{"id":1246,"date":"2021-01-29T09:07:59","date_gmt":"2021-01-29T09:07:59","guid":{"rendered":"http:\/\/www.semidiscienza.it\/?p=1246"},"modified":"2022-11-24T21:37:37","modified_gmt":"2022-11-24T21:37:37","slug":"il-calendario-e-donna","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.semidiscienza.it\/2021\/01\/29\/il-calendario-e-donna\/","title":{"rendered":"Il calendario \u00e8 donna"},"content":{"rendered":"\n

Qua e l\u00e0, nelle testimonianze preistoriche, ogni tanto si scorge la presenza femminile. Da un paio di decenni a questa parte i ritrovamenti archeologici vengono interpretati in modo pi\u00f9 articolato ed emerge il ruolo della Donna, ma cosa possono dirci i calendari del paleolitico?<\/p>\n\n\n\n

Recenti scoperte in Africa meridionale hanno rivelato che l\u2019uomo faceva uso di pigmenti, perline, incisioni e sofisticati strumenti in pietra e osso ben 75.000 anni fa. Ma la produzione di questi artefatti sembra sparire 60.000 anni fa, suggerendo che questo comportamento \u201cmoderno\u201d \u00e8 apparso per poi svanire prima di consolidarsi. Probabilmente un cambiamento climatico caus\u00f2 la diminuzione o la mancanza di popolazione e conseguenti alterazioni nei meccanismi di trasmissione culturale. Qualunque sia la ragione, questo evidenzia importanti discontinuit\u00e0 nella trasmissione culturale. La ripresa avverr\u00e0 molto pi\u00f9 tardi. L\u2019analisi dei manufatti organici trovati sempre in Africa mostra come gli abitanti della prima et\u00e0 della pietra solo 40.000 anni fa, ripresero a usare nuovamente ossa, bastoni da scavo in legno e punteruoli. Ma c\u2019\u00e8 qualcosa di diverso. Infatti su questi oggetti compaiono quelle che sembrano notazioni. E alcuni reperti suggeriscono che la luna fosse usata per misurare il tempo. <\/p>\n\n\n\n

L\u2019osso di Lebombo<\/em><\/strong> <\/p>\n\n\n\n

Uno dei pi\u00f9 antichi manufatti matematici conosciuti \u00e8 una fibula di un babbuino, trovata nella Border Cave sulle montagne Lebombo (tra il Sud Africa e lo Swaziland). Fu scoperto negli anni ’70 ed \u00e8 stato inizialmente datato al 35.000 a.C. Il fatto che si supponga fosse uno strumento matematico \u00e8 dovuto alla presenza di 29 incisioni. Visto che il periodo sinodico della Luna (il tempo trascorso tra due successivi noviluni, Fig. 1) \u00e8 di circa 29 giorni, il numero delle tacche fa supporre che potrebbe essere stato usato come contatore per le fasi lunari\u2026 ma non solo: le nostre antenate potrebbero essere state le prime matematiche poich\u00e9 per tenere traccia dei cicli mestruali avrebbero potuto efficacemente utilizzare questo tipo di calendario. La grotta dove \u00e8 stato compiuto il ritrovamento era abitata nel Paleolitico; trattandosi di materiale organico \u00e8 possibile la datazione con il metodo del radiocarbonio che ne conferma l\u2019antichit\u00e0, con un’et\u00e0 compresa tra i 43-44.000 anni. Le 29 tacche dell\u2019osso suggeriscono che “potrebbe essere stato usato come calendario lunare\u201d, ma… l’osso \u00e8 rotto a un\u2019estremit\u00e0, quindi le 29 tacche potrebbero essere o meno il numero totale (Fig. 2). <\/p>\n\n\n\n

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Fig.1<\/strong> \u2013 La Luna (foto di Ottaviano Zetta). Se il Sole \u00e8 l\u2019oggetto pi\u00f9 luminoso di giorno, la Luna \u00e8 quello pi\u00f9 brillante del cielo notturno. Mentre il Sole \u00e8 sempre uguale a stesso (non suggerisce alcun divenire), la Luna \u00e8 un corpo celeste che oltre a sorgere e tramontare, cambia di dimensione, cresce, diviene piena, cala per poi sparire. Per tre notti il cielo resta senza luna, ma questa scomparsa \u00e8 seguita da una rinascita. Cos\u00ec, la Luna pu\u00f2 essere percepita come il corpo celeste dei ritmi vitali e lo scorrere del tempo, e di questa \u201cforse\u201d possiamo trovare traccia nei pi\u00f9 antichi reperti. <\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n
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Fig.2 <\/strong>– L’osso di lebombo, una fibula di un babbuino con 29 tacche scoperta in Sud Africa, risale tra 44.200 e 43.000 anni fa. \u00c8 il pi\u00f9 antico artefatto matematico del mondo, si pensa che sia un calendario lunare e potrebbe anche riguardare le mestruazioni. <\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

L\u2019osso di Blanchard<\/em><\/strong> <\/p>\n\n\n\n

I pezzi d\u2019osso intagliati e incisi dell\u2019arte paleolitica attirarono l\u2019interesse del giornalista paleontologo Alexander Marshack. Fu uno dei primi ricercatori ad analizzare questi reperti e darne un\u2019interpretazione astronomica nel suo celebre libro The Roots of Civilization<\/em>. Marshack aveva notato che vari oggetti del Paleolitico e del Mesolitico, per lo pi\u00f9 piccoli e portatili, recavano serie di punti o linee incise o dipinte e non davano l\u2019idea di essere semplici decorazioni ma potevano sembrano primitive annotazioni. Le sue argomentazioni si basavano non solo sul conteggio dei segni ma anche su \u201cun\u2019analisi microscopica\u201d. Ipotizz\u00f2 che queste tracce fossero correlate al movimento lunare. Il reperto pi\u00f9 noto fu ritrovato ad Abri Blanchard (Dordogna, Francia), da cui prese il nome. L\u2019osso di Blanchard contiene una serie di segni intagliati che seguono un percorso a serpentina. A Marshack sembrava improbabile che qualcuno avesse ideato questo motivo a scopo puramente decorativo. Invece, poteva essere una forma di notazione e, come annotazione, avrebbe potuto rappresentare qualcosa di mutevole come le fasi della luna. Le loro forme ricordavano abbastanza bene le fasi lunari. E le 62 incisioni potevano rappresentare un calendario lunare di due mesi circa. L\u2019interpretazione data attir\u00f2 diverse critiche. Una di queste \u00e8 dovuta all\u2019uso del microscopio per esaminare il manufatto. La sequenza di segni microscopici, o \u201cgraffi invisibili\u201d come ebbe occasione di chiamarli uno dei detrattori, \u00e8 osservabile solo sotto ingrandimento e quindi non potevano essere visti dalle persone che li hanno realizzati. Certamente l\u2019analisi al microscopio \u00e8 un esame consolidato per studiare nel dettaglio la tecnica d\u2019incisione, ma il fatto stesso che debba essere usato, in luogo dell\u2019occhio nudo, anche per apprezzare le differenze dei segni incisi rese l\u2019ipotesi lunare poco plausibile. Marshack trov\u00f2 su vari utensili notazioni riconducibili alle fasi lunari, ma il fatto che non esistesse un singolo esemplare non ferm\u00f2 i suoi detrattori, che giunsero a sostenere che qualsiasi annotazione numerica poteva essere spiegata con un fenomeno astronomico. La critica formulata da chi osteggiava l\u2019ipotesi del calendario lunare \u00e8 riassumibile in una semplice domanda: sono possibili altre interpretazioni? Senza dubbio s\u00ec: potrebbero essere il numero di cervi cacciati o delle pelli possedute, delle persone della trib\u00f9. La teoria delle fasi lunari, sebbene affascinante, sarebbe troppo speculativa per essere vera (Fig. 3). <\/p>\n\n\n\n

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Fig.3<\/strong> \u2013 A) Osso di Blanchard (28.000 a.C.), rinvenuto nel riparo roccioso di Blanchard in Dordogna (Francia). B) Schema delle incisioni che assumono forme che ricordano le fasi lunari. C) Dettagli. L’osso presenta delle incisioni semilunate (la pi\u00f9 grande di mm. 1,7; una delle pi\u00f9 piccole di mm. 0,5) le cui differenti forme richiedono lente d’ingrandimento e\/o microscopio binoculare per essere apprezzate nella loro variet\u00e0. <\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Le Veneri di Laussel<\/em><\/strong> <\/p>\n\n\n\n

Alla fin fine, le incisioni sulle ossa, sebbene frequenti, restano di difficile interpretazione. Se \u00e8 arte, allora \u00e8 quantomeno un\u2019arte matematica. Ma quando si prova a collegarle con l\u2019ambiente la connessione \u00e8 labile e sempre difficile da dimostrare. Siamo sinceri, per convincersi della bont\u00e0 dell\u2019ipotesi lunare, qualcuno vorrebbe un documento scritto, letteralmente impossibile per il paleolitico! Ma se \u00e8 impensabile trovare una traccia scritta, potrebbe esserci un\u2019altra forma di testimonianza grafica. Nel sito archeologico di Abr\u00ec Laussel a Marquay in Dordogna (Francia) nel 1911 Jean-Gaston Lalanne, un medico con la passione per l\u2019archeologia, stava conducendo degli scavi, quando trov\u00f2 una serie di immagini femminili scolpite nella roccia, oggi note come Veneri di Laussel. La prima a essere scoperta \u00e8 la Venere con il corno, un\u2019immagine di Donna che ricorda molto le statue di figure femminili anche loro note come \u201cVeneri\u201d del Paleolitico. Tra le pi\u00f9 famose c\u2019\u00e8 la Venere di Willendorf scolpita durante il Paleolitico superiore europeo, circa 30.000 anni fa e scoperta in Austria nell\u2019omonima cittadina. Si ritiene che sia una figura di fertilit\u00e0, un portafortuna totem, un simbolo della dea madre (Fig. 4). <\/p>\n\n\n\n

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Fig.4<\/strong> \u2013 La Venere di Willendorf (28.000 a.C.) \u00e8 stata trovata in un sito paleolitico vicino Willendorf. A fianco la Venere con il corno di Laussel (23.000 a.C.). Entrambe recano tracce di pittura con ocra rossa. <\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

La parte superiore del busto sottile con seni esagerati, glutei e cosce grandi, un grande stomaco (probabilmente a causa della gravidanza) e gambe corte stranamente piegate, che terminano con piccoli piedi, sono caratteristiche simili ad altre veneri. Statuette femminili, come Venere di Willendorf e Venere di Laussel, recano ancora le tracce di ocra rossa. Rosso, come il sangue del flusso mestruale. Una recente teoria antropologica detta \u201cmetaformica\u201d afferma che la moderna cultura materiale \u00e8 radicata in antichi rituali mestruali, chiamati \u201cmetaformi\u201d. Le metaforme sono rituali, riti, miti, idee o storie creati per contenere conoscenze emergenti relative alle mestruazioni. Anche la Venere di Laussel mostra la stessa forma del corpo con il punto pi\u00f9 largo all\u2019addome e gli organi riproduttivi femminili esagerati, ma, mentre la Venere di Willendorf tiene pudicamente le mani sul seno, la Venere di Laussel mostra con orgoglio un corno, o forse qualcosa di pi\u00f9 evoluto come un calendario luni-solare vista la presenza di tredici segni. Infatti, visto il periodo sinodico lunare, di poco inferiore alla durata del mese (29 giorni, 12 ore, 44 minuti e 2,9 secondi), sono possibili 13 noviluni in un anno. Con l\u2019altra mano, invece, come a indicare la relazione tra i cicli lunari e quelli mestruali, indica la vagina (Fig. 5).<\/p>\n\n\n\n

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Fig.5<\/strong> – La Venere con il corno di Laussel, con un dettaglio del corno che sostiene nella mano destra, dove sono incise 13 tacche. Mentre la mano sinistra indica gli organi riproduttivi femminili. <\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Questa venere non \u00e8 l\u2019unica figura femminile ritrovata nel sito, ma \u00e8 la meglio conservata. Nella stessa localit\u00e0 sono state trovate altre figure femminili: la Venere di Berlino e la \u201dFemme a la Tete Quadrill\u00e9e\u201d. La Venere di Berlino \u00e8 cos\u00ec chiamata perch\u00e9 fu venduta nel 1912 da un operaio infedele al Museum f\u00fcr V\u00f6lkerkunde di Berlino che adesso ne espone il calco, poich\u00e9 probabilmente distrutta durante la Seconda guerra mondiale. Mentre la \u201dFemme a la Tete Quadrill\u00e9e\u201d \u00e8 un bassorilievo di una donna con la testa completamente ricoperta da un copricapo a rete, rappresentazione forse di una rete o di un fazzoletto molto simile a quello indossato dalla Venere di Willendorf. Entrambe tengono in mano un corno o un osso che potrebbe essere un calendario luni-solare e potrebbero essere parte di un\u2019unica opera d\u2019arte. La scena ricostruita dell\u2019Abri Laussel data dall\u2019archeoastronomo Michael Rappenglueck mostra tre donne incinte, ognuna con un corno in mano e potrebbero essere la rappresentazione di tre madri interessate a determinare la data del parto. Cos\u00ec, se le ossa istoriate sono di difficile comprensione, la Venere di Laussel ci sembra poter dirimere la questione, mostrandone anche l\u2019utilizzo. Inoltre, il fatto che la Venere con il corno tenga in mano un calendario luni-solare nel quale sono chiaramente visibili 13 tacche fa supporre che gi\u00e0 intorno al 23.000 a.C. si stessero ponendo le basi per un calendario in cui l\u2019anno solare era composto da 12\/13 mesi lunari (Fig. 6).<\/p>\n\n\n\n

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Fig.6<\/strong> – La ricostruzione fatta da Michael Rappenglueck delle Veneri di Laussel. <\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Conclusioni<\/strong><\/em> <\/p>\n\n\n\n

Le immagini di figure femminili ritrovate ad Abri Laussel confermerebbero l\u2019utilizzo di dispositivi portatili, quali ossa o corni, simili a calendari, segnando un punto a favore per il famoso e criticato scrittore Alexander Marshack. Come si evince dalle 13 tacche presenti sul corno nel paleolitico si stavano mettendo le basi di un calendario solare di 13 \u201cLune\u201d. D\u2019altronde oggi, come allora, la nostra vita \u00e8 scandita da tre cicli astronomici: la rotazione della Terra che determina il giorno, l\u2019alternarsi delle fasi lunari che hanno preso la forma del mese e la rivoluzione del nostro pianeta intorno al Sole che determina l\u2019anno. Inoltre la rappresentazione del trittico di Laussel ci offre una figura femminile irrituale e, probabilmente, pi\u00f9 reale! Le figure di Abr\u00ec Laussel, a differenza delle statuine di veneri paleolitiche, non sono totem o rappresentazioni della Dea Madre bens\u00ec immagini di una donna con un ruolo. L\u2019elemento cardine \u00e8 l\u2019oggetto che tiene in mano e la figura femminile adempie un ruolo, oltre a offrirci un collegamento tra il calendario luni-solare, che \u00e8 il compito di madre mostrato con la mano libera indicante gli organi riproduttivi. Pu\u00f2 essere visto come un\u2018immagine di vita quotidiana nella quale le donne stanno utilizzando uno strumento (il calendario) per prepararsi all\u2019evento della nascita; non \u00e8 un\u2018immagine divina, ma di una persona. La donna con il calendario ci offre l\u2019immagine di una Donna proiettata nel futuro e il riconoscimento del ruolo femminile nel paleolitico inizia a essere accettato anche dalla comunit\u00e0 scientifica, gettando luce sull\u2019altra met\u00e0 del cielo. <\/p>\n\n\n\n

Autore:<\/em> Alberto Cora <\/strong>– INAF<\/em> – Istituto Nazionale di Astrofisica <\/p>\n\n\n\n

Bibliografia:<\/em><\/strong> <\/p>\n\n\n\n

1972<\/strong> – Alexander Marshak – The Roots of Civilization<\/em>; <\/p>\n\n\n\n

1993<\/strong> – Iain Davidson (1993) – ARCHEOLOGY: The Roots of Civilization: The Cognitive Beginnings of Man’s First Art, Symbol and Notation<\/em>. Alexander Marshack. December 1993 American Anthropologist 95(4); <\/p>\n\n\n\n

1999<\/strong> – M. A. Rappengl\u00fcck – Palaeolithic Timekeepers Looking at the Golden Gate of the Ecliptic<\/em>; The Lunar Cycle and the Pleiades in the Cave of La-T\u00eate-du-lion<\/em> (Ard\u00e8che, France) \u2014 21,000 BP – Earth, Moon, and Planets volume 85, pp. 391\u2013404(1999); <\/p>\n\n\n\n

2009<\/strong> – L. Wadley, T. Hodgskiss and M. Grant – Implications for complex cognition from the hafting of tools with compound adhesives in the Middle Stone Age, South Africa<\/em> – Proceedings of the National Academy of Sciences Jun 2009, 106 (24) 9590-9594; <\/p>\n\n\n\n

2012<\/strong> – F. d\u2019Errico, L. Backwell, P. Villa, I. Degano, J.J. Lucejko , M. K. Bamford , T. F. G. Higham, M. P. Colombini and P B. Beaumont – Early evidence of San material culture represented by organic artifacts from Border Cave, South Africa<\/em> – Proceedings of the National Academy of Sciences Aug 2012, 109 (33) 13214-13219.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

Qua e l\u00e0, nelle testimonianze preistoriche, ogni tanto si scorge la presenza femminile. Da un paio di decenni a questa parte i ritrovamenti archeologici vengono interpretati in modo pi\u00f9 articolato ed emerge il ruolo della Donna, ma cosa possono dirci i calendari del paleolitico? Recenti scoperte in Africa meridionale hanno rivelato che l\u2019uomo faceva uso […]<\/p>\n","protected":false},"author":6,"featured_media":0,"comment_status":"open","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"_mi_skip_tracking":false},"categories":[57,8,16],"tags":[311,312,313],"_links":{"self":[{"href":"https:\/\/www.semidiscienza.it\/wp-json\/wp\/v2\/posts\/1246"}],"collection":[{"href":"https:\/\/www.semidiscienza.it\/wp-json\/wp\/v2\/posts"}],"about":[{"href":"https:\/\/www.semidiscienza.it\/wp-json\/wp\/v2\/types\/post"}],"author":[{"embeddable":true,"href":"https:\/\/www.semidiscienza.it\/wp-json\/wp\/v2\/users\/6"}],"replies":[{"embeddable":true,"href":"https:\/\/www.semidiscienza.it\/wp-json\/wp\/v2\/comments?post=1246"}],"version-history":[{"count":5,"href":"https:\/\/www.semidiscienza.it\/wp-json\/wp\/v2\/posts\/1246\/revisions"}],"predecessor-version":[{"id":2043,"href":"https:\/\/www.semidiscienza.it\/wp-json\/wp\/v2\/posts\/1246\/revisions\/2043"}],"wp:attachment":[{"href":"https:\/\/www.semidiscienza.it\/wp-json\/wp\/v2\/media?parent=1246"}],"wp:term":[{"taxonomy":"category","embeddable":true,"href":"https:\/\/www.semidiscienza.it\/wp-json\/wp\/v2\/categories?post=1246"},{"taxonomy":"post_tag","embeddable":true,"href":"https:\/\/www.semidiscienza.it\/wp-json\/wp\/v2\/tags?post=1246"}],"curies":[{"name":"wp","href":"https:\/\/api.w.org\/{rel}","templated":true}]}}