donne – Semi di Scienza https://www.semidiscienza.it Wed, 01 Apr 2020 17:29:08 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.8.10 https://www.semidiscienza.it/wp-content/uploads/2019/01/cropped-Semi-di-scienza-1-32x32.png donne – Semi di Scienza https://www.semidiscienza.it 32 32 Scienza, donne e stereotipi https://www.semidiscienza.it/2020/04/01/scienza-donne-e-stereotipi/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=scienza-donne-e-stereotipi https://www.semidiscienza.it/2020/04/01/scienza-donne-e-stereotipi/#respond Wed, 01 Apr 2020 16:18:55 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=891 Per le donne la vita in ambito scientifico (e lavorativo in genere, ma qui focalizziamo l’attenzione sulle STEM) è molto più difficile che per gli uomini. Questa affermazione si può sviluppare in molti modi: tra i più diffusi vi è quello, sostenuto purtroppo da molti, che le donne siano meno portate al ragionamento scientifico. Niente di più sbagliato, come sarà evidente a chi vorrà leggere fino in fondo.

Le difficoltà incontrate dalle donne sono il frutto di una serie di cause, che comprendono uno stereotipo ben radicato, una discriminazione attiva (a volte anche inconscia, ma sempre reale), un sistema ‘tarato’ sulla competitività (più congeniale all’atteggiamento maschile che a quello femminile) e un ambiente spesso ostile, senza dimenticare le molestie sessuali. Analizzare a fondo ciascuno di questi aspetti richiederebbe ben altro che un articolo, ma colgo volentieri l’occasione per gettare qualche Seme di coScienza di genere, che mi auguro trovi terreno fertile per favorire il cambiamento di cui non le donne ma la società tutta ha bisogno.

Stereotipi:
Il modello della donna come ‘angelo del focolare’ è oramai superato, tuttavia resta forte l’immagine dell’uomo in ruoli importanti (ingegnere, direttore, chirurgo, presidente ecc.) e la donna in ruoli di servizio: segretaria, infermiera, parrucchiera ecc. Esposte a questi modelli fin da piccole, le bambine e le ragazze non sentono come ‘appropriato’ un interesse per gli argomenti scientifici. Si tratta di uno stereotipo molto antico e radicato, e fortemente sostenuto dai modelli proposti in TV, dai giochi, dai social media e in molte istituzioni (la maestra e il preside), se non direttamente nelle famiglie. Per questo motivo è molto difficile da scardinare, e proprio per questo motivo richiede uno sforzo maggiore da parte di chi è consapevole di quanto lo stereotipo sia dannoso. Dare ampio spazio, risorse e visibilità, e conferire ruoli importanti alle molte donne che operano in ambiente scientifico sarebbe un buon modo per convogliare l’idea che ‘anche le donne possono’. Anche i mezzi di comunicazione di massa (giornali riviste e TV), dovrebbero contribuire, intervistando le molte ricercatrici e non solo i soliti ricercatori noti. A questo scopo esiste una lista (https://100esperte.it/ ), che purtroppo non sembra molto sfruttata dai nostri media.

Discriminazione: Risultato diretto degli stereotipi, è la discriminazione che le donne subiscono: se in fondo alla nostra mente c’è la convinzione che una donna non sia adatta a ricoprire ruoli scientifici, e men che meno di dirigenza, quando siamo chiamati a valutare i candidati e le candidate per un assegno di ricerca, per un concorso, per un’intervista, per una promozione o per giudicare un suo articolo, favoriremo sempre gli uomini. La discriminazione è spesso inconscia: crediamo di esserne immuni, di valutare solo su basi scientifiche e di merito, senza renderci conto del nostro bias. Provare per credere! Un gruppo di ricercatori di Harvard ha messo a punto una serie di test (https://implicit.harvard.edu/implicit) con cui misurare i nostri implicit bias, cioè le associazioni automatiche che in qualche misura guidano le nostre scelte. I test sono disponibili anche in italiano, al sito https://implicit.harvard.edu/implicit/italy/

Anche se tra chi legge queste righe ci sono persone in cui l’associazione tra materie scientifiche e genere è neutra, o addirittura sbilanciata verso il femminile, oltre la metà della popolazione mostra sbilanciamento nel senso opposto, il che spiega la discriminazione a cui le donne e le ragazze sono sistematicamente sottoposte. Si dice che per raggiungere gli stessi riconoscimenti di un uomo, una dona deve essere almeno tre volte più brava: vogliamo fare uno sforzo e ridurre questo numero? Prendere coscienza della propria tendenza discriminatoria (ovvero accettare il responso del test), è il primo passo verso il superamento.

Competizione: Sono ormai molti anni (ma non è sempre stato così), che praticamente ad ogni passaggio della carriera scientifica, siamo chiamate/i ad una ‘competizione’: per vincere un premio, una borsa di studio, un concorso, un finanziamento, una promozione… Una mia amica insegnante di matematica e scienze in una scuola superiore racconta di come reagisce una classe di fronte alle olimpiadi di matematica. Se l’insegnante entrando in classe dice: ‘Ci sono le olimpiadi, chi vuole partecipare?’, il risultato immediato è di alcune mani alzate, quasi tutte di ragazzi. Se invece dice: ‘Dobbiamo mandare tre di voi alle olimpiadi, in rappresentanza della classe: chi dovrebbe andare?’, quel che segue è una valutazione su chi siano i più bravi, indipendentemente dal genere, e spesso le ragazze sono incluse, se non prevalenti. Le differenze di comportamento legate al genere sono ormai radicate negli adolescenti, e i ragazzi hanno, più delle ragazze, la tendenza a farsi avanti, a vantare doti (che possono avere o anche no), e ad affrontare rischi. La tendenza spontanea e immediata verso la competizione è invece molto limitata nelle ragazze, un carattere che rimane anche in età adulta. Si vede dunque che l’enfasi sulla competitività è intrinsecamente più favorevole agli uomini: sembra che quello scientifico sia un mondo creato dagli uomini per gli uomini, non dobbiamo quindi stupirci se le donne finiscono per uscirne in buona misura. Si potrebbe anche aggiungere la questione del nepotismo, del ruolo delle amicizie, magari maturate sui campi di calcio, o di altre forme di condivisione di interessi e via dicendo. Il risultato netto è la ben nota ‘forbice’, che vede il numero di donne diminuire lungo tutta la scala, per arrivare a numeri irrisori ai vertici.

Molestie: Il movimento #MeToo, partito dal mondo dello spettacolo, ha investito in breve tempo anche quello accademico e scientifico, e, oltre a far emergere alcuni casi eclatanti, ha stimolato una serie di ricerche, la più nota delle quali ha rivelato che in ambiente accademico il 58% delle donne ha subito qualche forma di molestia . E’ forse opportuno richiamare la definizione[ref]: si riconoscono tre categorie di comportamenti molesti, 1. molestie di genere: comportamenti verbali e non verbali che trasmettono senso di ostilità, oggettivazione, esclusione o stato di inferiorità alle persone di un genere, 2. attenzioni sessuali non desiderate: avances e allusioni verbali o fisiche, dallo sfioramento allo stupro, 3. ricatto sessuale: quando un risultato favorevole in ambito educativo o lavorativo viene ‘venduto’ o è condizionato in cambio di favori sessuali.

Comportamenti molesti possono essere diretti (rivolti direttamente ad una persona) o indiretti (quando vi è un livello generale di molestia in un ambiente, per esempio con poster di donne svestite alle pareti). In Italia non abbiamo eseguito studi approfonditi, ma non c’è ragione di ritenere che la situazione sia molto diversa. Quello che manca è una cultura che respinga le molestie, che sono spesso tentativi di esercitare un potere, e infatti nella grande maggioranza dei casi sono esercitate da persone di livello superiore. Un aspetto da non sottovalutare è quello relativo alle molte forme di micro-aggressioni, cioè quegli atteggiamenti che, senza essere esplicitamente diretti contro una donna, contribuiscono a rendere l’ambiente meno accogliente: si va dalle considerazioni generali (e sessiste) sulle capacità o le caratteristiche delle donne, alle barzellette, ai disegni nei bagni.
A questo proposito, si può rilevare che, quando si verificano situazioni di molestie, a qualsiasi livello, oltre al responsabile e alla sua vittima, quasi sempre sono coinvolte altre persone: per questo è importante sensibilizzare tutti, e in particolare gli uomini, che spesso preferiscono far finta di non vedere, o si compiacciono dei ‘successi’ propri e dei colleghi, o magari ci ridono sopra, contribuendo quindi ad alimentare il disagio delle vittime di turno.

In Conclusione: Una presenza egualitaria di donne e uomini (incluse tutte le forme intermedie) in ambito scientifico è ancora lungi dall’essere raggiunta. Tuttavia alcuni passi avanti sono stati fatti, a costo di battaglie e sacrifici da parte di molte. Siamo oggi in una situazione migliore rispetto a quella delle nostre antenate, basti pensare a figure quali Marie Swodolska Curie, a Rosalind Franklin, o a Jocelyn Burnett Bell, ma la strada è ancora lunga, e non possiamo ancora dire che le nostre figlie e nipoti avranno vita facile: anche a loro toccherà continuare a sostenere le ragioni di un mondo (accademico-scientifico e oltre) in cui donne e uomini siano ugualmente in grado di condurre una vita scientifica dettata dal proprio interesse, e non dal proprio genere. In questo, un passo avanti sarà compiuto quando anche gli uomini si renderanno conto che una società senza pregiudizi contro le donne è una società più giusta, e si uniranno alla nostra battaglia, senza considerarla ‘cosa da femmine’.

Ref: National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine. 2018. Sexual Harassment of Women: Climate, Culture, and Consequences in Academic Sciences, Engineering, and Medicine. Washington, DC: The National Academies Press. doi: https://doi.org/10.17226/24994

Di: Monica Zoppè, Istituto di BioFisica CNR, Milano, e Associazione Donne e Scienza.

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Donne, scienza e società: fatti e riflessioni. https://www.semidiscienza.it/2020/02/11/donne-scienza-e-societa-fatti-e-riflessioni/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=donne-scienza-e-societa-fatti-e-riflessioni https://www.semidiscienza.it/2020/02/11/donne-scienza-e-societa-fatti-e-riflessioni/#respond Tue, 11 Feb 2020 13:25:37 +0000 https://www.semidiscienza.it/?p=393 Perché parlare di donne e stereotipi su un sito di divulgazione scientifica?

Ebbene, sono una donna (bianca e cisgender) e sono assegnista di ricerca nel mondo delle materie STEM—scienza, tecnologia, ingegneria e matematica. Sono stata a molte conferenze, convegni, workshop, seminari e chi più ne ha più ne metta: la disparità numerica di genere è sempre stata estremamente evidente. Sfortunatamente, questa differenza è ancora più evidente se prendiamo in considerazione le figure di maggior rilievo, ossia relatori, professori e responsabili.

Viene da sè che il famoso tema della questione di genere sia estremamente legato alla scienza e alla sua divulgazione. Tuttavia, la disparità di genere non è significativa solo nella ricerca scientifica e nelle materie STEM, ma anche in moltissimi altri settori, tra cui la politica, i consigli di amministrazione delle grandi aziende, e lo sport.

Non sono esperta di studi di genere, per cui mi limiterò a riportare alcuni fatti e dati per stimolare possibili riflessioni.

Alcuni fatti

Primo fatto. Nonostante la maggior parte degli insegnanti siano donne (il 68% degli insegnanti delle scuole medie dei paesi OECD, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico che conta 36 paesi in tutto il mondo, sono donne), questa diseguaglianza di genere si ribalta quando prendiamo in considerazione i presidi delle scuole (il 45% dei presidi delle scuole medie dei paesi OECD sono donne), i quali sono scelti tra il corpo docente (Dati dal rapporto UNESCO 2018 link). La figura riportata qui di seguito mostra in dettaglio le percentuali di insegnanti e presidi donne in alcuni paesi.

Percentuale di insegnanti donne rispetto alla percentuale di presidi donne, nelle scuole medie in una selezione di paesi. Immagine presa dal link.

Secondo fatto. Le donne non sono meno intelligenti degli uomini, come conferma lo studio su Nature “Neurosexism: the myth that men and women have different brains” (Neurosessismo, il mito che uomini e donne abbiano cervelli differenti.)


An artificially coloured 3D magnetic resonance imaging scan of a human brain.Credit: K H Fung/Science Photo Library


Terzo fatto. Il numero di donne membri di IEEE ( “The world’s largest technical professional organization for the advancement of technology”, IEEE) sta lentamente crescendo dal 2015, ma è ancora irrisorio (13% al 31 Dicembre 2018). Dati da The Annual Statistics of the IEEE: 2018.

Numero totale e numero di donne di IEEE, negli anni.

Quarto fatto. Il recente articolo “Committees with implicit biases promote fewer women when they do not believe gender bias exists” pubblicato su Nature Human Behaviour ad Agosto 2019 analizza se e come le commissioni scientifiche che valutano l’avanzamento di carriera del personale di ricerca favoriscano gli uomini rispetto alle donne. La ricerca mostra i dati raccolti in Francia per 2 anni successivi e riguardanti varie discipline (matematica, biologia, economia, ecc). In particolare, lo studio ha analizzato i dati rispetto al gender bias implicito dei membri della commissione. Questo pregiudizio (gender bias) “implicito” misura quanto implicitamente, ossia a livello inconscio, sia forte il legame sesso maschile = scienza (quest’ultimo viene misurato con l’implicit association test). In sintesi, lo studio ha mostrato che (1) anche nella comunità scientifica è ancora molto forte l’associazione implicita uomo = scienza, (2) questa associazione influenza significativamente l’avanzamento della carriera delle donne stesse, se i membri della commissione negano, a livello cosciente, che esista un gender bias, e (3) al contrario, se i valutatori sono consapevoli che esista un gender bias, le donne non sono sfavorite nella promozione. Si rimanda alla lettura dell’articolo originale per maggiori informazioni.

Quinto fatto. Gli autori dell’articolo “Quantitative evaluation of gender bias in astronomical publications from citation counts”, pubblicato su Nature Astronomy nel 2017, hanno analizzato più di 200.000 pubblicazioni sui giornali più importanti di astronomia dal 1950 al 2015. I risultati mostrano che il numero di articoli il cui primo autore è una donna sono aumentati dal 5% nel 1960 al 25% nel 2015. Questo dato, non sorprendente, evidenzia una ancora forte differenza di genere nel mondo dell’astronomia, nonostante un significativo miglioramento dagli anni ’60. Più sorprendentemente, l’articolo sottolinea che gli articoli il cui primo autore è una donna hanno ricevuto in media il 10,4% in meno di citazioni rispetto a quello che ci si aspetterebbe se l’articolo fosse scritto da un uomo. Occorre sottolineare che il numero di citazioni di un articolo è un indice molto importante con cui sono valutate le carriere dei ricercatori.

Sesto fatto. Consiglio la lettura del mensile di Luglio 2019 del FQ Millennium, che riporta interessanti reportage sul tema “Eva e Adamo” (link). Ci sono numerosissimi spunti di riflessioni e dati. In sintesi “Dove lo Stato aiuta di più, la disparità di genere è meno accentuata”. In particolare mi ha colpita un articolo, dal titolo “Casa o lavoro? Per le francesi l’alternativa non esiste. La natalità più alta d’Europa si spiega così”. Mentre l’Italia è il secondo paese più vecchio del pianeta e quello con il tasso di natalità più basso in Europa (1,3 figli per donna), l’autrice Lisa Lotti ci spiega che, al contrario, il tasso di natalità francesce è il più alto d’Europa. Per questo motivo le sue politiche in tema di famiglia sono studiate da delegazioni governative giapponesi, sud-coreane e cinesi. Come fa la Francia ad avere un tasso di natalità così alto? Primo, più figli hai meno tasse paghi, ad esempio una famiglia senza figli con un reddito di 80mila euro l’anno pagherà 10mila euro di tasse, mentre meno di 6mila se la famiglia avesse due figli. Si dice inoltre che “il terzo figlio te lo regala lo stato”. Secondo, ci sono servizi per i genitori. Ci sono strutture che posso tenere i figli dalle 7:30 alle 18:30, e ci sono anche persone (formate per questo) che gestiscono piccoli gruppi di bambini in case private, un po’ come essere “a casa della nonna”. Terzo, la Francia spende il doppio dell’Italia in servizi per l’infanzia. Infine, l’articolo sottolinea che non è vero che in Italia si fanno pochi figli perché le donne lavorano, infatti il tasso di occupazione femminile italiano (15-64 anni) è del 55%, molto inferiore all’equivalente francese pari al 68%.

Settimo fatto. Consiglio l’interessante video su Internazionale dal titolo Il maschilismo della Corea del Sud causa il crollo delle nascite . La disparità di genere non è un solo un problema per il 50% (circa) della popolazione mondiale, ma riguarda gli uomini anch’essi intrappolati in stereotipi di genere (interessante spunto di riflessione link), per le famiglie e per l’economia di un intero paese.

Ottavo fatto. Gli stereotipi di genere sono insegnati a scuola, come discusso nell’articolo di Open intitolato “«La mamma cucina, il papà lavora»: la polemica sull’esercizio sessista a scuola non è una novità”. Il fatto che questa tipologia di compiti sia diffusa nei testi scolastici è confermato anche dall’Unesco (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) che già nel lontano 1986 metteva in luce il problema degli stereotipi di genere nella letteratura giovanile e nei libri di scuola. La pubblicazione del libro Down with stereotypes! Eliminating sexism from children’s literature and school textbooks (Abbasso gli stereotipi! Eliminare il sessismo dalla letteratura per ragazzi e dai libri di testo scolastici), ne è una conferma.

Nono fatto. Come riporta l’articolo del Sole 24 Ore il Gender pay gap italiano, ossia la differenza di salario orario medio tra uomini e donne, si aggira attorno al 5,5%, che non è molto se confrontato a quello di altri paesi europei. Tuttavia, questo indicatore descrive soltanto in parte la differenza salariale di genere. Infatti, se consideriamo il “Gender overall earnings gap, che misura l’impatto di tre fattori tra loro combinati (guadagni orari, ore retribuite e tasso di occupazione) sul reddito medio di uomini e donne in età lavorativa” allora il valore di questo indicatore è del 43,7% in Italia, a fronte della media europea pari al 39,6%.

Decimo fatto. Femminicidio. Secondo Treccani online: “Uccisione diretta o provocata, eliminazione fisica o annientamento morale della donna e del suo ruolo sociale”. Secondo Devoto-Oli 2013: “Qualsiasi forma di violenza esercitata in maniera sistematica sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuare la subordinazione di genere e di annientare l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico della donna in quanto tale, fino alla schiavitù o alla morte”. In aiuto alle definizioni, l’immagine sotto tratta dal Ministero dell’Interno analizza molto bene la situazione. Mentre la maggior parte degli uomini è ucciso da sconosciuti, la maggior parte delle donne è vittima di partner/ex partner o altri parenti. In sintesi, il femminicidio non è omicidio di una persona di sesso femminile ma l’omicidio di una persona in quanto donna.

Undicesimo fatto. La parità di genere è uno degli obiettivi inseriti nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, sottoscritta nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Nell’immagine sottostante i Global Goals dell’Agenda 2030 (link).

Alcune riflessioni

Premessa. Cos’è il femminismo? Purtroppo, “femminismo” è una parola che spaventa e spesso divide. In realtà, ci sono tanti tipi di femminismo, ciascuno con la sua accezione e declinazione, e spesso con idee molto diverse su alcuni temi (vedi la prostituzione o l’accettazione o meno delle donne transgender). Senza dubbio si può altresì affermare che femminismo non è superiorità delle donne rispetto agli uomini.

Riflessione. Perché questo divario tra uomini e donne nelle discipline scientifiche? Alcuni fatti sembrano suggerire che ci sia un circolo vizioso che si autoalimenta. Da una parte l’educazione differente e la poca rappresentanza delle donne nei settori STEM e nelle posizioni di comando fa sì che poche giovani donne considerino la possibilità di intraprendere studi STEM e/o di aspirare ad una carriera di successo e/o posizioni di comando. Dall’altra parte, le forti difficoltà di unire vita familiare e lavoro, per mancanza di supporto statale e maschile, fa sì che molte donne rinuncino in parte o completamente alla carriera, riducendo la rappresentanza femminile nel mondo del lavoro e nelle posizioni di comando, alimentando il precedente punto e gli stereotipi di genere.

Riflessione. Molti di noi, sia uomini che donne, sia scienziati che non, sono portati ad associare la scienza al sesso maschile, implicitamente, inconsciamente, e non volontariamente (vedi Quarto Fatto). La società in cui siamo cresciuti ci ha trasmesso quest’idea? Forse non possiamo cambiare le nostre associazioni inconsce ma possiamo volontariamente far sì che queste non influenzino le nostre azioni quotidiane (vedi Quarto Fatto, i valutatori che ammettono il gender bias non sfavoriscono le donne, nonostante abbiano un implicito gender bias). Come dire, anche se il mio inconscio mi spingerebbe a cantare nudo in Piazza San Marco a Venezia, o per assurdo ammazzare una persona, non lo faccio perché non è giusto. E chissà mai se, agendo nel modo più corretto senza farci influenzare dal nostro gender bias implicito, i nostri figli e le nostre figlie non ne saranno vittime e/o portatori.

Riflessione. Fin da piccola, i miei genitori mi hanno educato alla bellezza del ragionamento logico, alla passione per le scienze e i fenomeni fisici (mi piaceva moltissimo tutto quello che riguardava il sistema solare), e alla capacità di analisi e sintesi. Non ricordo il momento in cui ho preso in considerazione per la prima volta di iscrivermi alla facoltà di matematica, era un’idea sempre stata un po’ presente. Per questo devo ringraziare la mia famiglia. Poi però mi sono scontrata con la realtà. Quante persone hanno mostrato stupore e incredulità nell’apprendere che studiavo matematica. E non è un problema che riguarda solo la matematica. Ora che ho un dottorato e mi occupo di telecomunicazioni, si stupiscono comunque tutti. Forse è perché oltre a questo sono una ragazza carina, a cui piace truccarsi e fare shopping? Stupore, questo è quello che le persone mostrano, come se volessero esclamare “ah, quindi sei intelligente? non me l’aspettavo”. Sapete, durante i primi anni del dottorato tendevo a vestirmi in modo neutro e maschile sul lavoro, in particolare a conferenze e congressi. Pantalone e giacca nera, trucco minimo, no smalto, no orecchini, perché? Per non attirare l’attenzione per l’aspetto e sperare di essere presa un po’ più sul serio. Molti potrebbero dirmi che mi sono sempre sognata tutto, che sono paranoica, ma nessuno può dirmi come sono tenuta a sentirmi. Inoltre, se anche fosse soltanto quello che sento, non dovremmo forse chiederci perché lo sento? E’ probabile che io stessa, femminista convinta, sia vittima di gender bias implicito.

Abbiamo voglia di provare a cambiare? Rendiamoci conto che la disparità di genere, il gender bias, il femminicidio, le molestie, la differenza salariale, le dis-pari oppurtunità esistono. Non neghiamole. Riconoscere queste differenze ed averne consapevolezza protrebbe aiutare tutti, non solo le donne, ma anche gli uomini, ed i nostri figli. Probabilmente aiuterebbe anche la scienza, dando la possibilità a tante donne talentuose di dare il loro contributo.

Nell’immagine in copertina trovate, da sinistra in alto a destra in basso: Virginia Woolf (1882 – 1941, scrittrice inglese “femminista”), Rita Levi Montalcini (1909 – 2012, premio Nobel per la medicina, senatrice a vita italiana), Amal Clooney (1978, avvocatessa libanese naturalizzata britannica, una delle donne arabe più influenti al mondo), Malala Yousafzai (1997, attivista pakistana, premio Nobel per la pace), Licia Ronzulli (1975, politica italiana, al parlamento europeo con la figlia neonata), Frida Khalo (1907 – 1954, pittrice messicana), Artemisia Gentileschi (1593 – 1654, pittrice italiana), Serena Williams (1981, tennista statunistense “23 grand Slams, having a baby and coming back for more“), Bebe Vio (1997, schermitrice italiana, campionessa paralimpica, mondiale ed europea di fioretto individuale), Sara Gama (1989, calciatrice italiana, capitano della nazione italiana e della Juventus), Greta Thunberg (2003, attivista svedese contro il cambiamento climatico e per lo sviluppo sostenibile), Samantha Cristoforetti (1977, militare, astronauta, ingegnera italiana, prima donna negli equipaggi dell’Agenzia Spaziale Europea), Chiara Bordi (2000, modella disabile e finalista a Miss Italia 2018), Ellen Degeneres e Porta de rossi (Ellen: 1959, attrice e conduttrice statunitense; Portia: 1973, ex modella, scrittrice e attrice australiana naturalizzata statunitense; Ellen e Portia sono sposate dal 2008), Tiziana Cantone (1983 – 2016, suicida a causa di revenge porn)

Stella Civelli. Laurea magistrale in matematica. Dottorato in Emerging digital technologies, photonic technologies. Assegnista di ricerca presso Istituto Tecip, Scuola Superiore Sant’Anna.

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