mentre il prodotto interno lordo mondiale è più che triplicato dal 1950, il benessere economico, così come stimato dal GPI (Genuine Progress Indicator, ovvero Indice di Progresso Autentico), è in realtà diminuito a partire dal 1978: in sostanza, già da 35 anni i costi della crescita economica hanno superato i vantaggi da essa apportati.

Il picco del benessere (1978) coincide, tra l’altro, con il momento in cui l’impronta ecologica dell’umanità (ovvero i consumi mondiali della popolazione) ha raggiunto, e poi iniziato progressivamente a superare la biocapacità del pianeta (ovvero la capacità naturale della Terra di rigenerare le risorse consumate). Oggi la specie umana preleva annualmente il 60% in più di quanto il pianeta riesce a riprodurre.

Nel 2019 il bilancio ecologico annuale del pianeta è andato in passivo (Earth Overshoot Day) dopo la data del 29 luglio, nei giorni successivi le risorse consumate causano gravi conseguenze sulla vitalità e gli equilibri degli ecosistemi e sulla stabilità di tutto il Pianeta.

Gabriele Porrati, Presidente della Cooperativa Onlus Cambiamo e Yuri Galletti, Presidente di Semi di Scienza.

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The Limits to Growth – Lo studio del MIT di Boston, anno 1972 https://www.semidiscienza.it/2019/07/01/the-limits-to-growth-lo-studio-del-mit-di-boston-anno-1972/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=the-limits-to-growth-lo-studio-del-mit-di-boston-anno-1972 https://www.semidiscienza.it/2019/07/01/the-limits-to-growth-lo-studio-del-mit-di-boston-anno-1972/#respond Mon, 01 Jul 2019 13:42:14 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=582 “The Limits to Growth” (I limiti della crescita) è un famoso rapporto redatto nel 1972 dal Massachusetts Institute of Technology di Boston su commissione del Club di Roma, il cui presidente Aurelio Peccei, economista, alto dirigente della Fiat e di imprese impegnate nella progettazione e costruzione di opere pubbliche nei paesi emergenti, si era posto la domanda se in un mondo di dimensioni finite come quello in cui viviamo fosse possibile una crescita economica e demografica infinita.

Nel 1968 Peccei aveva incontrato Jay Forrester, un ingegnere nordamericano specializzato nella progettazione di calcolatori elettronici, docente presso il prestigioso MIT. Già negli anni ’50 Forrester utilizzava i calcolatori per risolvere dei problemi di previsione: ad esempio, come cresce la produzione industriale in seguito all’aumento o alla diminuzione dei capitali disponibili, o come la mobilità in una città sia influenzata dalla crescita del numero degli abitanti, delle automobili, o dei mezzi di trasporto pubblico. Forrester aveva chiamato “Dinamica dei Sistemi” lo studio dei rapporti fra fenomeni il cui andamento può essere previsto mediante delle equazioni matematiche differenziali. Metodologie simili erano già state utilizzate trent’anni prima dagli studiosi di ecologia (Lotka/Volterra) per descrivere come aumentano o diminuiscono le popolazioni di organismi viventi all’interno di un ecosistema: i predatori prosperano quando c’è abbondanza di prede, ma alla lunga le risorse diminuiscono, e i predatori cresciuti in sovrannumero cominciano ad estinguersi, permettendo alle prede, ovvero alle risorse, di ricrearsi nuovamente (meccanismo di feedback).

L’incontro del 1968 fra Peccei e Forrester è stata l’occasione per progettare la ricerca. Peccei aveva creato da poco il “Club di Roma”, un circolo internazionale di intellettuali attenti al futuro: fu questo organismo che diede ufficialmente l’incarico a Forrester e al suo gruppo di lavoro di analizzare con le sue tecniche il nostro sistema globale. Il risultato fu rivoluzionario. Lo studio non faceva previsioni, ma indicava che l’aumento della popolazione avrebbe richiesto una crescita della produzione industriale ed una richiesta di prodotti agricoli e beni alimentari: di conseguenza, si sarebbe verificata una crescita dell’inquinamento planetario e una diminuzione delle risorse disponibili. La ricerca produsse un ventaglio di 12 scenari diversi, denominati “proiezioni”, alcuni dei quali mostravano il declino e il collasso dell’economia, mentre altri presentavano una condizione di stabilizzazione e di prosperità. La realizzazione dell’uno o dell’altro percorso sarebbe dipesa dalle scelte giuste o sbagliate che l’umanità avrebbe fatto nell’affrontare i problemi dell’inquinamento, dello sfruttamento delle risorse e della gestione dell’incremento demografico. La crisi che oggi noi vediamo corrisponde alla concretizzazione delle proiezioni derivanti da scelte sbagliate.

Uno dei problemi che cominciamo a percepire come conseguenza dell’inquinamento (che in generale rappresenta gli effetti generati a valle del nostro sistema produttivo) è l’alterazione della stabilità climatica del nostro Pianeta: per non mandare il clima terrestre completamente fuori controllo sappiamo che l’anomalia termica rispetto al periodo preindustriale deve essere contenuta entro il limite di 1,5°-2°C di aumento. L’obiettivo di riduzione dei gas serra per poter restare all’interno di questi valori è tecnicamente possibile: sappiamo benissimo come costruire auto elettriche ed abitazioni ben isolate, sappiamo come produrre pannelli solari e pale eoliche che generino energia al posto di centrali funzionanti a petrolio e carbone. Sappiamo anche come costruire oggetti affidabili, riparabili, che siano capaci di durare nel tempo. Le tecnologie esistono, e non sono tremendamente costose da applicare: secondo l’analisi di Randers, che non si discosta da quanto affermato nel 2006 dal Rapporto Stern, redatto dall’ex vicepresidente e capo economista della Banca Mondiale Nicholas Stern, gli investimenti da attuare corrispondono grosso modo all’1-2% del PIL mondiale, che significa un piccolo spostamento nell’impiego di capitali, o un piccolo posticipo o ridimensionamento nella concretizzazione di qualche consumo.

Conosciamo quindi la strada giusta, ma continuiamo a fare le scelte sbagliate perchè di fatto, imbocchiamo sempre la direzione che a breve termine comporta i costi minori. Applicare questo metodo significa non avere alcun controllo sul tipo di futuro che stiamo creando.

Articolo a cura di Gabriele Porrati, socio di semi di scienza e presidente della cooperativa Cambiamo di Pavia. Qui di seguito il link all’articolo completo: http://www.cambiamo.org/docs/131227-the-limits-to-growth.php

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