{"id":2235,"date":"2023-02-03T08:57:03","date_gmt":"2023-02-03T08:57:03","guid":{"rendered":"http:\/\/www.semidiscienza.it\/?p=2235"},"modified":"2023-02-06T21:44:00","modified_gmt":"2023-02-06T21:44:00","slug":"il-tecnofideismo-e-il-pianeta-nuovo-una-non-recensione-al-libro-di-oliver-morton-il-pianeta-nuovo","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.semidiscienza.it\/2023\/02\/03\/il-tecnofideismo-e-il-pianeta-nuovo-una-non-recensione-al-libro-di-oliver-morton-il-pianeta-nuovo\/","title":{"rendered":"Il tecnofideismo e il pianeta nuovo. Una non-recensione al libro di Oliver Morton \u00ab\u00a0Il pianeta nuovo\u00a0\u00bb"},"content":{"rendered":"\n

Di Luciano Celi<\/em><\/p>\n\n\n\n

La prima stesura di questo documento era avvenuta dopo la lettura un po\u2019 spazientita e con qualche pregiudizio del libro di Oliver Morton, Il pianeta nuovo<\/em> (il Saggiatore). Avevo deciso per una non-recensione fatta limitandomi alle prime 60 pagine, poi ho pensato che sarei stato ingiusto. La domanda \u00e8: si pu\u00f2 immaginare di recensire un libro dopo averne letto solo meno di un quinto o, per necessaria correttezza, fondamentale scrupolo anche logico \u2013 noto come fallacia induttiva della generalizzazione indebita: \u201cun uomo ha rubato una mela. Quindi tutti gli uomini sono ladri\u201d \u2013 e di rettitudine morale, non lo si deve fare fino alla lettura dell\u2019ultima pagina?<\/p>\n\n\n\n

In prima battuta avevo deciso di rispondere di s\u00ec a questa domanda, ma mi sono dato il tempo di leggere il libro per intero e ho fatto bene \u2013 quasi sempre si fa bene a non dare retta all\u2019impulso del primo momento. Ho fatto bene perch\u00e9 Morton \u00e8 innanzitutto una persona di grande onest\u00e0 intellettuale, con idee diverse da quelle che posso avere io su molti argomenti, ma non gli si pu\u00f2 non riconoscere di porre le questioni nella maniera adeguata, soprattutto per un argomento tanto controverso come quello della geoingegneria. Perch\u00e9 di questo il cospicuo volume \u2013 che pure parte da lontano \u2013 parla. E ne parla avanzando, per primo l\u2019autore stesso, una serie di critiche a questa ipotetica metodologia che consiste, in sostanza, in una serie di tecniche volte a mitigare gli effetti del riscaldamento globale usando stratagemmi quali la velatura stratosferica. Alcune delle critiche che feci in prima battuta restano valide, come l\u2019affermazione, nelle prime pagine (p. 12 per la precisione) in cui l\u2019autore accenna ai \u201cmolti [\u2026] dubbi sulla portata del cambiamento climatico che il pianeta affronter\u00e0 nei decenni e nei secoli a venire\u201d e descrive molto sommariamente i limiti dei modelli climatici che, in quanto tali, sono capaci di rappresentare in una certa misura e con un certo grado di affidabilit\u00e0, spesso dichiarato nella previsione stessa, una situazione climatica futura.<\/p>\n\n\n\n

Qui per esempio Morton sembra ignorare un diagramma, passato forse troppo sotto silenzio, in un vecchio articolo scientifico \u2013 un editoriale per essere precisi \u2013 di Bernard Etkin: A state space view of the ice ages\u2014a new look at familiar data<\/em>, sulla rivista \u201cClimatic Change\u201d (2010) 100:403\u2013406 DOI: 10.1007\/s10584-010-9821-x. Il diagramma di fase \u00e8 di facile comprensione ed \u00e8 riportato qui di seguito.<\/p>\n\n\n\n

\"\"<\/figure>\n\n\n\n

In ascissa la concentrazione atmosferica di CO2<\/sub> in parti per milione e in ordinata le anomalie delle temperature. C\u2019\u00e8, come si vede, una zona evidenziata dall\u2019ellisse in cui le fluttuazioni si sono mosse dentro quell\u2019area specifica che possiamo considerare una zona di equilibrio. A un certo punto per\u00f2 la linea esce dall\u2019ellisse e, all\u2019aumentare della concentrazione atmosferica di CO2<\/sub>, prende una strada tutta sua. Per andare dove? Chi lo sa! Possiamo e vogliamo auspicare verso una nuova zona di equilibrio, ma \u00e8 troppo presto per dirlo visto che in sostanza \u2013 data la scala dei tempi \u2013 ci troviamo in media res<\/em>. Varrebbe quindi da applicare ci\u00f2 che passa sotto il nome di principio di precauzione (\uf0e0 link: https:\/\/it.wikipedia.org\/wiki\/Principio_di_precauzione<\/a>), ovvero: siccome non sappiamo dove si sta andando a parare ed esploriamo un territorio ignoto, sarebbe il caso di ripensare l\u2019approccio al pianeta di cui siamo ospiti e non porre le premesse per l\u2019uso della geoingegneria. Il rischio concreto \u00e8 che la toppa sia peggio del buco, con l\u2019aggravante che\u2026 non ce lo possiamo permettere, visto che la posta in gioco \u00e8 di fatto la sopravvivenza dei Sapiens sul pianeta. Morton discute anche di questo nella parte finale del libro, mettendo in chiaro i possibili benefici, ma anche i molti rischi che vanno dall\u2019azzardo morale (la cui spiegazione \u00e8 semplice: ipotizzando di riuscire a creare un velo efficace e, pi\u00f9 in generale, ci sono i sistemi per tenere sotto controllo il termostato della terra, allora possiamo continuare a bruciare le fossili come vogliamo) alle conseguenze impreviste che tirano in ballo il principio di precauzione di cui sopra.<\/p>\n\n\n\n

Un secondo esempio \u00e8 dato poco dopo (p. 28) dove si incorre in una sorta di fallacia, abbastanza nota, del \u201ctutto o niente\u201d, ovvero: poich\u00e9 l\u2019urgenza climatica \u00e8 tale da indurre un\u2019azione molto estesa sin da subito, i contributi delle singole nazioni, anche di quelle pi\u00f9 virtuose \u2013 vengono citate espressamente Germania e, all\u2019interno degli Stati Uniti, la California \u2013 \u00e8 insufficiente, \u00e8 troppo poco. Vero, ma anche questo sembra un ragionamento privo di una sua logica \u2013 o meglio: dotato di una logica utile a sostenere la tesi geoingegneristica per la quale la scala su cui agire, lasciando il resto del mondo cos\u00ec com\u2019\u00e8, vale a dire con la combustione dei combustibili fossili, ecc., \u00e8 e deve essere mondiale. Esistono infatti delle sane gradazioni tra lo 0% e il 100% e sane lo sono perch\u00e9 mostrano che lo sforzo al virtuosismo e alla sostenibilit\u00e0 pu\u00f2 e deve essere affrontato con metodi tradizionali e, aggiungiamo, con quello che dovrebbe essere un cambio di paradigma. Un paradigma che parla di diminuzione consapevole dei consumi, di standard di vita, buoni ma non eccessivi, ecc. Intanto partiamo con quel che si ha, diamo spazio ai virtuosi e facciamo in modo che il resto delle nazioni segua!<\/p>\n\n\n\n

Il libro per\u00f2 \u00e8 interessante e, sotto molti aspetti, stimolante, come quando si traccia il parallelo tra le paure di una minaccia nucleare globale e il cambiamento climatico: i modelli \u2013 e all\u2019inizio anche i calcolatori impiegati! \u2013 racconta Morton, erano in sostanza gli stessi. Le macchine che calcolavano le reazioni nucleari erano quelle che cercavano di predire cosa avrebbe comportato lo sconsiderato aumento di CO2<\/sub> in atmosfera.<\/p>\n\n\n\n

Insomma, per concludere: la strada su cui stiamo secondo l\u2019autore sembra essere l\u2019unica percorribile e non si immagina una vera libert\u00e0 di scelta per l\u2019umanit\u00e0. Una scelta che dovrebbe essere anche socialmente pi\u00f9 sostenibile, ma che di fatto non viene mai realmente presa in considerazione, affidando solo ed esclusivamente la tecnologia il salvifico compito della vita umana sul pianeta, nonostante tutto e nonostante i rischi che l\u2019autore stesso paventa. In tutto il libro l\u2019autore sembra non chiedersi mai: se il frutto dell\u2019ingiustizia energetico-climatica nella quale viviamo \u00e8 proprio stato il paradigma nel quale siamo vissuti finora, non sarebbe il caso di un ripensamento generale? No, la domanda non lo sfiora mai. Anzi, la soluzione \u2013 o meglio: la Soluzione \u2013 \u00e8, ancora una volta, la tecnologia, a costo di far danni ancora peggiori, come uno degli scenari descritti alla fine, secondo cui \u00e8 possibile che, non conoscendo esattamente le retroazioni della complessa macchina climatica, si esasperino \u2013 pi\u00f9 o meno volontariamente \u2013 le ingiustizie climatiche che gi\u00e0 esistono.<\/p>\n\n\n\n

Tutto questo mi porta alla mente un esempio che tutti abbiamo oggi sotto gli occhi: le auto di nuova generazione sono tutte (o quasi) dotate di ogni sorta di gadget tecnologico, primo tra i quali quello della \u201csicurezza anticollisione\u201d creato, credo, per tutti coloro che dovendo stare in auto a giornate sane, nell\u2019abitacolo fanno di tutto tranne che guidare. Tanto c\u2019\u00e8 l\u2019anticollisione che ci pensa, e io posso continuare a tenere gli occhi fissi sul mio telefono cellulare o sul touchscreen dell\u2019auto. Questo il messaggio. Un messaggio che trovo pericolosamente deresponsabilizzante: abdicare al nostro ruolo consapevole e cosciente di conservazione di habitat necessari a una nostra buona vita, come animali (evoluti?) tra gli animali.<\/p>\n\n\n\n

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