{"id":710,"date":"2019-10-29T15:56:09","date_gmt":"2019-10-29T15:56:09","guid":{"rendered":"http:\/\/www.semidiscienza.it\/?p=710"},"modified":"2019-10-29T15:56:09","modified_gmt":"2019-10-29T15:56:09","slug":"cambiamento-climatico-e-migrazioni-forzate","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.semidiscienza.it\/2019\/10\/29\/cambiamento-climatico-e-migrazioni-forzate\/","title":{"rendered":"Cambiamento climatico e migrazioni forzate"},"content":{"rendered":"\n

Nel 2000, il\nchimico olandese premio Nobel Paul Crutzen coni\u00f2 il termine Antropocene per definire\nl\u2019epoca geologica che va dalla Rivoluzione Industriale ai giorni nostri in cui\nl\u2019ambiente terrestre \u00e8 fortemente condizionato dagli effetti dell\u2019azione umana.\nIn particolare, i processi di combustione innescati dall\u2019attivit\u00e0 umana\nemettono tali quantit\u00e0 di gas serra da alterare la composizione dell\u2019atmosfera.\nIl Rapporto\nSpeciale 1.5\u00b0C<\/a> dell\u2019Intergovernmental\nPanel on Climate Change<\/em> <\/em>(IPCC), l\u2019organismo\ninternazionale guida per lo studio del cambiamento climatico, rivela che le\nemissioni di gas serra osservate dal 1750 hanno gi\u00e0 causato l\u2019aumento di 1\u00b0C\ndella temperatura globale. Se le emissioni continueranno ai livelli attuali,\ntra il 2030 e il 2052 assisteremo ad un aumento della temperatura di 1,5 \u00b0C rispetto\nall\u2019et\u00e0 pre-industriale. <\/p>\n\n\n\n

Secondo gli\nscienziati, l\u2019innalzamento della temperatura media globale avr\u00e0 conseguenze\nenormi sulla Terra. Ampie fasce di territorio diventeranno pi\u00f9 aride, e aumenteranno\ndrasticamente le siccit\u00e0 estreme. Si stima che le aree colpite da siccit\u00e0\nestrema aumenteranno dall\u20191 al 30% entro la fine del secolo. La frequenza e l\u2019intensit\u00e0\ndelle piogge cambieranno, con alcune aree – quelle monsoniche – che saranno pi\u00f9\ninteressate di oggi, ed altre – quelle alle medie latitudini – che lo saranno\nmeno. Lo scioglimento dei ghiacciai porter\u00e0 ad un innalzamento del livello\ndelle acque del pianeta, stimato tra gli 8 e i 13 centimetri entro il 2030, tra\ni 17 e i 20 centimetri entro il 2050, e tra i 35 e gli 82 entro il 2100, a\nseconda dei modelli matematici usati per le previsioni. Questo avr\u00e0 conseguenze\npotenzialmente enormi per le persone che vivono vicino ai delta dei fiumi e in\ngenerale nelle zone costiere, soprattutto sulle isole pi\u00f9 piccole.\nL\u2019innalzamento del livello dei mari comporter\u00e0 anche una sempre maggiore\nsalinizzazione del suolo, un fenomeno che avr\u00e0 gravi conseguenze\nsull\u2019agricoltura e che secondo le previsioni causer\u00e0 alluvioni pi\u00f9 devastanti.<\/p>\n\n\n\n

Si stima che i paesi pi\u00f9 colpiti dagli effetti del\ncambiamento climatico saranno quelli in via di sviluppo, paradossalmente quelli\nche contribuiscono meno alle emissioni pro capite di gas serra. Il sud e l\u2019est\ndell\u2019Asia, in particolare, sono alcune delle zone pi\u00f9 a rischio, principalmente\nper l\u2019innalzamento dei mari, visto che sei delle dieci principali metropoli asiatiche\nsono costruite sul mare (Giacarta, Shanghai, Tokyo, Manila, Bangkok e Mumbai). Ma\nle migrazioni climatiche interesseranno ugualmente l\u2019Africa, specialmente nel\ndelta del Nilo, sulla costa occidentale e nella fascia subsahariana.<\/p>\n\n\n\n

Il tema dei mutamenti\nclimatici \u00e8 quindi cruciale, poich\u00e9 rischia di provocare cambiamenti sociali\nsenza precedenti. Se un domani, infatti, larghe fasce dall\u2019Africa sub-sahariana\ndiventassero troppo aride a causa della rapida espansione della fascia\nequatoriale, o se la Groenlandia si sciogliesse completamente, causando un\ninnalzamento stimato di 7 metri del livello dei mari e intere isole e territori\nabitati venissero sommersi, come potremmo gestire la migrazione di intere\npopolazioni? <\/p>\n\n\n\n

Cambiamento climatico e migrazioni forzate<\/em><\/p>\n\n\n\n

Lo United Nation High Commissioner\nfor Refugee<\/em> (UNHCR) stima<\/a> che dal 2009 ad oggi una persona al secondo ha perso la\npropria casa a causa di un disastro naturale o climatico, per un totale di 22.5\nmilioni di individui. Norman Myers, noto ambientalista britannico, ha calcolato\nche entro il 2050 i rifugiati climatici potrebbero essere 200 milioni, un\nnumero che supererebbe addirittura i 192 milioni di persone attualmente\nsfollate sul Pianeta (qui<\/a>). La Banca Mondiale ha fornito una stima al ribasso, ma non\nmeno preoccupante: 143 milioni di migranti climatici entro il 2050 (qui<\/a>). <\/p>\n\n\n\n

L\u2019Organizzazione Internazionale per le\nMigrazioni (OIM), tuttavia, mette in guardia dal fare previsioni precise del\nnumero di persone che saranno costrette a lasciare il proprio paese di origine\ndirettamente a causa degli effetti del cambiamento climatico (qui<\/a>). Le migrazioni, infatti, sono un processo complesso, il\ncui esito \u00e8 determinato da una serie di fattori demografici, economici, sociali\ne politici interconnessi tra loro. Inoltre, come ricordato da \u00c9tienne Piguet (qui<\/a>), professore all\u2019Universit\u00e0 di Neuch\u00e2tel ed esperto di\nmigrazioni climatiche, le migrazioni ambientali avvengono principalmente\nall\u2019interno degli Stati e su piccole distanze. In caso di ciclone o di uragano,\nad esempio, le persone tenderanno a scappare nel luogo sicuro pi\u00f9 vicino, per\npoi tornare a ricostruire il proprio villaggio o citt\u00e0. Solo chi ha i mezzi\neconomici e culturali necessari ad affrontare una migrazione transazionale\nabbandoner\u00e0 il proprio paese. <\/p>\n\n\n\n

Il numero di persone che lascer\u00e0 il proprio luogo di\norigine per circostanze ambientali sar\u00e0 quindi determinato da una ampia serie\ndi fattori aggiuntivi, prima fra tutte la risposta dei governi locali all\u2019emergenza,\nma anche la facilit\u00e0, dal punto di vista legale, con cui sar\u00e0 possibile\nspostarsi per questo genere di fenomeni. <\/p>\n\n\n\n

I rifugiati\nclimatici: mito o realt\u00e0?<\/em><\/p>\n\n\n\n

Ad oggi non esiste uno strumento normativo che garantisca la protezione dei\nmigranti transazionali forzati da cause climatico-ambientali \u2013 detti\nimpropriamente rifugiati climatici o migranti ambientali. La convenzione di\nGinevra sullo statuto dei rifugiati del 1951, infatti, restringe la condizione di rifugiato a chi \u00e8 minacciato\nnel proprio paese da persecuzioni legate all\u2019etnia, alla religione, alle\nopinioni politiche, alla nazionalit\u00e0, ma non contemplano questioni ambientali.\nAi cosiddetti rifugiati climatici, quindi, non \u00e8 garantito il diritto di\nentrare e risiedere in un Paese diverso da quello di origine. Ne \u00e8 esempio il\ncaso di Ioane Teitiota, cittadino originario di Kiribati, un piccolo\nstato-arcipelago nel Pacifico, espulso dalla Nuova Zelanda dopo aver richiesto\nasilo perch\u00e9 l’innalzamento del livello dei mari provocato dai cambiamenti\nclimatici aveva messo a rischio la sua vita e quella della sua famiglia. <\/p>\n\n\n\n

La comunit\u00e0 internazionale \u00e8 al lavoro per colmare questo vuoto normativo.\nLa Platform on Disaster Displacement<\/a>, un forum multi-stakeholders\nvolto a implementare le raccomandazioni della Nansen Initiative Protection Agenda<\/a>, approvata\nda 190 delegazioni governative nell\u2019Ottobre 2015, mira a implementare standards\ne pratiche comuni per prevenire e gestire le migrazioni transnazionali legate\nagli effetti del cambiamento climatico. Gli Accordi sul clima di Parigi del\n2015, invece, hanno chiesto esplicitamente che un comitato speciale istituito alla\nConferenza sul Clima di Varsavia del 2013 si occupi di preparare delle linee\nguida per definire giuridicamente i migranti ambientali. Il Global\nCompact for Safe, Orderly and Regular Migration,<\/a> il\ndocumento approvato nel dicembre del 2018 dall\u2019Assemblea dell\u2019ONU con il voto\ncontrario, tra gli altri, degli Stati Uniti, chiede esplicitamente che i\ngoverni facciano dei piani per prevenire le migrazioni climatiche e per aiutare\nle persone che saranno costrette a spostarsi per questi motivi. <\/p>\n\n\n\n

I rifugiati climatici mettono in crisi la distinzione normativa tra migranti forzati e migranti volontari su cui si basa il sistema di protezione internazionale ed europeo. Se le previsioni dell\u2019IPCC sugli effetti del cambiamento climatico si riveleranno corrette, un numero consistente di persone potrebbe trovarsi non ammesso ad alcuna comunit\u00e0 politica, e quindi senza diritti, invisibile e perseguibile. <\/p>\n\n\n\n

Stella Gianfreda, PhD in Scienze Politiche, Studi Europei e Relazioni Internazionali. Scuola Superiore Sant’Anna.<\/em><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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